2015_11_06 Stanislav Kochanovsky dirige laVerdi nella Quinta Sinfonia di Šostakovic; il Concerto di Khacaturian per il violino di Yury Revich


Venerdì 06 Novembre 2015_11_06 ore 20.00
Domenica 08 Novembre 2015_11_08 ore 16.00
Auditorium di Milano, largo Mahler 
Stagione Sinfonica 2014/15 
Quando la Russia si chiamava URSS
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi 
Violino Yury Revich 




Auditorium di Milano Fondazione Cariplo
Stagione Sinfonica 2014-2015
Domenica 8 novembre  2015 ore 16:00
JURI REVICH, violino
ORCHESTRA SINFONICA GIUSEPPE VERDI MILANO


E’ una Russia di impronta sovietica, datata anni Trenta del Novecento, quella che animerà il 58° programma della stagione principale de laVerdi, per un doppio appuntamento venerdì 6 (ore 20.00) e domenica 8 novembre (ore 16.00). Sul podio dell’Auditorium di Milano in largo Mahler tornerà da San Pietroburgo la “bacchetta” di Stanislav Kochanovsky, per guidare l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi nell’esecuzione del brillante Concerto per violino e orchestra del georgiano Chacaturian, affidato al raffinato estro solistico di Yury Revich. La parte sinfonica del programma vedrà invece laVerdi impegnata nella Quinta sinfonia di Šostakovic.
In apertura, una nuova Expo Variation di Nicola Campogrande (prima assoluta, commissione laVerdi), dedicata al Vietnam.
Venerdì 6 novembre, sempre in Auditorium (ore 18.00, Foyer della balconata, ingresso libero), tradizionale conferenza di introduzione al programma: per il ciclo “Aspetti della musica russa”, in collaborazione con l’Associazione Italia-Russia, il musicologo Fausto Malcovati parlerà di “Musica e stalinismo”. 
(Biglietti: euro 35,00/15,00; info e prenotazioni: Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, largo Mahler, orari apertura: mar – dom ore 14.30 – 19.00, tel. 02.83389401/2/3;  on line:  www.laverdi.org o www.vivaticket.it ).  

Programma [di Enzo Beacco]
Dopo la Variazione Expo che Nicola Campogrande dedica al Vietnam, il programma propone due autori che agiscono nel medesimo tempo, partono da storie personali diverse, elaborano propri stili, devono soggiacere a medesime pressioni politiche. Siamo alla fine degli anni Trenta nell’Unione sovietica nel pieno delle grandi “purghe” staliniane e prima dell’invasione nazista e della conseguente Grande guerra patriottica. 
Aram Chacaturian arriva nella capitale Mosca dalla nativa Georgia, da cui importa materiali ritmici e melodici popolari che subito incantano pubblico e autorità politiche, compreso Stalin, georgiano pure lui. Ha perfetta formazione accademica e sicura padronanza della forma. Lo dimostra il suo famoso concerto per violino e orchestra, che fra l’altro chiude un decennio aureo, in cui a quella forma musicale danno contributi essenziali figure diversissime come Stravinskij, Berg, Schönberg, Bartók, Walton, Prokof’ev. È musica solare e brillante fin dalle origini, perfettamente allineata con la voglia di ottimismo imposta dal regime sovietico.
Diverso è Dmitrij Šostakovic, cresciuto all’insegna della modernità e della sperimentazione pur ordinata grazie all’ineccepibile scuola del conservatorio di San Pietroburgo. È lui il bersaglio della prima dura repressione della dittatura culturale che si dispiega nel 1936 con il famigerato anatema apparso sulla Pravda e indirizzato alla sua opera teatrale Lady Macbeth del distretto di Mzensk, accusata di formalismi e cacofonie. Šostakovic è costretto all’autocritica e lo fa con la sua Quinta sinfonia. Ma è autocritica criptica, che sotto la scintillante apparenza nasconde una straordinaria continuità di linguaggio e di espressione. 

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