2011_02_12 Pogorelich al Fraschini di Pavia

Sabato 12 febbraio 2011_02_12 ore 21
Stagione musicale del Teatro Fraschini di Pavia
Concerto sinfonico
Musiche di F. Chopin e J. Brahms

Al Pianoforte Ivo Pogorelich
Filarmonica Arturo Toscanini, diretta da Christian Arming
FRÉDÉRIC CHOPIN
Concerto n. 2 in fa minore per pianoforte e orchestra op. 21
JOHANNES BRAHMS.
Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98
 

Ivo Pogorelich, pianoforte

 

Note a cura di Mariateresa Dellaborra
 
Il secondo concerto op. 21 di Frédéric Chopin prende le distanze dalla forma classica consolidata da Mozart e perfezionata da Beethoven. Quest'opera, eseguita per la prima volta a Varsavia nel 1830 e ancora utilizzata da Chopin per il debutto parigino nell'anno seguente, rende infatti omaggio alla giovane generazione dei Romantici che avevano fatto del concerto un'arte programmatica di sfoggio virtuosistico. La struttura originaria del dialogo tra solo e tutti vi viene superata: ora il solista domina e l'orchestra è retrocessa al ruolo secondario di accompagnamento. Il primo movimento – Maestoso - ha solo apparentemente la struttura del concerto classico, ma in realtà è permeato da una nuova qualità sonora e dalla natura episodica dei temi caratterizzati da raffinati arabeschi. Il Larghetto - il tempo più apprezzato e imitato - è fortemente influenzato dai modelli vocali dell'opera italiana, qui piegati superbamente alla natura del pianoforte. Efficacissima vi è la parte centrale - un recitativo del solista all'unisono tra le due mani - di carattere altamente drammatico e passionale molto apprezzato da Schumann che lo descrisse in tale modo entusiastico: «Che cosa sono dieci pezzi grossi di redazione per un Adagio del secondo concerto? […] questo secondo concerto a cui […] non potremmo accostarci per baciarne il lembo anche soltanto con la punta delle labbra.» Il finale è un Rondò Allegro vivace dal ritmo di Mazurka con un'armonia ricca di colori, multiforme nel gioco di figurazioni, ampia negli sviluppi. 
Verso la fine di settembre 1885, Brahms fece visita al biografo Kalbeck per parlargli della sua ultima fatica creativa: la quarta sinfonia op. 98. La descrisse come «un nuovo brano semplice, costruito solo da una serie di polche e di valzer». Qualche giorno dopo organizzò un'audizione privata a due pianoforti e convocò gli amici di sempre tra cui il critico musicale Hanslick e il direttore d'orchestra Hans Richter. L'esecuzione del primo movimento raggelò gli astanti e solo Hanslick ebbe il coraggio di dire che durante l'ascolto ebbe impressione di «esser stato bastonato da due persone spaventosamente spirituali». Uguale silenzio accolse anche gli altri tempi, lasciando costernato e scoraggiato Brahms. Qualche giorno dopo tuttavia ricevette l'invito a preparare una prima esecuzione pubblica e il 25 ottobre debuttò a Melningen. L'opera ottenne il trionfo fin dal primo movimento e, dopo il terzo, il pubblico richiese addirittura il bis.
Il carattere nordico di questa ultima sinfonia si precisa sin dall'esordio dell'Allegro ma non troppo col tema dolente e quasi ansimante, basato sul ritmo di ciaccona in cui le ampie dilatazioni intervallari conferiscono al discorso una tensione sempre più grave e appassionata. Fortemente contrastante è il secondo tema di fanfara degli strumenti a fiato che si evolve nello sviluppo secondo una costruzione rigorosa, di grande maestria contrappuntistica e di forte intensità espressiva che nella coda attinge livelli di grande potenza. Nell'Andante moderato un nobile e arcaico tema è esposto dal corno e quindi modulato dall'intervento delicato dei clarinetti sugli archi pizzicati. Il clima leggendario di ballata, così creatosi si alterna a un secondo tema più lirico e solenne, quasi beethoveniano, esposto dagli archi. L'Allegro giocoso successivo esprime inizialmente una gioia fin chiassosa e una baldanza quasi turbolenta, ma subito l'atmosfera si placa grazie ad un motivo più grazioso. Gravi accordi di fiati annunciano la Ciaccona finale (Allegro energico e appassionato) costruita su un tema assai simile a quello impiegato da Bach nella Cantata n. 150. Su di esso Brahms crea una serie di variazioni sfruttando ogni possibilità ritmica, melodica e armonica, toccando tutti i registri (lirico, mesto, trionfale e doloroso) e suggellando, come qualcuno ha rilevato, la fine dell'era romantica. 
 

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