2012_02_28 MALATO IMMAGINARIO con Bonacelli al Fraschini


Martedì 28 febbraio 2012_02_28 ore 21
Teatro Fraschini - Pavia

IL MALATO IMMAGINARIO
Ultima  commedia scritta da Molière
Interprete principale Paolo Bonacelli. Repliche mercoledì 29 febbraio e giovedì 1 marzo 2012 sempre alle ore 21. In scena anche Patrizia Milani, attrice pavese, e Carlo Simoni.

Il regista Bernardi dà vita al congegno comico, avvalendosi di attori di prim’ordine: Paolo Bonacelli infonde in Argante una fragilità fanciullesca e un certo cinismo, Patrizia Milani è una Tonina che si diverte e diverte alle spalle del malato, Carlo Simoni infonde concretezza a Berardo.
A Patrizia Milani, attrice pavese, è stato assegnato nel luglio scorso il Premio Flaiano Pegaso d’oro.
Paolo Bonacelli ha ricevuto invece il 54° premio Renato Simoni per la fedeltà al teatro di prosa.
Il malato immaginario è l’ultima fatica di Molière, una “comédie-ballet” in tre atti, la sua trentesima opera, il coronamento del ciclo della medicina. La nuova commedia debutta il 10 febbraio 1673. Ma uno strano destino incombe sulle prime rappresentazioni dell’opera: Molière muore durante la quarta recita, tutto viene sospeso fino a marzo, quando sarà  sostituito da La Thorillière. Molière era stanco, affaticato; aveva anticipato di un’ora l’inizio della rappresentazione, che aveva terminato a fatica, dopo un malore. Trasportato d’urgenza nella sua casa, si spense in serata. Una strana beffa, degna dell’autore, che fa dire al personaggio di Argante che se fosse medico lascerebbe morire quel drammaturgo che non sopporta i dottori. Ma Jean-Baptiste Lulli torna a far valere il suo potere di permettere o no la rappresentazione. La commedia quindi ricompare nel 1674 semplificata e con un prologo sostituito.
Argante, attaccato alla sua presunta malattia, è intento a verificare le parcelle del farmacista, il dottor Olezzanti. Chiama insistentemente la cameriera Tonietta, una donna che con il suo bel caratterino tiene testa al padrone e dice verità sacrosante come  “questi dottori si sollazzano mica male col vostro corpo” spillando denari con ogni qualsivoglia rimedio. Ruotano attorno a lui alcuni personaggi-maschere, i giovani innamorati, la servitù, i familiari e i tre medici. Convinto di essere ammalato, in realtà è sano come un pesce, passa il tempo tra consulti, clisteri e salassi. La seconda moglie Bellonia, che lo  tratta come un bambino, lo asseconda e lo compatisce, nutrendo la segreta speranza di rimanere presto vedova  e disporre di tutto il patrimonio. 
Giunge inaspettata una proposta di fidanzamento per la figlia Angelica e Argante, contrariamente alla matrigna che la vuole in convento, accetta con entusiasmo: il promesso sposo è Tommaso, figlio del dottor Lafatutta. Al fine di assicurarsi ogni possibile cura contro le sue improbabili malattie, è ben felice di ritrovarsi in casa un medico come genero. Ma Angelica, che confida i suoi veri sentimenti alla cameriera, è sconvolta, ama, segretamente ricambiata, Cleante, nipote del dottor Purgone. Intanto Argante, che stravede per la moglie, vuole lasciarle l’eredità e procede a fare testamento con il Notaio Buonafede. Ad Angelica non importa dei denari, ma vorrebbe essere lasciata libera di amare senza imposizioni. Vuole un marito vero, non un matrimonio di puro interesse. Il giovane innamorato Cleante si intrufola in casa fingendosi  amico e sostituto del maestro di musica; giungono anche Tommaso e il padre. Il pretendente è un giuggiolone fresco di studi, un po’ imbranato e platealmente incapace.
Beraldo, il fratello di Argante, tenta di arginare “il chiodo fisso”del malato: sostiene che i medici non hanno potere di guarigione; conoscono, argomentano, ma la natura sa sbrigarsela da sola. Il dottore dice di aiutare, soccorrere la natura – egli afferma – ma non significa che riesca anche a farlo. Spinge il fratello ad assecondare Angelica e soprattutto scaccia il dottor Olezzanti e il dottor Purgone che si risente a morte.
Anche Tonietta, la fedele domestica, non è da meno: si presenta ad Argante travestita da medico, millantando capacità curative superiori a quelle dei colleghi, diagnosticando malattie immaginarie, consigliandogli anche improbabili amputazioni. Demolisce così tutta la categoria, ma soprattutto lo esorta a scoprire i veri sentimenti dei familiari, spingendolo a fingersi morto e costatare così l’immediata reazione dolorosa di moglie e figlia. La prima dimostra immediatamente il cinismo e l’opportunismo che da sempre la contraddistinguono, mentre Angelica si dispera e, di fronte alla tragedia che l’ha colpita, decide di rinunciare al matrimonio. Argante si rialza, acconsente alle nozze della figlia  con il giovane innamorato,  a patto che egli si faccia medico. Cleante accetta, e Beraldo ha un’idea: far diventare Argante medico, almeno per concludere la giornata in festa con danze, musiche e  una burlesca cerimonia per il conferimento della laurea in medicina.

Molière, con immancabile intelligenza corrosiva e un po’ di sarcasmo, non mette alla berlina i medici, ma tutto ciò che c’è di ridicolo nell’esercizio della medicina. Oggetto della satira risultano i  dottori e i malati. Le manie sono proprie di entrambi, e l’ambiente descritto si colloca perfettamente all’interno di una visione generale sull’illusione umana, quando la persona si trova nel suo momento più tragico, quando cioè è vittima dei propri miti. Non è il medico ad essere ipocrita e formale, lo è  purtroppo l’uomo in generale. Non c’è carità e si ride (un riso piuttosto amaro) della società nel suo complesso. 
Il pensiero dello scrittore si ritrova nelle battute di Beraldo: Molière rimprovera alla medicina di non essere ancora scientifica, di non fondarsi sull’esperienza e sulla sperimentazione, sbeffeggia l’ignoranza dei medici. Figlio di ricca famiglia borghese, si è subito avventurato in arte, dopo gli studi in giurisprudenza, divenendo attore di predilezione comica. Inizia a scrivere proprio assecondando la farsa buffonesca, con grande abilità quasi istrionica, ma coltiva poi tutti i generi. Il pubblico continua a subire il fascino delle sue commedie. Oggi non si colgono certo i riferimenti a fatti e persone dell’epoca, ma dietro ad ogni personaggio affiorano situazioni reali ed universali. Ipocrisia, arrivismo, seduzione, il bisogno di emulare le classi superiori, sono alcuni temi presenti nelle sue opere.  I suoi personaggi sono tipi eterni, caratteri,  ma anche sottili ritratti psicologici. La nevrosi di Argante tradisce la sua paura di vivere più che di morire. Si muove guidato dalle donne, e le sue malattie sono lo scudo di difesa, la protezione dalla responsabilità del vivere. Domina la situazione, rimanendo al centro dell’attenzione generale. Con l’immancabile vestaglia da camera, passa le sue giornate a ricevere cure, sogna un genero medico, tiranneggia tutti, ed è assecondato per interesse dai curanti, dal farmacista e dalla seconda moglie. 
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