2010_03_21 Pomeriggi a Mortara, presentazione del concerto il13/03/2010

Mortara on Stage
Auditorium Città di Mortara
Domenica 21 marzo 2010, ore 21
Orchestra I POMERIGGI MUSICALI
L’appuntamento sarà introdotto da Paolo Zeccara sabato 13 marzo 2010

In preparazione al concerto, Paolo Zeccara condurrà il consueto incontro “Guida all’ascolto” che aiuterà a introdurre lo spettacolo al pubblico. L’appuntamento con il musicologo vigevanese è per sabato 13 marzo a Palazzo Cambieri alle ore 17.00.

L’Orchestra I Pomeriggi Musicali è una delle più antiche e prestigiose orchestre italiane: annovera, tra i suoi Direttori, nomi molto illustri, come Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti, Claudio Abbado, Aldo Ceccato, Leonard Bernstein. Guidata da Corrado Rovaris, ora Direttore principale dell’Opera di Philadelphia, eseguirà la “Ritirata Notturna” di Boccherini, il celeberrimo concerto per chitarra di Rodrigo (con Emanuele Segre) e la Sinfonia “La Riforma” di Mendelssohn, uno dei brani più noti della letteratura sinfonica dell'Ottocento.
Info e prevendita biglietti:
Libreria “Le Mille e una pagina” – Corso Garibaldi 7 – Mortara (Pv)
Tel 0384 298493 – auditorium@comune.mortara.pv.it

Note a cura di Mariateresa Dellaborra 
 Tra folclore spagnolo e rigore luterano volteggiano le pagine del concerto che si apre con la 'Ritirata notturna di Madrid' di Luigi Boccherini. Il brano boccheriniano, nato originariamente come quintetto d’archi (G324, op. 30 n. 6), subì, già per opera dell’autore, alcuni rimaneggiamenti sia come quintetto per pianoforte (G409) sia come quintetto per chitarra (G453) ma venne pubblicato soltanto dopo la morte del compositore (1805) in quanto neppure un editore si era dichiarato disponibile a stampare un pezzo incentrato sul folclore spagnolo che nessuno al di fuori di quell’ambito avrebbe compreso né saputo suonare in modo adatto. In realtà quel brano, definito addirittura ridicolo e assolutamente inutile, è tra i più noti nel catalogo boccheriniano e descrive, in un modo universalmente comprensibile, la vita notturna delle strade madrilene riecheggiando, come scrive lo studioso boccheriniano Jaume Tortella, ora il suono delle campane delle chiese cittadine, ora le danze popolari e i canti tipici viellas de rueda ora, infine, il segnale del coprifuoco a mezzanotte dei soldati della guarnigione locale. Un altro aspetto della Spagna emerge dalla musica di Joaquín Rodrigo (1901-1999) che, per dirla con il musicologo Raymond Calcraft, «utilizza come fonte di ispirazione, le manifestazioni più svariate dell'anima del suo paese, dalla storia della Spagna romana ai testi di poeti contemporanei». 
Formatosi dapprima in Spagna e poi in Francia, seguendo le lezioni di Paul Dukas e respirando la stessa aria di Granados, Ravel e Stravinskij, Rodrigo si impone al grande pubblico con una pagina per chitarra entrata da subito in repertorio: il Concierto de Aranjuez datato 1939. È infatti proprio questa composizione d’esordio, insieme alla Fantasìa para un gentilhombre (1954), ad averlo consacrato quale autentico esponente della musica nazionale, nonostante il nutrito e variegato catalogo compilato in più di trent’anni di attività, e ad averlo imposto come il più importante compositore spagnolo per chitarra, insignito del titolo di ‘Marqueses de los Jardines de Aranjuez’ (1993) e del premio Príncipe de Asturias de las Artes nel 1996. Nel suo linguaggio sono commisti disparati elementi che derivano dallo studio e dalla passione della musica del passato, dall’approfondimento del linguaggio musicale folcloristico spagnolo e dall’utilizzo di forme tradizionali. Questi elementi sono abilmente rielaborati e riproposti grazie alla personale felicità di eloquio, alla bellezza della melodia e alla profonda padronanza delle architetture classiche che, come scrisse lo stesso compositore, determinano la creazione di uno stile ‘neocasticista’, o per meglio dire “fedele a una tradizione”. Stacco considerevole si crea affrontando la partitura della sinfonia n. 5 op. 107 che Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847) compone nel 1830 per solennizzare il terzo centenario della Confessione Augustana. 
L’occasione si presenta propizia per tentare alcuni esperimenti quali, ad esempio, l’adozione della forma ciclica e la predilezione marcata per la strumentazione ritmica a discapito di quella melodica, soprattutto nel primo movimento. L’esito pubblico non fu molto confortante e il compositore accantonò la composizione come “un’opera completamente fallita”, da non dover pubblicare. L’edizione infatti risale soltanto al 1867 e in tempi relativamente recenti è avvenuta la riscoperta e re-integrazione nei programmi concertistici. Della sinfonia si apprezza soprattutto la perfetta omogeneità generata dal fatto che i primi tre movimenti scaturiscono da un nucleo comune: il cosiddetto “Amen di Dresda” (Dresdener Amen), motivo ben noto a tutti i compositori di chiesa protestante (tra l’altro ripreso da Wagner in Parsifal) e dunque perfettamente consono a una composizione legata alla riforma. 
La lenta introduzione elabora l’inizio del Magnificat tertii toni sviluppato in un fugato che termina con l’Amen dal quale vengono derivati i due temi principali del successivo e focoso Allegro sottoposti a numerose e svariate elaborazioni. Il secondo movimento - Scherzo - contiene solo frammenti dell’Amen come pure il terzo - Andante – basato su un semplice Lied ohne Worte e quasi esclusivamente affidato agli archi per creare maggior contrasto col finale a piena orchestra. Senza soluzione di continuità prende avvio il quarto movimento nel momento in cui un flauto solo intona il corale Ein’ feste Burg, subito svolto come fugato. 
Su questo si sovrappongono altri trattamenti imitativi di nuovi temi che coinvolgono tutti gli strumenti (ivi compresi tre tromboni) e il discorso diventa sempre più imponente mentre ci si avvicina alla coda che contiene la parafrasi del motivo del Freischutz cui segue la declamazione in augmentatione del corale. [di Mariateresa Dellaborra]

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