1979_05_08 Mozart Requiem in Conservatorio a Milano con Josif Conta e la ORCHESTRA DELLA RADIO TELEVISIONE DI BUCAREST


Martedì 8 maggio 1979 - ore 21:00
Sala Grande del Conservatorio "G. Verdi" di Milano
Primo Concerto: 
"La religiosità nell'opera d'arte"
W.A.MOZART
REQUIEM IN RE MINORE per soli coro e orchestra K 626
SINFONIA N. 39 IN MI BEMOLLE MAGGIORE K543
(Adagio - Allegro, Andante con moto, Minuetto, Allegro)
Solisti:
Emilia Petrescu, Soprano
Martha Kessler, Mezzosoprano
Ionel Voineag, Tenore
CORO E ORCHESTRA DELLA RADIO TELEVISIONE DI BUCAREST
Iosif Conta, direttore d'orchestra
Maestro del coro A. Grigorasz

Quasi per sottolineare la continua ed evidente inclinazione di Mozart al sacro, questa sera ascolteremo, insieme al Requiem di re minore, una delle ultime sinfonie.
Che cosa accomuna questi due brani, oltre all'essere stati scritti in un arco di tempo abbastanza ravvicinato?
Forse la loro unità sta nel fatto che per Mozart, soprattutto in quest'ultimo periodo della vita, la musica è il compito che oltrepassa le sue capacità di ex bambino prodigio, un dono che lo sorprende e lo riempie. Per questo le opere di Mozart sono così inconfondibili e mai banali: il suo modo di essere uomo è tutt'uno con la sua dedizione religiosa. Vissuto tra il 1756 e il 1791, sul finire di un secolo segnato dal razionalismo e dalla cultura enciclopedica, spesso pesante e contorta, Mozart usa un linguaggio personale e semplice (che non vuoi dire facile) la cui bellezza sta nella capacità di andare oltre le cose viste, udite e capite, inevitabilmente corruttibili. Certo Mozart non fu sempre convinto cattolico (ebbe anzi una brusca rottura con l'Arcivescovo di Salisburgo), ma la sua fede è senza dubbio grande. Fu il fervore a spingerlo verso la massoneria in cui cercava purezza e sincerità, anche se non ne coglieva la portata politica, perché il potere non lo interessava.
Mozart ci parla del "Dio di cui adoro l'onnipotenza, temo la collera,ma riconosco anche la pietà e misericordia" infatti la sua musica sacra non è d'occasione, ma quasi sempre composta per inclinazione personale, per amicizia, per voto.
Vediamolo, entrando più in profondità, nel suo materiale musicale. L'aneddoto del signore vestito di nero che avrebbe commissionato a Mozart il Requiem (era l'emissario di un conte che aveva la curiosa abitudine di pagare in incognito i compositori perché gli componessero musiche da far passare per proprie) non avrebbe molto interesse se Mozart Stesso, ignaro dell'identità del committente, non lo avesse interpretato come segno di qualcosa di ineluttabile e imprevedibile. Non si sarebbe altrimenti messo a scrivere questa messa per i defunti, nonostante che la morte gli fosse ormai vicina, non come nemica, ma come mistero che nulla ha di tremendo.
L'opera però restò incompiuta: la completò (era già quasi tutta scritta nelle parti essenziali) l'allievo Sussmayer.
Ascoltandola non ci interessa capire dov'è la musica di Mozrart e dove quella del continuatore, anche se il "livello" di Mozart non è difficile da riconoscere. Vogliamo invece prendere quest'opera con tutta la sua incompiutezza, come segno di un limite oltre il quale Mozart non si sentiva di andare perché non fu solo la morte a impedirgli di portarla a termine ma è proprio lui a confessarsene incapace.
E' come se il fatto sacro che sta alla base di tutto riecheggiasse a tal punto, al di là della stessa volontà dell'autore, da farlo inchinare davanti : all'impossibilità di penetrarlo profondamente.
Il Requiem inizia con la familiare invocazione per i defunti, Requiem aeternam, intonata prima dal coro e proseguita poi dal soprano solo a cui si unisce ancora, tutto il coro con le parole Exaudi orationem meam, per poi riprendere l'invocazione che è saldamente legata al Kyrie, il grido che chiede misericordia all'Altissimo.
Comincia poi una lunga Sequentia di sei episodi.
Impressionante è il primo, il Dies irae, in cui l'accento è messo con molta perentorietà su "quel giorno", con gran de capacità di destare attenzione sul contenuto della musica. Segue il Tuba mirum, in cui dopo l'assolo di trombone [ndr con la voce del basso] si alternano le voci dei solisti. C'è poi il Rex tremendae, per coro e orchestra: l'invocazione di salvezza dell'uomo a una Maestà che sa chinarsi fino alle sue creature. Il quarto episodio è una lunghissima preghiera Recordare in cui la confidenza di Mozart con il Signore si fa chiara e diventa voce di tutta l'umanità. Come accade nel successivo Confutatis, questa volta per coro.
Qui le voci femminili intonano la dolcissima preghiera del Voca me e il coro conclude con l'Oro supplex che, attraverso una serie di bellissime successioni armoniche suggerisce l'immagine di un immenso popolo che prega. Conclude il Lacrymosa per coro.
Seguono le altre parti della messa, 1'Offertorium, in due episodi, Domine Jesu e Hostias, il Sanctus, il Benedictus e 1'Agnus Dei .
L'ultimo brano, Lux Aeterna prende spunto dal Kyrie iniziale, 1'allievo è tornato umilmente sulle prime note del lavoro del maestro.
Il linguaggio di Mozart, non tende al grandioso, ma al profondo: così il suo sguardo, sulla morte è di confidenza e di pace.
Anche la Sinfonia n.39 K. 543 in mi bemolle maggiore è opera dell'ultimo periodo compositivo di Mozart. Non la scrisse su commissione, come quasi sempre gli accadeva, e non poté mai ascoltarla. Già, dall'introduzione, così solenne, quasi sacrale, ci appare il clima di drammatica domanda sul suo destino, che ancora una volta, pare accomunato a quello di tutti gli uomini. Il primo movimento, un Adagio, cui segue immediatamente 1'Andante con moto, che come tutta la sinfonia presenta molte novità nel discorso compositivo mozartiano, oltre una penosa drammaticità che si alterna alla sua tipica cantabilità, dove ogni volta la speranza e là dolcezza prendono il posto di un'ansia che, sfiora la disperazione.
C'è poi il Minuetto e infine l'ultimo movimento, 1'Allegro, in cui colpisce un'improvvisa pausa di silenzio che sembra richiamare all'attesa e alla contemplazione, prima che la musica continui ad espandersi in tutta la sua ricchezza.
Note di Maria Consigli

MOMENTI DI STORIA DELLA CHIESA ATTRAVERSO LA MUSICA
Molti musicisti si sono accostati al "soggetto religioso", spesso però per esercizio diligente e sincero, e nulla più.
Con il perdersi dell'uso di servire la Chiesa anche attraverso la propria musica (che non è mai stato sinonimo di costrizione, anzi, ha creato capolavori dove la bellezza corrisponde alla consapevolezza gioiosa di servire), è sempre più raro incontrare una religiosità non d'occasione, una che sia tutt'uno con la vita e il lavoro dell'uomo. Incontrare cioè, musicisti che offrano la loro musica in lode, in domanda, in preghiera. [ndr il dimenticato Lorenzo Perosi]
In questi quattro "momenti di storia della Chiesa attraverso la musica" vogliamo invece proporvi un incontro con musicisti, più o meno famosi, che hanno camminato in questa direzione.
Spesso non ne conosciamo neppure il nome, ed è il caso dei compositori dei canti gregoriani o di antichi canti russi e polacchi, che si identificano con l'intero popolo cristiano. Altre volte, invece, potremo anche guardarli in faccia come accadrà con il direttore del coro di Varsavia. Ma allo stesso modo, nell'ascoltare le loro opere capiremo quanto essi siano stati profondamente cambiati da ciò che hanno scritto e che hanno intuito il segno che li portava dentro e al di là della loro musica.
Il loro modo di comporre non è diverso da quello dei loro contemporanei: la loro originalità sta nel farsi trasformare dalla "Presenza del Signore" che investe tutta la loro storia, dunque anche quello che essi sono e il loro lavoro.
Per questo non è possibile slegare le musiche che ascolteremo dalla cultura cristiana che le ha generate: staccate dal loro brano di Chiesa, come pezzi a sé stanti, si scolorano, si inaridiscono.
I "momenti" hanno poi una preoccupazione ecumenica, più che antologica o cronologica.
Ci saranno così brani di tradizione ortodossa e protestante o di culture che forse sentiamo lontane, come la polacca e la russa, ma che vanno in quest'unica direzione: il richiamo all'Eterno.
Note di Maria Consigli

Segue copia anastatica del programma di sala.






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