2013_12_08 CONCERTI DEL Collegium Vocale di Crema


Domenica 8 dicembre 2013_12_08, ore 16.00
Lodi, Chiesa di S. Francesco
Domenica 15 dicembre 2013_12_15, ore 21.00
Crema, Chiesa di S. Bernardino
In collaborazione col Centro Diocesano “G. Lucchi”
Domenica 22 dicembre 2013_10_22, ore 21.00
Crema, Chiesa della SS. Trinità

I CONCERTI DEL 
Coro e orchestra del Collegium Vocale di Crema
Direttore Giampiero Innocente
Programma

F.J. Haydn (1732-1809): Missa Brevis N. 7 “Orgelsolomesse”,
per coro e orchestra d’archi
Eleonora Filipponi mezzosoprano, Riccardo Seresini organo solo
-        Kyrie             (coro e orchestra)
-        Gloria            (coro e orchestra)
-        Credo            (coro e orchestra)
-        Sanctus         (coro e orchestra)
-        Benedictus    (mezzosoprano, organo solo, coro e orchestra)
-        Agnus Dei    (coro e orchestra)


W.A. Mozart (1759-1791): Litaniae de venerabili altaris Sacramento KV 243
per soli, coro e orchestra
Lucrezia Drei soprano, Eleonora Filipponi mezzosoprano, Angelo Arpini tenore, Nicola Fava basso
-        Kyrie                                     (soli, coro e orchestra)
-        Panis vivus                          (soprano e orchestra)
-        Verbum caro                        (coro e orchestra)
-        Hostia sancta                       (soli, coro e orchestra)
-        Tremendum                         (coro e orchestra)
-        Dulcissimum convivium   (soprano e orchestra)
-        Viaticum                               (soprani soli e orchestra)
-        Pignus futurae gloriae       (coro e orchestra)
-        Agnus Dei                            (soprano e orchestra)
-        Miserere                               (soli, coro e orchestra)
Omaggio natalizio
W.J. Kirkpatrick (1838-1921): Away in a manger

Coro e orchestra del Collegium Vocale di Crema
Direttore Giampiero Innocente

Collegium Vocale di Crema
Violini I: Stephen Beszant, Giovanni Livraga, Lucy Manfredi, Lorenzo Benelli, Hanna Knötzele
Violini II: Emanuela Barbieri, Elisabetta Faucher, Stefania Ruini, Maurizio Medici, Anna Forner
Viole: Eugenia Gaboardi, Chiara Nozza Bielli, Claudia Conti
Violoncello: Leonardo Bertazzoni
Contrabbasso: Nicola Moneta
Organo: Riccardo Seresini
Flauti: Giuseppe Mezzadri, Angela Guglielmetti
Fagotto: Stefano Sperati
Oboi: Francesco Aliquò Mazzei, Ruggero Tacchi
Clarinetto: Elisa Sgorbini
Tromba: Alberto Bleve
Corni: Alfredo Conti, Stefano Conti

Soprani: Daniela Assandri, Elisa Barbaglio, Elisa Cazzamalli, Eleonora Filipponi,  Sara Franceschini,  MariaGrazia Gagliardoni, Elena Manzoni, Lorena Mariani, Piera Pelizzari, Ilaria Ventura, Sara Zigatti
Contralti: Federica Belloli, Vanna Moretti, Doriana Peroni, Claudia Pislor, Paola Pisoni, Beatrice Stabile, Laura Stabile, Federica Traspadini
Tenori: Adriano Bianchi, Angelo Arpini, Fabio Corlazzoli, Pierre Galassi, Francesco Paveglio
Bassi: Nicola Fava, Pierangelo Mulazzani, Manuel Ottini, Matteo Panozzo, Alberto Premi, Simone Riccetti, Doriano Soldati, Alfonso Vigani, Renato Zigatti

Un capolavoro poco conosciuto
Nel corso dei secoli dai cataloghi dei grandi musicisti si sono estrapolate opere divenute più famose di altre, oppure particolarmente eseguite e incise, a volte senza poter spiegarne fino in fondo le ragioni. Quando si parla della musica sacra di Mozart immediatamente si pensa al Requiem, alla Messa dell’Incoronazione, forse ai Vespri o a spezzoni di opere ascoltati qua e là.
La maggior parte della produzione sacra del compositore salisburghese rimane sconosciuta, non eseguita o addirittura dimenticata, senza che si sappia il perché.
Il Collegium Vocale di Crema, da sempre attento alla riscoperta di opere meno famose (ma non per questo meno importanti e impegnative sotto il profilo tecnico), propone quest’anno una composizione pochissimo eseguita ma che, a pieno diritto, si può considerare uno dei capolavori sacri dell’ingegno mozartiano: le Litaniae de venerabili altaris Sacramento KV 243.
La parola “litaniae” evoca probabilmente particolari sensazioni e ricordi, reazioni a un mondo tradizionale o devozionale che una troppo frettolosa riforma liturgica (o male interpretata) ha messo in disparte.
Solo il genio di Mozart riesce a trasformare questa lunga sequenza di invocazioni (Kyrie eleison, Panis vivus miserere nobis, ecc.) in una straordinaria teoria di generi musicali, di interventi solistici, corali e strumentali, alternando piani sonori, timbri e dinamiche di grande effetto.
Nulla di monotono, nulla di superato ma solo una grande composizione (circa 35 minuti) in cui l’ascoltatore è portato con una musica sublime alla contemplazione del grande “Mistero dell’altare”, l’Eucarestia (altaris Sacramento).
Composte nel marzo 1776, pochi giorni dopo il ventesimo compleanno di Mozart, rivelano una maturità artistica sorprendente e il tratto ormai deciso e consolidato di un musicista unico nella storia.
Anima profondamente cattolica, quella di Mozart, che alla corte del principe-vescovo di Salisburgo non può che esaltare il nucleo di fede del cattolicesimo, vivendo e lavorando in una città al confine con la Germania in cui il protestantesimo si faceva veicolo della sola fide e sola scriptura.
Siamo lontani dalla mentalità universale ed ecumenica che ormai fa parte del nostro bagaglio culturale e spirituale: in quei tempi la contrapposizione tra confessioni di fede della stessa religione era normale e proprio Mozart ripete più volte “i protestanti non comprenderanno mai la grandezza e la dolcezza di un Agnus Dei”.
Proprio l’Agnus Dei delle Litaniae diviene la sintesi musicale e spirituale di quest’opera: una melodia affidata agli archi e all’oboe riprende un celeberrimo andante di un concerto per pianoforte e orchestra, mentre il soprano disegna melodie di una bellezza che trascende il visibile posto sull’altare (il semplice pane) e ne sottolinea musicalmente quello che invece è (l’Eucarestia).
Mozart prova a penetrare questo mistero con la forza e la dolcezza della sua musica, quanto mai “sacra” e dedita alla liturgia di ogni tempo e di ogni luogo, realmente universale.
La sua musica sembra convincere anche chi non crede in quel misterioso segno che dietro ciò che si vede c’è una presenza invisibile (“latens deitas”), e tale opera di convincimento non viene operata con trattati di alta scuola teologica, ma semplicemente con il disegno musicale, un disegno che parla da solo senza bisogno di altro. E’ l’essenzialità di Mozart, quello che i musicisti chiamano “purezza di suono” che, tecnicamente, si traduce in un enorme lavoro d’insieme ma che sotto un profilo più ampio rivela l’universalità della sua musica.
Come in tutte le opere sacre, il genio salisburghese non manca di firmare il suo prodotto musicale: anche nelle Litaniae c’è la presenza del fugato solenne e austero (Pignus futurae gloriae).
Lo studio dell’armonia e dello stile sacro compiuto a Bologna sotto la guida di Padre Martini emerge ogni qual volta Mozart decide di scrivere un pezzo sacro: il contrappunto rigoroso, che trova fondamento nelle opere di Palestrina, diviene il segno che certifica il sacro. In nessuna opera profana troviamo questa firma inconfondibile che non è la dimostrazione tecnica della bravura del compositore, quanto piuttosto lo sviluppo musicale che diviene simbolo dello sviluppo dialettico della verità, quella verità che il dogma porta in sé come gioco contrappuntistico di mistero-comprensione velata-mistero-contemplazione.
Una lunga citazione dal volume “Mozart” di H.U. Von Balthasar, grande teologo e conoscitore di Mozart, ci aiuta a comprendere meglio l’opera proposta.
“Di fronte a tutta la musica di Beethoven noi sentiamo anche tutte le gocce di sudore che essa è costata al suo inventore. Di fronte a quella di Bach noi percepiamo sempre l'imponenza ciclopica dei volumi e delle architetture. L'enorme opera di Mozart ci appare invece come già nata senza alcuno sforzo, messa al mondo come un figlio già perfetto, giunta alla sua maturità senza turbamenti.      
Ci domandiamo se non sia una sorta di intatto arcobaleno che viene dalla memoria del paradiso terrestre. Mozart vuole, creando e vivendo, far percepire il canto trionfale della creazione innocente e risorta: dove dolore e colpa ci stanno di fronte non già come lontano ricordo, bensì come presente oltrepassato, perdonato, trasfigurato. Non si trova tutto questo, ed esattamente così, nella stessa radice creativa del grande Regina Coeli (KV 276), nei due Vespri , nelle Litanie  e nelle Messe , nelle quali Mozart non trovò affatto necessario nascondere la voce per assumere uno stile spirituale? E invero, che cosa deve essere trasfigurato se non la creazione stessa; e che cosa deve essere redento e venire a preghiera se non la natura, figlia di Dio? Tutto questo non è barocco. E' semplicemente cristiano”.
La Missa Brevis “St. Johannis de Deo”, detta anche “Kleine OrgelosoloMesse,” di Franz Joseph Haydn fu composta nel 1775 per la chiesa di Eisenstadt (a quei tempi Ungheria, oggi Austria) il cui patrono era San Giovanni di Dio (come riportato nel titolo).
E’ una delle messe più amate di Haydn: “brevis” che non equivale a “facile” e “corta”: la scrittura è particolarmente insidiosa ponendo il respiro delle voci sul filo dei sedicesimi dell’orchestra d’archi, obbligando il canto ad una precisione ritmica senza tregua; “brevis” ma che in realtà dura più di alcune messe di Mozart che prevedono organici più ampi.
Il Gloria originale prevedeva solo 31 battute ed era scritto con una struttura in cui il testo si sovrappone per abbreviare i tempi. Vien da pensare che gli ascoltatori (o il celebrante) non fossero molto tolleranti verso l’ascolto della musica: Haydn quindi compone un Gloria brevissimo, rifacendosi, però, in seguito con un Benedictus decisamente ampio, in cui l’organo solo dialoga col soprano in frasi di grande effetto.
Il fratello di Franz Joseph, Michael, quasi volendo riportare ad una maggiore ortodossia liturgica la Messa, scrisse in seguito un Gloria completo prendendo spunto da quello originale: l’esecuzione del Collegium Vocale include questo Gloria nella sua completezza.
Tutte le composizioni di epoca classica che utilizzano un organico ridotto fanno leva sullo sviluppo armonico e melodico per sopperire alla carenza di strumenti o di voci: quello della Missa Brevis è uno dei casi tipici in cui l’uso strumentale essenziale (violini I-II, violoncello e organo) e vocale ha un impiego più serrato, volto alla copertura di ogni spazio lasciato libero dalla musica.
Il titolo, l’organico e le dimensioni (corrette dal fratello) rendono questa composizione di Franz Joseph Haydn decisamente interessante per approfondire lo stile sacro di un’epoca che ancora oggi illumina con la sua fulgida musica i nostri tempi più poveri d’ingegno e di stile.

Giampiero Innocente
Direttore del Collegium Vocale di Crema
www.collegiumvocale.it

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