Domenica 14 settembre 2014_09_14, ore 20.00
Milano, Teatro alla Scala
Concerto straordinario
in collaborazione con il Teatro alla Scala
Piotr Iliic Tchaikovsky (1840 – 1893)
Marcia slava op. 31
Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in Sol maggiore op. 44 (versione Siloti)
Sinfonia n. 5 in Mi minore op. 64
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Pianoforte Giuseppe Andaloro
Direttore Zhang Xian
LaVerdi torna al Teatro alla Scala di Milano con il tradizionale concerto che precede l’apertura ufficiale della nuova stagione.
Sul podio del Piermarini, il Maestro Zhang Xian - per la sesta stagione consecutiva Direttore Musicale dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi - presenterà un programma interamente dedicato a Pëtr Il’ic Cajkovskij che non sarà lo stesso del concerto che successivamente aprirà la Stagione nella sede di residenza dell'Auditorium
Ad accompagnare laVerdi nell’esecuzione del secondo brano in programma, il pianista Giuseppe Andaloro, al debutto con l’Orchestra di largo Mahler.
Biglietti da 85.00 a 14.00 euro; per informazioni e prenotazioni: 02.83389401/2/3 www.laverdi.org
Programma (testi a cura di Francesco Attardi)
Piotr Iliic Tchaikovsky (1840 – 1893)
Marcia slava op. 31
Fu la crisi dei Balcani del 1875, con i tumulti in Bosnia ed Erzegovina contro i Turchi e la guerra serbo-turca tra popoli slavi e impero ottomano, l’occasione storica che diede origine alla Marche Slave op. 31 (il titolo è in francese), uno dei brani più popolari di Cajkovskij. Con l’entrata in guerra della Russia nel 1876, la Società Musicale Russa volle commissionare all’ormai celebre compositore, attraverso l’autorevole figura di Nicolai Rubinstein, una musica che esaltasse il patriottismo e i valori russi per un concerto in aiuto della Croce Rossa e a beneficio dei soldati feriti. Eseguita per la prima volta il 17 novembre 1876 sotto la direzione dello stesso Rubinstein, la marcia è pervasa da un forte impronta patriottica e susciterà l’entusiasmo del pubblico, dando la carica ai russi nell’aiutare i fratelli serbi contro l’impero ottomano.
Se una stolida superstizione vuole che la Sinfonia Patetica non porti buono, possiamo affermare viceversa che questa Marcia slava, trasformando la disperazione in vittoria e profetizzando il trionfo dei popoli slavi sulla tirannia, fu positivamente benaugurale e presaga dell’esito felice della guerra, che si concluderà due anni più tardi con la vittoria della coalizione serbo-russa, dando un nuovo assetto all’Europa dell’Est e uno sbocco sul Mediterraneo alla grande madre Russia.
Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in Sol maggiore op. 44 (versione Siloti)
Il secondo movimento contiene assoli importanti per violino e violoncello, rendendo il lavoro a tutti gli effetti un concerto per trio con pianoforte e orchestra. Nella edizione popolarmente eseguita di Alexander Siloti che ha rimosso grandi sezioni di lavoro, comprese questi assoli.
Siloti inizialmente aveva proposto questa serie di modifiche alla partitura, ma Tchaikovsky si era opposto a queste idee. Col passare del tempo, però, Tchaikovsky accettò alcune modifiche. Tuttavia Siloti pubblica nel 1897, quattro anni dopo la morte di Tchaikovsky, la propria versione inclusi tagli e trasposizioni con cui Tchaikovsky aveva fortemente in disaccordo. Tuttavia, la versione Siloti divenne la versione standard per molti anni.Da segnalare anche il grado di separazione tra orchestra e solista, soprattutto nel movimento di apertura. Tchaikovsky aveva detto al suo amico Hermann Laroche molti anni prima che non avrebbe mai scritto un concerto per pianoforte perché non poteva tollerare il suono del pianoforte e della orchestra suonando insieme. Anche se ha gestito questo rapporto abbastanza bene nel Primo Concerto per pianoforte, Tchaikovsky avrebbe sempre più inframmezzato passaggi simili a Cadenza per il solista nei movimenti delle sue ultime opere per pianoforte e orchestra.
Per gli ascoltatori che cercano di orientarsi attraverso questo concerto, queste Cadenza, con il loro brusco passaggio tra pianoforte e strumenti a supporto, si riconoscono facilmente. [ traduzione dall'inglese mm]
Per una sorta di imperscrutabile fato, ma anche di un’inerzia delle società orchestrali preoccupate sin dall’Ottocento dai parametri della cosiddetta “audience”, alcuni pregevoli (capo)lavori sono rimasti pressoché dimenticati e mai entrati a far parte del grande repertorio. Di questo bizzarro destino fa parte il Secondo concerto in Sol maggiore op. 44 di Cajkovskij, schiacciato dalla notorietà strabordante del Concerto n.1 in Si bemolle minore ma non meno felice in quanto a originalità, virtuosismo e tensione emotiva.
Siloti inizialmente aveva proposto questa serie di modifiche alla partitura, ma Tchaikovsky si era opposto a queste idee. Col passare del tempo, però, Tchaikovsky accettò alcune modifiche. Tuttavia Siloti pubblica nel 1897, quattro anni dopo la morte di Tchaikovsky, la propria versione inclusi tagli e trasposizioni con cui Tchaikovsky aveva fortemente in disaccordo. Tuttavia, la versione Siloti divenne la versione standard per molti anni.Da segnalare anche il grado di separazione tra orchestra e solista, soprattutto nel movimento di apertura. Tchaikovsky aveva detto al suo amico Hermann Laroche molti anni prima che non avrebbe mai scritto un concerto per pianoforte perché non poteva tollerare il suono del pianoforte e della orchestra suonando insieme. Anche se ha gestito questo rapporto abbastanza bene nel Primo Concerto per pianoforte, Tchaikovsky avrebbe sempre più inframmezzato passaggi simili a Cadenza per il solista nei movimenti delle sue ultime opere per pianoforte e orchestra.
Per gli ascoltatori che cercano di orientarsi attraverso questo concerto, queste Cadenza, con il loro brusco passaggio tra pianoforte e strumenti a supporto, si riconoscono facilmente. [ traduzione dall'inglese mm]
Nikolai Rubinstein, dopo le severe critiche mosse al Primo, si ricredette sul valore di quell’opera, divenendone eccellente interprete e accrescendone la popolarità, ed è per questo che Cajkovskij, quasi per ricambiare, gli dedicò il suo secondo concerto pianistico.
Composto rapidamente nel corso del 1879, nel marzo successivo il concerto era già ultimato compresa l’orchestrazione. Per Cajkovskij, critico implacabile di se stesso, è una delle poche proprie composizioni che lo appaghino totalmente, ritenendolo perfetto. Le osservazioni di Rubinstein non tardarono a venire, ora molto più caute, e riguardarono il rapporto del solista con l’orchestra, secondo lui troppo “episodico”, aggiungendo però che forse si sbagliava. Critiche che non turbarono stavolta il Compositore, che un anno dopo, nel marzo del 1881, rimase annichilito dalla morte improvvisa di Nicolai, tanto da lasciare immediatamente Parigi per partecipare ai funerali. Fu questo motivo a differire l’esecuzione in patria di questo splendido concerto, il più virtuosistico dei tre scritti dal compositore: sepolto Rubinstein, che senz’altro gli avrebbe dato duratura fama come era avvenuto per il Primo, questo lavoro ebbe vita alquanto travagliata, a cominciare dalla sua prima esecuzione che non avvenne in Russia, bensì negli Stati Uniti, dove la New York Philarmonic diretta da Theodore Thomas lo eseguì il 12 novembre 1881, pianista Madeline Schiller. La prima in Russia si avrà solo nel maggio 1882 con al piano Sergei Taneyev, allievo di Cajkovskij, sotto la direzione di Anton Rubinstein, fratello del defunto Nicolai.
Sinfonia n. 5 in Mi minore op. 64
Composta fra il maggio e l’agosto 1888, La Sinfonia n. 5 in Mi minore op. 64 fu eseguita per la prima volta a San Pietroburgo al Teatro Mariinsky nel novembre di quell’anno, sotto la direzione dell’Autore. Similmente alla Quarta, è una sinfonia ciclica, ovvero presenta un tema principale (nel suo celebre esordio esposto dal clarinetto nel registro grave), che ritorna negli altri movimenti e che identifichiamo come tema del destino, un fato cui fa cenno lo stesso compositore nel suo diario il 15 aprile 1888. Dal carattere funebre dell’inizio il tema si trasformerà nell’ultimo tempo in una sorta di marcia trionfale, secondo il paradigma per aspera ad astra, che dalla Quinta sinfonia di Beethoven sarà caro ai grandi sinfonisti tardo romantici, soprattutto a Mahler, volgendo in anelito di vita i presupposti cupi e funerei degli esordi: un ottimismo che non troveremo più nella Sesta, la Sinfonia Patetica, che con il celebre Adagio lamentoso concluderà la parabola artistica e la vita stessa del Compositore.
Scritta nei quattro movimenti tradizionali, la Quinta non ebbe da principio particolare fortuna, tanto che, dopo la seconda esecuzione, in un momento di tetro pessimismo, il compositore stesso ebbe a dire “Sono giunto alla conclusione che si tratta di un fallimento”.
Fu durante la seconda Guerra mondiale che essa venne rivalutata, divenendo celebre: eseguita e diffusa dalla Filarmonica di Leningrado durante l’assedio dell’ottobre 1941 e da Radio Londra, essa simboleggiò in quei momenti terribili la “vittoria finale attraverso la sofferenza e il conflitto”. Oggi la Quinta - una delle sinfonie più amate e universalmente note - ha smentito i timori del suo artefice come quelli della critica più retriva. Cajkovskij, grande musicista tragico che si affaccia sugli abissi dell’animo umano, è qui inarrivabile poeta, come dimostrano i tempi di mezzo - l’Andante cantabile con alcuna licenza e la Valse - nonché uno dei più grandi orchestratori della storia.
Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi www.laverdi.org