2011_03_25 Abbiategrasso all'Annunciata Quinto Concerto

Comune di Abbiategrasso
Assessorato alla Cultura
Accademia musicale Annunciata
Stagione 2010/2011
Quinto concerto
Programma

Giuseppe Maria Cambini
Quintetto n. 2 per flauto, oboe,clarinetto, corno e fagotto in re minore
I Allegro espressivo
II Larghetto sostenuto ma con moto
III Presto ma non tanto

Wolfgang Amadeus Mozart

Idomeneo Re di Creta - Harmoniemusik
Riduzione e trascrizione per ottetto di Johann Nepomuk Wendt
I Ouverture
II Aria Padre,Germani, addio
III Aria Non ho colpa
IV Aria Se il padre perdei
V Marcia


Ludwig van Beethoven
Ottetto per fiati in mi bemolle maggiore op.103
I Allegro
II Andante
III Menuetto (Allegro) e Trio
IV Finale (Presto)





flauto Sergio Bonetti, flauto
oboe I Elisabetta Ruffo
oboe II Emanuel Vitaliano
clarinetto I Alba Circosta Garcia
clarinetto II Alice Fontana
fagotto I Lorenzo Contaldo
fagotto II Afredo Altomare
corno I Federico Mauri
corno II Stefano Bertoni
contrabbasso Luca Lombardi

Questa sera il concerto vede tre autori legati tra loro da un fi lo rosso. Giuseppe Maria Gioachino Cambini, livornese, era nato dieci anni prima di Mozart (quindi era del 1746) e muore nello stesso anno di Salieri (il 1825): artista con un carattere “fumino”, come si direbbe in Toscana, Cambini era uno straordinario violinista e violista. Insieme a Filippo Manfredi (lucchese, violinista e suo maestro), Pietro Nardini (livornese e violinista) e Luigi Boccherini (lucchese e violoncellista), Cambini costituì quello che, con ogni probabilità, era la prima formazione quartettistica italiana. Con loro Cambini girò le corti europee, fermandosi stabilmente a Parigi dopo che nella capitale il genere musicale del quartetto per archi fosse divenuto di moda. Lasciando perdere le leggende che lui stesso fece circolare presso i salotti francesi (ossia un suo presunto rapimento – insieme alla fi danzata – ad opera dei pirati durante una fuga in nave dal porto di Napoli per fuggire ai creditori dopo l’insuccesso musicale di un suo lavoro operistico), Cambini dominò per decenni la scena musicale parigina e (forse volutamente) ignorò la visita che Wolfgang Amadé Mozart fece nella capitale durante il suo “drammatico” viaggio per l’Europa del 1777-1778. In verità fu Mozart a mettere in giro il “rumor” che Cambini fosse talmente invidioso delle sue composizioni da cancellarne sistematicamente le esecuzioni a Parigi. Ovviamente la cosa non era vera, ma forse era avvallata dal carattere davvero non facile del Toscano. E Mozart tornò dalla Francia con nessun incarico da parte dei nobili francesi. Lo smacco che Mozart incassò fu duro, ma nel 1781 fi nalmente potè avere la sua riscossa, con l’esecuzione, a Monaco di Baviera, del suo più grande capolavoro operistico “serio”: Idomeneo, Re di Creta. Per quella corte raffi nata (e con l’orchestra migliore d’Europa) mise in scena uno dei lavori più belli fi no ad allora mai visti, ricco di situazioni eroiche, amorose, e con cori di straordinaria espressività. A Vienna – dove poi decise di abitare come “libero professionista” – Mozart non riuscì mai ad ottenere nessuna nomina uffi ciale, nonostante le commissioni operistiche che Giuseppe II (con l’avvallo di Antonio Salieri, e non il contrario come ancora certa musicologia si ostina ad affermare) volle affi dargli per i teatri imperiali. A Vienna Mozart dovette quindi vivere con i suoi concerti, con la pubblicazione dei suoi lavori, con le saltuarie commissioni musicali e, soprattutto, con le lezioni private di pianoforte. Tra il gennaio e l’aprile del 1787, in casa sua, prese alloggio quello che doveva essere un nuovo e promettente allievo, un certo Ludwig van Beethoven, da Bonn. Molte leggende sono nate da questo incredibile incontro tra i due giganti, quasi tutte alimentate di primi biografi mozartiani. Che il rapporto allievo-maestro tra i due non fosse andato a buon fi ne era probabilmente dovuto al fatto che Mozart, in quel periodo, era troppo preso dai suoi enormi problemi fi naziari e stava seriamente cercando una sistemazione presso qualche corte europea. Ma è altrettanto evidente tra i due non scoccò quella scintilla che molti speravano potesse farene un formidabile binomio musicale. Infi ne, in quel periodo, le condizioni di salute della madre di Beethoven volsero al peggio e il ragazzo dovette urgente tornare a casa per accudirla nei suoi ultimi giorni di vita. Beethoven ritornerà a Vienna solo nel novembre del 1792, per rimanervi fi no alla morte. È per questa città e per i suoi ricchi mecenati viennesi che egli scrisse, nel 1793 e nel più affascinante stile haydniano, l’Ottetto per fi ati. Dopo qualche esecuzione presso alcuni salotti della nobiltà asburgica, questo lavoro fu accantonato, per essere rispolverato attorno al 1819, in vista di una sua possibile pubblicazione. Ma la cosa avverà – postuma – solo nel 1830.

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