Giovedì 19 gennaio 2012_01_19 ore 20.30
Sabato 21 gennaio 2012_01_21 20.30
Charles Gounod
ROMÉO ET JULIETTE
Opera in cinque atti di su libretto di Jules Barbier e Michel Carré dalla tragedia Romeo and Juliet di William Shakespeare
Giulietta, figlia di Capuleto (soprano) - Serena Gamberoni
Romeo, figlio di Montecchio (tenore) - Jean-François Borras
Padre Lorenzo (basso)
Mercuzio, amico di Romeo (baritono)
Stefano, paggio di Romeo (mezzosoprano en travesti)
Padre di Juliette (basso)
Tebaldo, nipote di Donna Capuleti (tenore)
Gertrude, balia di Giulietta (mezzosoprano)
Paride (baritono)
Benvolio, amico di Romeo (tenore)
Gregorio, servitore dei Capuleti (baritono)
Padre Giovanni (basso)
Dame, cavalieri, servi di casa Montecchi e Capuleti, paggi
Regia Andrea Cigni
Direttore d’orchestra Michael Balke
BIGLIETTERIA
C.so Strada Nuova 136 - Pavia
Aperta dal lunedì al sabato dalle ore 11 alle 13 e dalle 17 alle 19
Aperta un’ora prima di ogni spettacolo Tel. 0382-371214
Sono previste liste d’attesa per la platea nelle serate di spettacolo
PREZZI
Da 55 euro (platea e palchi centrali) a 14 euro (posti in piedi non numerati).
Sono riconosciute riduzioni, oltre che di legge, anche per le scuole e gli studenti universitari.
Tutti i prezzi sono pubblicati sul sito www.teatrofraschini.org
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Nuovo allestimento di Teatro Verdi di Pisa, Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Sociale di Rovigo, Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento.Coproduzione dei Teatri del Circuito Lirico Lombardo Teatro Fraschini di Pavia, Teatro Grande di Brescia, Teatro Ponchielli di Cremona, Teatro Sociale di Como – As.Li.Co.
Si conclude la Stagione lirica del Fraschini con il Romeo e Giulietta nella versione operistica di Charles Goundod, celebre per il suo faust, tratto quello dal un classico delle letteratura tedesca da Goethe, tratto questo dall'altrettanto se non più celebre testo teatrale dell'immenso Billy, ovvero William Shakespeare. Un'opera che offre alla protagonista femminile alcune pagine di bravura molto spesso presenti nel programma di recital, ma l'opera nella sua completezza sta riscuotendo solo in questi ultimi anni un nuovo successo, come nelle edizione delle scorse stagioni al Teatro Coccia di Novara con una formidabile Giulietta interpretata da Linda Campanella.
"Gli innamorati di Verona, che già avevano affascinato musicisti come Bellini e Berlioz, ispirano anche il compositore francese Charles Gounod, che infonde all’opera un indiscusso lirismo. Protagonisti il giovane tenore lirico francese Jean-François Borras e Serena Gamberoni vincitrice del concorso Aslico 2004, oggi affermata interprete. Andrea Cigni, laureato al Dams di Bologna, docente al Pareggiato Monteverdi di Cremona, dopo aver firmato opere di successo e aver diretto la scorsa stagione la Traviata, si cimenta in questa produzione.
Michail Balke, giovane dirttore tedesco, si è formato al fianco di direttori quali Riccardo Frizza e Zubin Mehta."
NOTE A CURA delle musicologa MARIA TERESA DELLABORRA
Nel 1865 durante un soggiorno a Saint Raphäel, nel sud della Francia, Gounod riprese il libretto di Roméo et Juliette del quale era rimasto già colpito qualche tempo prima durante un viaggio in Italia, e nel giro di pochi mesi lo completò. Riuscì tuttavia a farlo rappresentare solo due anni dopo al Théâtre Lyrique Impérial du Châtelet di Parigi e, malgrado qualche critica, conseguì il primo, vero successo incontrastato. Dopo quella data riprese ripetutamente la partitura per modificarne alcune sezioni e nel 1888 ne approntò una nuova versione, introducendo il balletto del corteo nuziale e l'epitalamio nella scena del matrimonio. Di solito in tale veste l’opera viene attualmente rappresentata.
La storia shakespeariana, che aveva già affascinato Bellini e Vaccaj, fu adattata piuttosto fedelmente alle scene francesi dai due librettisti Barbier e Carré (che per Gounod avevano già steso il libretto di Faust) che decisero di includere una «ouverture prologue avec choeur», una parte simbolica per Paris e un assolo (ballade) alla Queen Mab per Mercuzio, dando vita per la prima volta a una tragedie lyrique simile, pur rigorosamente rispettosa della tradizione, in cinque atti e interamente cantata. Tuttavia, concentrando l’attenzione sugli amanti negli atti II, IV e V e accelerando la successione degli eventi, il testo non permette di cogliere a fondo alcuni passaggi cruciali della storia. Quando, ad esempio, verso la fine, Romeo arriva alla cripta dei Capuleti, non si comprende come e perché; parimenti si ignora che le due famiglie rivali si sono riconciliate; il momento dell’assunzione della pozione da parte di Juliette o del veleno da parte di Roméo non riproduce lo stesso clima tensivo di Shakespeare, eppure la musica riesce a superare queste incongruenze e a rendere comunque logico e comprensibile lo stato d’animo dei protagonisti. Da un punto di vista formale l’opera è strutturata in modo ortodosso: momenti solistici ben congeniati (valga per tutti il caso della celeberrima ariette di Juliette «Je veux vivre» che ha fatto la fortuna di molte cantanti) e ampi finali d’atto concertati; audace invece è l’ambiente armonico, che riserva affascinanti sorprese soprattutto negli idilli amorosi, come pure il richiamo di intere sezioni musicali, che aiutano a comprendere collegamenti sottili, talora nascosti, tra i vari personaggi. Ad esempio la cavatina di Romeo del II atto rimanda direttamente alla scena del balcone, sapientemente costruita come una serie di dialoghi e di piccoli assoli che culminano in due strofe ripetute ed eseguite insieme dagli amanti, che si scambiano i loro addii attraverso una successione liberamente articolata, conclusa dal solitario commiato di Romeo. Anche nel V atto molti brani cantati da Roméo e Juliette appaiono reminiscenze musicali o sono accomunati da ricordi simili: «Sois beni» era presente nel III atto; «Non, ce n’est pas le jour», si è ascoltato nel IV atto come anche il tema del bacio che segue il precedente. Il tema degli «Anges du ciel», che inizia e conclude la scena I dell’atto IV, è invece una trasformazione di «Le sommeil de Juliette» all’inizio dell’atto V. Parimenti la scena della morte è un collage di ricordi assemblati con coerenza e perizia e si concretizza senza ampollosità e le consuete prolissità del genere operistico. Probabilmente risiede in questo aspetto la novità più importante dell’opera di Gounod: l’aver trovato il registro emotivo intimo per presentare in modo diretto, semplice, toccante, emozionante la storia dei due innamorati che, secondo Jules Massenet, danno costantemente l’impressione di cantare solo per se stessi, a tal punto che il pubblico, ascoltandoli, è tentato di ritenersi indiscreto, temendo di sorprendere un’effusione lirica che non lo riguardi. È quasi intenerito dal lirismo inalterato, dalle delicate sfumature dell’orchestra, dalla sapiente scrittura armonica che forse, come ha sintetizzato il critico-compositore Alfred Bruneau, Gounod riesce a creare fondendo il suo linguaggio leggero con la «pura semplicità di Mozart» e la «poesia tormentata di Schumann».
L’appropriazione delle idee di diversi autori - dai due appena citati, ma più ancora da Meyerbeer e da Wagner - genera un prodotto nuovo che ha la forza di contrapporsi – anzi ne sembra quasi la risposta – al wagnerismo dirompente sulla scena francese e afferma con forza la necessità che l’opera dell’artista non necessariamente sia una rappresentazione della realtà, ma sia bella e fecondata da intuizioni che il compositore sente sempre più proprie, auspicabilmente in linea con le opinioni del pubblico.
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