Il M°
Giovanni Gorelli, che da alcuni anni vive stabilmente a Parigi, ha intrapreso recentemente un nuovo percorso di esecuzione musicale "rubando" il mestiere agli amici organisti, che ne sono sempre stati i maggiori detentori, e ancora oggi si dedicano con molta passione, riportando sulla tastiera del pianoforte "l'arte dell'improvvisare" che fu parte essenziale della storia di grandi pianisti del passato, ma che oggi vede solo alcuni nomi molto gettonati ma che si contano sulle dita di una mano.
Qual è stato il tuo percorso di studi e com'è iniziata la tua carriera?
Ho avuto un percorso assai articolato, avendo praticato differenti stili e strumenti musicali.
Cominciai a suonare il pianoforte a otto anni con un approccio allo stesso tempo tradizionale che innovativo. Studiavo il solfeggio ma l’insegnante mi proponeva anche di imparare subito dei pezzi suonando a memoria attraverso qualche sua dimostrazione e consiglio. Era in grado di insegnare anche alle persone non vedenti, quindi prediligeva un rapporto diretto, spontaneo basato sulla memoria tattile e udiva. Potei imparare cosi anche alcuni pezzi assai importanti di Bach.
Dopo qualche anno volli imparare la chitarra, poiché avevo ormai una certa abilità musicale ed ero attirato dalla musica blues e rock. Fu quello il periodo in cui appresi le basi dell’improvvisazione che ripresi poi dopo qualche anno sul pianoforte stesso quando decisi di dedicarmi in modo approfondito allo studio di questo strumento.
Ho cosi perseguito un percorso da musicista classico studiando nei conservatori italiani e poi francesi, pur mantenendo un’apertura ai differenti stili musicali e in modo particolare alla pratica dell’improvvisazione che coltivai a lungo su più strumenti.
La mia formazione più importante fu comunque quella della musica classica. Studiai all’Ecole Normale de Musique Alfred Cortot, al Conservatoire Rachmaninoff, dopo aver già ottenuto dei diplomi nei Conservatori Italiani. Mi sono infine perfezionato sotto la guida del Maestro Piernarciso Masi all’Accademia Musicale di Firenze.
La mia carriera musicale comincia direi durante l’adolescenza, quando partecipavo con un gruppo ad alcuni rock contest e le nostre canzoni andavano in onda presso alcune Radio assieme a dell’interviste. Ma in modo particolare decolla quando ottengo due contratti come Insegnante di Pianoforte a Parigi per delle Scuole private di Musica, posti a tempo indeterminato che mantengo ancora oggi. Dopo circa quattro anni consacrati all’insegnamento a tempo pieno, decisi di dedicarmi all’attività concertistica e cominciai cosi a suonare a Parigi, Nizza, Picardie, Roma, Puglia per circa due anni.
L’incontro con un giornalista de Le Monde (Olivier Zilbertin), specializzato sullo sviluppo dei media tramite Internet, mi permette ora di cambiare ottica e ho deciso di dedicarmi in modo più assiduo alla diffusione delle mia attività artistica attraverso tutti i vari social network.
Ricordi l'emozione della tua prima volta davanti ad un pubblico?
Si, é un ricordo sicuramente ancora molto vivo e penso che sia stato un momento cruciale del mio percorso esistenziale e artistico. Ero molto piccolo, circa 10 anni, ed era un teatro piuttosto grande con un gran numero di persone. L’emozione fu quindi molto forte, provai qualcosa di speciale, una realtà fino a quel momento sconosciuta. L’attenzione di molti adulti nei confronti di quello che un bambino poteva fare mi risultò sbalorditiva. C’era qualcosa di autentico, un sentire comune elettrizzante e febbrile. Per certi aspetti fu un’esperienza anche dura, che mi mise alla prova. Ma con il senno di poi ritengo che sia stata una delle cose più importanti che abbia vissuto quando ero ancora un bambino.
Per quanto tempo sei riuscito a lavorare in Italia prima di decidere di affrontare una carriera all'estero?
In Italia ho ottenuto la Laurea in Psicologia e mi sono formato come musicista. Ho insegnato musica privatamente, in modo particolare la chitarra e il contrabbasso. Mi sono poi perfezionato come Pianista in Francia, dove come ho detto precedentemente ho cominciato ad avere dei posti fissi come insegnante di pianoforte.
Quindi a parte alcune cose sporadiche non ho avuto un periodo lavorativo in Italia, prima di partire per la Francia. Ho potuto, per contro, lavorarci in seguito dandoci alcuni concerti e collaborando con persone di grande qualità.
Quali sono, secondo te, le difficoltà maggiori che riscontri in questa professione artistica?
Penso che una delle principali difficoltà é quella di dover far fronte ad un mondo lavorativo assai disorganizzato. Tra l’Ottocento e il secolo scorso molte attività culturali sono state prese seriamente in considerazione. Inserite nei programmi scolastici e nelle Università. La Politica ha dato molta importanza alla ricerca scientifica perché utile allo sviluppo industriale e alla potenza militare. La Musica, nonostante sia una delle forme più elevate del pensiero e del sentimento occidentale, purtroppo non é mai stata considerata veramente come una priorità e soffre oggi di una mancanza di investimenti e di adeguati sostegni al suo sviluppo.
Ho avuto la fortuna di poter crescere professionalmente in questi anni, sormontando tutte queste difficoltà, grazie a varie opportunità che ho saputo cogliere poiché la passione e la gioia che questa attività mi ha sempre procurato non sono mai venute meno.
Sono stato anche molto fortunato di poter sviluppare la mia carriera in una città particolarmente attiva dal punto di vista culturale come Parigi.
Per contro, cosa ami di questo lavoro?
Amo molto la Musica, ovviamente, ma anche l’Arte in generale. Praticare il pianoforte costantemente mi arricchisce ogni giorno. Scoprire i diversi linguaggi musicali e i differenti stati d’animo che i vari compositori hanno voluto esprimere é un’esperienza unica ed un grande privilegio.
Provo anche una grande gioia nel dare emozioni alle altre persone, in modo particolare dal vivo. Credo che la Musica abbia un forte potere spirituale e ci permetta di elevarci, umanamente parlando, ogni volta che ne usufruiamo. Direi quindi che amo particolarmente suonare perché questo mi permette costantemente di divenire come persona: soffrendo e provando piacere, emozionandomi ed emozionando. Il nostro complesso mondo interiore trova spazio nelle infinite armonie che troviamo negli intervalli musicali, nei ritmi e nelle variabili intensità sonore.
Quanto tempo passi davanti alla tastiera?
É difficile per me rispondere a questa domanda, perché il tempo che dedico allo strumento varia molto a seconda dei periodi. Ci sono stati dei mesi in cui passavo anche dieci ore al giorno. Altri in cui invece avevo particolarmente bisogno di rigenerarmi e vivere altre cose.
Direi comunque che mi succede spesso di suonare tra le 5 e le 7 ore al giorno e molto spesso prediligo le ore notturne.
Qual è una tua giornata tipo, fuori dallo studio?
In linea generale le mie giornate sono molto diverse. Al di la dello studio adoro coltivare le varie forme d’arte. Il cinema e il teatro sono due grandi passioni e qua a Parigi ho avuto l’occasione di poter vedere moltissimi film e conoscere tanti pezzi teatrali. Mi piace anche dedicare parte della giornata alla vita amorosa e alle relazioni umane in generale, che ritengo essere il fulcro della vita e dell’arte. Mi piace fare delle passeggiate in Parigi, viaggiare e quando posso praticare lo sport, specialmente la piscina.
Penso che per la vita in generale ma in modo particolare per professioni che necessitano performances di alto livello lo sport sia molto utile. Non é facile conciliare tante attività ma, appunto, il saper vivere si manifesta anche attraverso le nostre scelte.
Quale è il tuo repertorio classico?
Ho un repertorio vario,che va dai clavicembalisti fino a Rachmaninoff, Debussy, Ravel. I miei autori preferiti sono probabilmente F. Chopin e L. van Beethoven. Cerco di non soffermarmi troppo su un stile o un autore, benché a volte sia utile e necessario. Trovo interessante lavorare a volte lo stesso repertorio a distanza di anni, notando come il progresso ha permesso di capire più elementi musicali e la tecnica sempre più raffinata aumenta la possibilità di ascoltare di più il suono durante l’esecuzione e prendere di conseguenza anche più piacere. Non si finisce mai di conoscere meglio la musica e di lasciarla fluire nel nostro corpo attraverso le nostre pulsioni e le nostre emozioni. Inoltre trovo che studiare uno stile o un autore permette di comprendere meglio anche gli altri stili e compositori. La polifonia cosi ricca di Bach può essere vista anche in Chopin, cosi come vi é un aspetto romantico anche in molti pezzi barocchi, specie quelli più lenti. Attraverso lo studio mi sono reso conto che esiste anche una dimensione atemporale e astorica della musica. Senza dubbio esistono degli stili che si sono creati in certi periodi e in certe zone geografiche, ma la musica ha un aspetto misterioso e sorprendente, legato all’individuo e a tanti altri fattori che fanno di ogni pezzo e di ogni compositore qualcosa di unico e irripetibile.
Ci puoi dire invece come è nata e cosa ci riserva in futuro la tua nuova passione per l'improvvisazione jazz?
L’improvvisazione é nata nel periodo in cui suonavo la chitarra elettrica. Ho cominciato intorno ai 14 anni e avevo sviluppato una tecnica apprezzata da molti amici intorno ai 16/19 anni quando davo dei concerti con alcuni gruppi rock. Il blues é stata la base di quel periodo, ma imparai a memoria molti assoli per chitarra di varie canzoni da quelle dei Pink Floyd fino a quelle degli U2. Ho poi applicato quello che avevo imparato sulla chitarra al pianoforte che avevo già cominciato a suonare appunto da bambino.
Con il tempo ho poi sviluppato uno stile personale, unendo sempre di più le più varie conoscenze musicali che ho avuto la fortuna di conoscere. Penso quindi di continuare a sviluppare l’improvvisazione che per certi aspetti ho scoperto essere una moderna forma del ‘ricercare’, specie dal momento in cui non ci si sofferma troppo su questioni di stile ma si continua a scoprire le infinite suggestioni armoniche che lo strumento procura.
Voglio continuare a conciliare lo studio degli spartiti con l’arte dell’improvvisazione che era tra l’altro fino agli anni ’40 prassi normali di qualsiasi pianista che volesse raggiungere una profonda conoscenza della musica. Comporre, improvvisare e interpretare dovrebbero essere secondo me parte di un unico percorso musicale.
Hai mai avuto momenti di sconforto che ti abbiano fatto pensare di cambiare lavoro?
Ci sono stati alcuni momenti difficili, ma devo dire che non ho mai pensato di cambiare mestiere da quando la passione per la musica mi ha portato a fare delle scelte decisive.
Anzi sono sempre stato molto fiero e felice di aver perseguito i miei obiettivi e spero che questa mia forte volontà possa continuare il più a lungo possibile. Sono sicuro che la parte migliore arriverà nei prossimi anni e sono sicuro che potrò mostrarla al meglio delle mie possibilità.
Dove e in che cosa potremmo venire prossimamente ad ascoltarti?
Il mio progetto prossimo é quello di fare delle nuove registrazioni video, interpretando F. Chopin e L. van Beethoven e improvvisando alcuni pezzi in vari stili. Li condividerò poi su tutti i social network.
Un concerto in Emilia Romagna é poi previsto, ma la data verrà definita nelle prossime settimane.
Direi quindi di tenere d'occhio i mezzi potentissimi del WEB, che abbiamo oggi, perché in ogni momento delle occasioni si possono presentare ad una velocità che a volte non possiamo neanche immaginare.