VENERDÌ 23 MARZO 2012_03_23 ORE 21:00
TEATRO SAN GIOVANNI BOSCO
BERGAMO – VIA SAN SISTO, 9 (QUARTIERE DI COLOGNOLA)
L'ITALIANA IN ALGERI
Dramma giocoso per musica in due atti. Musica di Gioachino Rossini
Personaggi ed interpreti
Mustafà LUCA GALLO
Elvira YUKO SAKAGUCHI
Zulma ANGELA ALESSANDRA NOTARNICOLA
Haly GIOVANNI GUERINI
Lindoro LIVIO SCARPELLINI
Isabella CLAUDIA MARCHI
Taddeo ENRICO MARIA MARABELLI
Coro Opera Ensemble
maestro del coro UBALDO COMPOSTA
Pavlova International Ballet Company
coreografie SVETLANA PAVLOVA
concertatore al pianoforte DAMIANO MARIA CARISSONI
Dopo la splendida serata dedicata a Gaetano Donizetti e a Don Pasquale, il Circolo continua la sua 37ª stagione operistica con un altro celebre titolo buffo della tradizione belcantistica: L'italiana in Algeri di Gioachino Rossini (è possibile scaricare liberamente il libretto alla pagina www.librettidopera.it/zpdf/italgeri.pdf), che – assieme al coevo Tancredi, la cui prima rappresentazione fu al Teatro La Fenice il 6 febbraio 1813, e ben prima del Barbiere di Siviglia – segnò l'inizio di quella "febbre" rossiniana che, in breve, contagiò tutti i teatri d'Europa.
La scelta di proporre il primo autentico capolavoro buffo di Rossini – definito da Stendhal «la perfezione del genere buffo» – evidenzia la nostra volontà di offrire all'attenzione di un pubblico sempre più esigente e competente opere che, pur non rientrando appieno nel consolidato repertorio popolare in epoca odierna, rappresentano una pietra miliare nella storia della musica, avendo goduto di un incontrastato successo parzialmente eclissatosi in tempi più recenti per motivi non dipendenti dal valore intrinseco della partitura. È nostra intenzione, quindi, proporvi un allestimento che offre molti spunti di interesse e che permette di riscoprire musiche di non consueta esecuzione e frequentazione, da parte tanto degli artisti quanto del pubblico.
Il Circolo musicale Mayr-Donizetti desidera, dunque, aprire il suo sipario su quel mondo latamente "turco" di antica tradizione operistica, un filone che aveva conosciuto una particolare fortuna nel Settecento e che non si era ancora esaurito ai primi dell'Ottocento, quando il Genio pesarese consegnò all'immortalità – ironizzando schiettamente sul confronto tra due mondi lontanissimi – i noti cliché del personaggio europeo fatto schiavo da un sultano orientale, del serraglio, del tentativo di fuga, dell'ubriachezza dei musulmani e della liberazione finale dei prigionieri.
Questi temi e costanti narrative – se, all'inizio dell'Ottocento, andavano esorcizzati, mettendo in caricatura la poligamia, l'harem ed il dispotismo maschile con turbante e babbucce a mezzaluna – oggi lasciano spazio ed esaltano la vena comica ben rappresentata nello scatenato meccanismo di onomatopee del grande concertato finale dell'atto I (scena tredicesima), che immancabilmente elettrizza chiunque lo ascolti per la prima volta. E se la «follia» (come la definì Stendhal) investe il palcoscenico e travolge il pubblico – toccando l'apice con un grado di elaborazione forse mai più raggiunto nella storia del melodramma – nei pezzi d'assieme, nei pezzi solistici Rossini sa indulgere anche al registro serio e sentimentale, sì da controbilanciare alla perfezione il lato comico-farsesco dell'opera e da far acquistare autenticità ai personaggi principali, che così si sottraggono allo schematismo della farsa pura e semplice e diventano protagonisti di un capolavoro senza tempo.
Chi ha a che fare con l'arte è sempre una persona fortunata; vi è poi chi, come me, lavora sui grandi capolavori della musica e ha la possibilità di rinnovare la loro vita, riproponendone una lettura registica: e questo è un autentico privilegio. Ma la mia fortuna non si ferma qui: ciò che maggiormente mi rende ancora più felice è la possibilità di condividere con altri non solo una profonda passione, ma anche la trasformazione di una mia esperienza personale in una occasione di ispirazione.
L'Italiana in Algeri – per i suoi meriti musicali, per la sua vivacità scenica e per il guizzo di puro genio che la percorre – è una delle mie opere preferite. Per molti anni ho conosciuto questo capolavoro, che non è presente nei cartelloni operistici come meriterebbe, solo in incisione e la prima volta che ho assistito ad un suo allestimento teatrale ne sono rimasto non solo affascinato, ma letteralmente stregato. Molto era il merito della musica, ma non certo da meno ero la qualità della lettura registica, che era la ripresa di una celebre edizione del grande Jean-Pierre Ponnelle: uomo di teatro di straordinaria abilità, proprio con L'Italiana ha offerto una lettura che è diventata un classico, un autentico punto di riferimento. Vero punto di forza non sono solo le trovate sceniche originali o la spumeggiante e sempre misuratissima comicità, ma anche una chiarezza narrativa di puntualità strabiliante: l'aderenza alla linea della musica, infatti, è spontanea nello svolgimento della vicenda, resa con quello sguardo ironico e canzonatorio che è la pura sublimazione della genialità di Rossini.
Per questo io mi voglio ispirare a questa regia. Parlo di "ispirazione" e non di "ripresa" per un mio personale desiderio di voler – certo – omaggiare un allestimento "classico" del melodramma riprendendone molti aspetti, ma anche di rinnovarla con qualcosa di mio, per quanto alcune scelte rimarranno invariate rispetto all'originale.
Ecco un paio di esempi. Nella prima scena dell'opera – secondo il modello – il coro maschile si presenterà come un gruppo di pavidi eunuchi intenti al ricamo, immersi un clima dolciastro femminile, accanto a Zulma ed Elvira; l'irrompere in scena di Mustafà, quindi, saprà di terribile e spaventoso, ora come al suo primo apparire al Teatro alla Scala (era il 1973), ma la sua furia fuori luogo darà, oggi come allora, anche evidenti riverberi di comicità.
In alcuni punti, poi, la lezione del grande artista francese sarà solo un punto di partenza. Per la grande scena della prima aria di Mustafà (Delle donne l'arroganza), infatti, ho intenzione di mantenere l'ambientazione in un bagno turco; la voglio, però, caratterizzare in maniera diversa: per ironizzare sul fatuo maschilismo del Bey, lo mostrerò circondato da schiave che, massaggiandolo, gli fanno il solletico. Questo darà un senso "scenico" anche alla autentica cascata di agilità della scrittura vocale, che mi ha sempre ricordato una risata in musica.
Un aspetto che poi voglio aggiungere, disseminato in tutta l'opera, è l'evocazione di un colore locale. Per rendere questo tratto mi servirò di videoproiezioni che riprodurranno i grandi capolavori pittorici dell'Ottocento francese, che hanno come soggetti, appunto, l'ambiente turco: le tele di Eugène Delacroix, di Théodore Chassériau e di Jean-Auguste-Dominique Ingres, infatti, ci trasmettono un alone "oleografico" dell'immagine che, fin dal secolo XIX, noi riconosciamo come irrinunciabile a questo ambiente. Tra tutte le possibili risorse legate a queste immagini, ne voglio prediligere una in particolare: la vivacità quasi violenta dell'impatto cromatico, connaturato con l'ambiente moresco.
Oltre a questo, vorrei presentare un secondo aspetto: quello erotico, legato alla rappresentazione dei bagni turchi, caratterizzato dalla presenza del nudo femminile. Ne nascerà quella sottile, ma penetrante, seduzione esotica e sensuale che era connaturata alla visione – magari anche un po' favolistica – che si aveva del mondo orientale, ma che, ancora oggi, sentiamo come appropriata e molto evocativa.
Mentre rileggo queste righe ho una strana percezione. Dopo avere sinceramente dimostrato la mia totale ammirazione per la lettura di Ponnelle, decido di porre alcune modifiche con l'intento di migliorare quello che è un capolavoro. Mi dico che lo faccio per adeguarla ai miei mezzi o al pubblico che vedrà il mio lavoro, ma più ci penso e più mi sento un pazzo. Ma un pazzo inteso rossinianamente. Non penso sia un caso che il compositore stesso ed uno dei suoi massimi ammiratori ottocenteschi – Stendhal – leghino il tema dalla pazzia a quest'opera. Rossini, dopo la prima dell'opera (al Teatro San Benedetto di Venezia, 22 maggio 1813), stupito ed incredulo del successo, diceva: «Ora sono tranquillo, perché a quanto pare i veneziani sono più matti di me». Per il grande romanziere-melomane, invece, il finale primo aveva raggiunto il massimo livello compositivo possibile con la sua «follia organizzata e completa» («folie organisée et complète», da Vie de Rossini, 1823).
Ma allora io sono in perfetto clima?
(note di regia a cura del Prof. Valerio Lopane, regista e musicologo)
Per far rivivere questo "classico", il Circolo musicale Mayr-Donzietti – sapientemente indirizzato dalla competenza del direttore musicale Damiano Maria Carissoni – ha scelto giovani interpreti che rinnovassero la freschezza ed il ritmo di una musica che è già in sé spettacolo, selezionando artisti di riconosciuta solidità e professionalità e già ben conosciuti ed apprezzati dal pubblico.
Di particolare interesse la parte di Isabella – personaggio intraprendente ed estroverso quanto si vuole, ma capace anche di amore e tenerezza, costruita ad hoc da Rossini per Marietta Marcolini –vedrà il debutto sul nostro palcoscenico del vivace e spiritoso mezzosoprano Claudia Marchi, artista affermata e autorevole, alla quale è riservato l'impervio compito di fondere verve scenica e autorevolezza vocale in pagine irte di difficoltà interpretative. Si consegna alle ben note capacità del basso-cantante Luca Gallo la comicità intessuta nella scrittura vocale rossiniana di Mustafà, ricca di agilità e ragguardevoli richieste tecniche. A Livio Scarpellini, maestro di agilità e acuti, è affidato il ruolo da "tenore contraltino", di cui Lindoro – coniugando l'agilità vocale con il languore, l'abbandono e la grazia propria di un personaggio "serio" – è probabilmente il massimo esempio rossiniano. La parte caratterista e svettante di Elvira è affidata a un'autentica fuoriclasse del virtuosismo, il soprano Yuko Sakaguchi. Il mezzosoprano Angela Alessandra Notarnicola ed il basso Giovanni Guerini saranno chiamati a calibrare, con la loro capacità scenica da autentici "buffi", lo spessore comico di Zulma e Haly. Il carattere di Taddeo è una vera creazione innovativa di Rossini: comicità, lirismo e spigliatezza ne sono i cardini fondamentali e vi sarà impegnato il baritono Enrico Maria Marabelli, un esecutore provetto e sensibile tanto all'aspetto scenico quanto a quello vocale.
Il maestro del coro Ubaldo Composta ci mostrerà anche in questa occasione con quanta dedizione e cura avrà istruito il Coro Opera Ensemble in un'opera che richiede musicalità ed abilità teatrale.
Per rendere il giusto elemento visivo e coreografico al clima "turco" del serraglio di Mustafà, ritorna sul nostro palcoscenico, a quasi un anno di distanza, il Pavlova International Ballet Company con le coreografie curate da Svetlana Pavlova, alla cui professionalità è affidata la caratterizzazione di alcuni dei momenti più pregnanti dell'opera.
Impegnato questa volta in un'opera non di pieno repertorio, il concertatore al pianoforte Damiano Maria Carissoni avrà il compito di adeguare le sue indiscusse doti tecniche, particolarmente necessarie in un'opera a sfondo virtuosistico come questa, ad una lettura stilisticamente autorevole e teatralmente vitale.
La regia di Valerio Lopane, infine, vuole riallacciarsi alla non vastissima tradizione interpretativa dei grandi registi del '900, con il desiderio di fondere le varie esperienze in un amalgama scenicamente e drammaturgicamente rispettoso sia del dettato rossiniano sia del gusto attuale del pubblico.
Nessun commento:
Posta un commento