2014_08_10 Note d'organo a San Lorenzo

Domenica 10 agosto 2014, ore 21.15
Basilica di San Lorenzo
Corso di Porta Ticinese 39, Milano
MM1-3 Duomo; MM2 Sant’Ambrogio; ATM 2,14,94
MUSICA NELLA NOTTE DI SAN LORENZO
sull'organo Bernasconi - 1884
Musiche di Bach, Dandrieu, Bossi
Organista Carlo Centemeri
Ingresso libero.
Vi segnaliamo altresi' che per il concerto e' stato creato un evento facebook che trovate a questo link
http://www.facebook.com/events/1522248734660044

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Programma musicale:
Jean-Francois Dandrieu O filii et filiae

John Stanley
Voluntary op. 7 n. 2 in do maggiore (Adagio – Allegro)
Voluntary op. 5 n. 8 in re minore   (Allegro – Adagio – Allegro)

Johann Sebastian Bach
Preludio sull’inno ambrosiano Veni Redemptor Gentium BWV 659
Fantasia e fuga in la minore BWV 561

Vincenzo Bellini
Sonata per organo
 
Polibio Fumagalli Sonata-Capriccio in la minore op. 81 n. 1
Marco Enrico Bossi Chant du Soir op. 92 n. 1
Polibio Fumagalli La danza degli astri (da “Ascetica Musicale” op. 235)
Marco Enrico Bossi Ave Maria  op. 104 n. 2
Melanie Bonis Toccata op. 97
Claude-Benigne Balbastre Cannonade

NOTE AL CONCERTO
La fine del XIX secolo segno’ un momento di grande crisi nella letteratura organistica italiana, a causa di un lungo periodo nel quale lo stile piu’ a la mode, ovverosia quello legato al mondo dell’opera, aveva influenzato in maniera estremamente marcata anche cio’ che veniva eseguito nelle chiese. Il gusto musicale d’oltralpe, che aveva portato alla grande evoluzione stilistica del classicismo e del romanticismo, era rimasto del tutto sconosciuto alle orecchie del popolo italiano: basta citare Emilio De Marchi, grande scrittore Milanese, che, nel suo romanzo “Arabella”, pubblicato nel 1892, riporta una riflessione del protagonista, un borghese milanese, mentre ascolta la nuora Arabella che siede al pianoforte/ 
“Una volta, prima dei quarant'anni, anche lui aveva frequentato la Scala con passione. Allora non era ancora inventata la musica difficile. Da orecchiante, il suo Verdi lo gustava ancora. Arabella preferiva invece sonar della musica da collegio, del Mozart, del Beethoven, cosette graziose, in cui il vecchio abbonato della Scala sentiva un gusto nuovo, con in mezzo alle note quasi dei ragionamenti che lo facevano pensare" 
Il pensiero del borghese medio italiano, abituato al bel canto, trovava nel 1892 ancora esotico e complesso il pensiero di Mozart o di Beethoven: una cosa alquanto strana se si pensa che negli stessi anni Mahler sta lavorando alla sua seconda sinfonia e Brahms alle sue ultime opere pianistiche.
Questo effetto, legato soprattutto al suono orchestrale, fu legato a doppio filo con le evoluzioni dell’organaria, con costruttori che realizzarono strumenti che erano tanto splendidi nella loro vastita’ timbrica quanto autoreferenziali, perche’ legati a un repertorio ben preciso. Il gusto operistico porto’ lo stile del teatro in chiesa, e non mancarono gli esempi scritti anche da beniamimi del pubblico quali Bellini o Donizetti.
Nel cambiamento che doveva necessariamente derivare da una cosi’ radicale crisi di identita’, la figura di Polibio Fumagalli ebbe un ruolo eccezionale, poiche’ porto’ nelle classi di conservatorio la conoscenza della letteratura organistica straniera, realizzando spesso lui stesso “adattamenti per l’organo italiano” di composizioni degli autori piu’ importanti che non potevano essere suonate sugli strumenti gia’ esistenti.
Il progetto dell’organo di San Lorenzo fu, con ogni probabilita’, influenzato dallo stesso Fumagalli, che era organista del vicino santuario di Santa Maria dei Miracoli, e che aveva avuto modo di collaborare piu’ volte con la famiglia Bernasconi, organari varesini che avevano avuto modo di far ben conoscere a Milano la loro arte: quest’organo dovette risultare estremamente gradito ai milanesi se consideriamo che, ancora una volta, De Marchi lo cita nel suo Demetrio Pianelli, pubblicato nel 1890. Infatti, descrivendo una Prima Comunione in San Lorenzo, scrive
“...l'organo, dopo aver accompagnato i celebranti col suono ripieno delle sue canne maggiori, attenuò poco a poco le voci, introdusse suoni teneri e palpitanti di flauto e voce umana...”
Nel progetto di questo strumento si vede una direzione ben precisa: l’organo non e’ piu’ una fucina di timbri ed effetti speciali volti a assecondare l’organista che si dilettasse di sinfonie, polke, marce e trascrizioni da opere, ma uno strumento che puo’ tanto ricalcare il suono caldo degli organi francesi quanto quello grandioso degli strumenti tedeschi, il tutto mantenendo (ma bilanciando) le caratteristiche italiane.
Fumagalli, infatti, ebbe modo di stringere amicizia con grandi organisti dell’epoca (tra cui, ad esempio, Best e Rheinberger), e di visitare strumenti stranieri: scriveva, in una lettera, che tuttavia riteneva l’organaria italiana non inferiore a quella straniera e che sarebbero bastati alcuni accorgimenti strutturali (tra cui l’estensione della pedaliera) per rendere gli strumenti italiani non secondi a nessuno, e capaci di eseguire “all’italiana” tutta la letteratura organistica. Egli stesso, dopo alcune composizioni giovanili piu’ legate allo stile operistico (tra cui le deliziose sei Sonate-capriccio), comincio’ a interessarsi di come dar colore all’organo realizzando brani di notevole spessore ed altri che, pur nella loro leggerezza, dimostrano bene come l’ispirazione potesse partire anche da concetti extramusicali (come la raccolta Ascetica musicale da cui é tratta la Danza degli Astri)
Abbiamo voluto, pertanto, condensare in questo programma un quadro della letteratura straniera che si e’ potuta facilmente adattare a questo strumento. Tra gli antichi, due brani di compositori francesi settecenteschi che avessero bisogno di una ricca tavolozza sonora per rendere al meglio: le variazioni sull’Alleluja Pasquale “O filii et filiae” di Dandrieu, e la Cannonade di Balbastre, un pezzo vivace che sembra evocare un organo che suona gioiosamente in una chiesa mentre, al di fuori, e’ in corso una battaglia. Inoltre, due brani dell’organista inglese John Stanley, contemporaneo di Haendel e grande virtuoso, che, tra i primi nella storia, indica nelle sue composizioni gli esatti colori strumentali che ben si riproducono sugli strumenti italiani. Infine, due brani di Johann Sebastian Bach che si possano eseguire anche su uno strumento, come quello di San Lorenzo, la cui pedaliera non fosse eccessivamente estesa (il sogno di Fumagalli di realizzarne in Italia una come quelle tedesche dovra’ attendere ancora alcuni anni): uno dei due, in particolare, chiudeva un cerchio di tradizione lungo diversi secoli, poiche’ basato sulla melodia luterana Nun komm der Heiden Heiland, traduzione in uso al mondo protestante dell’inno ambrosiano Veni Redemptor Gentium.
La scelta delle composizioni contemporanee all’organo di San Lorenzo, invece, presenta due brani di Marco Enrico Bossi, allievo ribelle di Fumagalli che, proprio per le polemiche col maestro, venne espulso dal conservatorio, salvo diventare poi uno dei piu’ grandi virtuosi del novecento di questo strumento: Bossi scrisse soprattutto per gli organi stranieri e per gli strumenti che egli stesso fece costruire in Italia, ma tuttavia alcune delle sue pagine piu’ poetiche e caratteristiche trovano perfetta collocazione anche sugli strumenti della generazione a lui precedente: con un istinto un po’ curioso e un po’ polemico, abbiamo voluto alternarle alle opere del maestro
Infine, un omaggio alla compositrice francese Melanie Bonis: ammessa al conservatorio di Parigi per diretta intercessione di Cesar Franck, sara’ compagna di studi e amica stimata di Claude Debussy e Gabriel Pierne’. La sua promettente carriera fu pesantemente ostacolata dai genitori che arrivarono a farla ritirare dal conservatorio perché contraesse un matrimonio di interesse. Ma lei, dopo dieci anni di matrimonio e tre figli, ritorno’ alla musica e scrisse pagine notevolissime, tra cui le molte opere vocali e per organo spiccano per fervore sacro e intima ricerca di una serenita’ che Melanie cerco’ spesso nella sua profonda fede. Pur conoscendo bene l’organo, Mel Bonis non fu mai un’organista (il suo strumento restó sempre il pianoforte) e scrisse le sue pagine con indicazioni molto generiche, per farle poi eseguire a colleghi: pertanto, la sua musica non richiede espressamente i grandi strumenti francesi necessari per la letteratura di Franck, Widor e Vierne. Ci piace pensare che sarebbe stata positivamente sorpresa da come i suoi brani sarebbero risultati in tutto il loro splendore su di uno strumento come quello di San Lorenzo. [Carlo Centemeri]



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