2018_06_29 Milano Arte Musica Due Organi in Concerto

Associazione Culturale La Cappella Musicale
Milano Arte Musica
XII edizione 2018
Direzione Artistica Maurizio Salerno
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Milano Arte Musica programma XII edizione 2018





Venerdì 29 giugno 2018, ore 20.30
Basilica di Santa Maria della Passione
via Conservatorio 16, Milano
Due Organi in Concerto

PROGRAMMA
Gioseffo Guami (1542-1611)
Canzon a 8 in sol minore (2 organi)

Samuel Scheidt (1587-1654)
Canzon O Nachbar Roland in do maggiore (2 organi)

Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Preludio e Fuga in do minore BWV 549 (Ton Koopman)

Georg Friedrich Händel(1685-1759)
Concerto in si bemolle maggiore Op. 4 n. 6 HWV 294 (2 organi)

G. F. Händel / J. W. Marsh(1956-     )
For unto us a child is born in sol maggiore (2 organi) 

Fantasia in sol maggiore BWV 572 (Ton Koopman)

Antonio Soler(1729-1783)
Concerto n. 1 in do maggiore (2 organi) 
Andante - Minué  

Johann Sebastian Bach
Schmücke dich, o liebe Seele in mi bemolle maggiore BWV 654(Ton Koopman)
An Wasserflüssen Babylon in sol maggiore BWV 653 (Ton Koopman)

Antonio Soler 
Concerto n. 2 in la minore (2 organi)
Andante - Allegro - Minué

Venerdì 29 giugno alle ore 20.30, Ton Koopman suonerà per la prima volta presso la Basilica di Santa Maria della Passione, unica chiesa in Lombardia a disporre di due organi dialoganti. Il poliedrico musicista olandese e la moglie Tini Mathot proporranno un programma a due organi a cavallo tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo, eseguendo alcune tra le pagine più belle di Bach, Händel, Marsh e Soler.

Il concerto di questa sera è costruito su un contrappunto di voci e colori. Le prime sono le «cento voci e cento», come si leggerebbe in un libretto del Settecento, sprigionate dai due magnifici organi Mascioni che dialogano da due lati dell’Ottagono di questa basilica. I colori sono quelli che animano, secondo un criterio di contrasto, il percorso scandito dal programma: un programma in cui domina il timbro della festa, congeniale a mettere in luce lo splendore degli strumenti, la potenza sonora e la varietà dei registri, contrappuntato dal profilo rilevato delle quattro importanti pagine bachiane per organo solo, che stemperano in una dimensione meditativa – ma in un caso al contrario esaltano – il gioco brillante del dialogo strumentale. Infine, un significativo valore aggiunto deriva dal percorso prescelto, un formidabile tour musicale lungo quasi due secoli, dall’alba del Sei alla seconda metà del Settecento, attraverso una serie impressionante di stazioni, da Lucca a Halle, da Weimar e Lipsia a Londra, da Madrid ai luoghi della prodigiosa gioventù bachiana. Un percorso al cui centro s’accampano le terre luterane della Germania centro-orientale la Turingia e la Sassonia-Anhalt, in cui nacquero e/o furono attivi gran parte degli autori in programma, in un dialogo fecondo con l’Italia, patria di forme (il concerto) e modelli (Domenico Scarlatti, maestro di Soler), che s’irradia ai quattro angoli d’Europa, verso Madrid, Londra e persino Dublino, dove il coro del Messiah «For unto us a Child is born» risuonò per la prima volta.
Il banchetto offerto da Ton Koopman e Tini Mathot si apre con due canzoni polifoniche del primo Seicento, a firma di altrettanti autori di rilievo nel panorama coevo. Gioseffo Guami, allievo di Willaert e collega di Giovanni Gabrieli in San Marco a Venezia, si stabilì a Lucca, dov’era nato e dove fu maestro di Adriano Banchieri, che se ne dichiarava orgogliosamente «discepolo». Due sue Canzoni a 8 voci compaiono, accanto a lavori di Gabrieli, Frescobaldi e Merulo, nella raccolta di Canzoni per sonare con ogni sorte di stromenti, pubblicata a Venezia nel 1608. Un anno più tardi rientrava nella natìa Halle Samuel Scheidt, rampollo d’una famiglia di organisti e organari, allievo di Sweelinck, organista e di lì a un decennio maestro di cappella del margravio di Brandeburgo Cristiano Guglielmo. In questa veste Scheidt realizzò nei primi anni Venti un’importante produzione editoriale, in cui rientrano quei Ludi musici, usciti ad Amburgo nel 1621, che costituiscono il primo libro di musica polifonica strumentale dell’Autore e includono la canzone sul motivo popolare alla moda O nachbar Roland, rielaborato anche da William Byrd col titolo di Lord Willoughby's Welcome Home.
Nato anch’egli a Halle un secolo più tardi, Händel riservò all’organo – di cui era virtuoso, come s’avvidero al suo arrivo a Roma, il 14 gennaio 1707 in S. Giovanni in Laterano, dove fece «pompa della sua virtù con stupore di tutti» – una collocazione singolare nella propria produzione e non meno eccentrica nel panorama musicale dell’epoca. Impiegò infatti l’organo (portativo, non il grande strumento chiesastico) come solista nei concerti da lui stesso interpretati in teatro negli intervalli degli oratori: una ventina, pubblicati in diverse raccolte. Quello che qui si ascolta posto a coronamento dell’op. IV, preparata personalmente da Händel e pubblicata a Londra nel 1738, era nato in realtà con l’arpa come solista, e come tale risuonò per la prima volta al Covent Garden il 19 febbraio 1736, abbinato all’Alexander’s Feast. La forma formidabile del concerto è adottata anche dal catalano padre Antonio Soler, organista dell’Escorial, nei Seis conciertos de dos órganos obligados scritti «per l’intrattenimento» del talentuoso figlio del re Carlo III, l’Infante di Spagna Don Gabriele di Borbone, suo allievo dal 1766.
C’è poi il continente Bach, di cui il concerto di questa sera abborda quattro lavori composti entro la stagione di Weimar, vale a dire entro 1717, in quella prima metà dell’esistenza in cui l’organo, mai peraltro trascurato, godeva d’una centralità assoluta. Inaugura la piccola serie il giovanile Preludio e fuga in do minore (forse scritto originariamente nella variante in re, rielaborata molto dopo), la cui esuberanza gestuale è fondata su una profonda unitarietà tematica che ne accresce ulteriormente l’intensità; la misteriosa, brillante Fantasia tripartita in sol maggiore, singolare Pièce d’orgue composta probabilmente già entro il 1712, corredata da indicazioni agogiche in francese e caratterizzata da tratti stilistici inconsueti presso Bach (uno su tutti, l’assenza di movimenti fugati); infine due preludi corali dal cosiddetto Autografo di Lipsia, scritti in realtà in una prima versione già a Weimar ma ripresi ben più tardi, nell’ultimo decennio di vita del Thomaskantor. In queste pagine il giovane organista tende la mano al maestro maturo, attraversando i decenni tramite la voce dello strumento che fu il compagno più fidato di quella eccezionale, come peraltro di tante altre, biografie musicali.

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