diretta da CRISTIAN MANDEAL
al pianoforte RADU LUPU.
Programma:
Ludwing van Beethoven, Egmont, Ouverture in fa minore op. 84
Ludwing van Beethoven, Concerto n. 3 in do minore op. 37 per pianoforte e orchestra Hector Berlioz, Symphonie fantastique op. 14
FILARMONICA GEORGE ENESCU
Nel 1868 fu fondata la Società Filarmonica Romena, che in seguito prese il nome di Filarmonica George Enescu, la più prestigiosa istituzione musicale in Romania. All'epoca la Società Filarmonica era diretta da Eduard Wachman, che ambiva a creare una orchestra sinfonica stabile, in grado di promuovere la cultura musicale e divulgare il grande repertorio classico. Dall'inaugurazione del Palazzo dell'Athenaeum Romeno, il 5 marzo 1889, i concerti dell'orchestra
furono ospitati in quella sala, che ben presto divenne la sede della Filarmonica ed un simbolo della città di Bucarest. Durante la gestione di George Enescu , che ebbe inzio nel 1920, il repertorio si modernizzò e la Filarmonica entrò a far parte del mondo musicale internazionale. L'orchestra realizzò la sua prima tournée all'estero e in patria collaborò con direttori e solisti quali Jacques Thibaud, Pablo Casals, Igor Stravinsi, Enrico Mainardi, Alfred Cortot, Maurice Ravel, Richard Strauss, Herbert von Karajan, ecc.
Al termine della guerra la Filarmonica estese la sua attività; venne fondato il coro accademico e si formarono diversi complessi cameristici. Alla morte di George Enescu, nel 1955, la Filarmonica ne prese il nome.
L'orchestra continua a collaborare con grandi personalità musicali, tra cui Georges Pretre, Ghenadi Rojdestwenski, Zubin Mehta, Shura Cherkassky, Aldo Ciccolini, Alicia de Larrocha, Radu Lupu.
Attualmente Cristian Mandeal è direttore stabile e general manager dell'orchestra in precedenza diretta da Constantin Silvestri, Mircea Basarab, Dumitru Capoianu, Ion Voicu e Mihai Brediceanu e Nicolae Licaret ricopre il suolo di direttore artistico.
CRISTIAN MANDEAL, direttore d'orchestra
C. Mandeal, direttore stabile e general manager della Filarmonica Goerge Enescu di Bucarest dal 1991, ha diretto nei quattro continenti, in 32 paesi e 25 capitali. Ha iniziato la carriera dirigendo le orchestre a Targu Mures, Cluj e Bucarest, affermandosi in breve tempo.
Quale direttore stabile della Filarmonica George Enescu di Bucarest , ha portato l'orchestra, la più importante della Romania, in oltre 20 paesi, dal Protogallo al Giappone, alla Corea del Sud a Singapore. Cristian Mandeal è anche direttore artistico della Orchestra Sinfonica Euskadi in Spagna e dal 2005 è Principale Direttore Ospite della Hallé Orchestra di Manchester. Fino all'estate del 2002 fu Direttore Artistico della Sinfonica di Haifa in Israele e fino all'inverno del 2003 fu Direttore in Residenza dell'Orchestra Haydn. Fu anche Direttore Artistico del Festival e Concorso Internazionale George Enescu nel 2001 e nel 2003.
Nato nel 1946, Cristian Mandeal studiò pianoforte, composizione e direzione d'orchestra a Brasov e Bucarest, prese parte a corsi di perfezionamento tenuti da Herbert von Karajan a Berlino e da Sergiu Celibidache a Monaco. Fino al 1990 la sua carriera internazionale si svolse
principalmente nell'Europa dell'Est, ma dopo gli eventi politici del 1989 le sue prestazioni artistiche nell'Europa Occidentale sono divenute sempre più frequenti. Mandeal ha diretto orchestre di grande prestigio ( Staatskapelle di Dresda, Royal Liverpool Symphony, RIAS di Berlino, Israel Philharmonic, City of Birmingham Symphony Orchestra, Orchestra di S. Cecilia, ecc.) nel mondo intero, con importanti solisti ospiti.
C. Mandeal ha un vasto repertorio. Ha diretto l'opera Stifelio di Verdi all'Opera di Stato di Vienna ed ha realizzato numerose incisioni, tra cui tutte le Sinfonie di Bruckner con l'Orchestra Filarmonica della Transilvania a Cluj per l' Electrola Romena; tutte le Sinfonie e le opere sinfoniche per orchestra e voci di Brahms in 9 CDs e tutte le composizioni sinfoniche di G. Enescu, con la Filarmonica G. Enescu, per Arte Nova. Per l'etichetta Claves, a capo della Sinfonica Euskadi, Mandeal ha realizzato alcuni CDs con musiche di compositori Baschi.
Cristian Mandeal è un infaticabile promotore della musica di George Enescu, che ha diretto nel mondo intero. Al capolavoro del grande compositore romeno, Oedipe, Cristian Mandeal ha riservato uno spazio privilegiato: lo ha diretto all'Opera Nazionale Romena di Bucarest, alla Deutsche Oper di Berlino e al Teatro Lirico di Cagliari (prima italiana) oltre che in una versione concertistica al Festival Internazionale di Edimburgo, prima esecuzione nel Regno Unito.
RADU LUPU, pianoforte
Nato in Romania ed ha iniziato gli studi di pianoforte all'età di 6 anni, con Lia Busuioceanu, debuttando in pubblico a soli 12 anni con un programma completo di musiche da lui stesso composte. Per diversi anni continuò gli studi con Florica Muzicescu e Cella Delavranca finché, nel 1961, vinse una borsa di studio per il Conservatorio di Mosca, dove studiò con Galina Eghyazarova, Heinrich Neuhaus e, più tardi, con Stanisalv Neuhaus. Vincitore di tre importanti concorsi, il Van Cliburn 1966, l'Enescu International 1967 ed il Concorso di Leeds 1969, riceveva nel 1989 il prestigioso premio "Abbiati", assegnato dall'Associazione dei Critici italiani.
Radu Lupu suona regolarmente con le più importanti orchestre internazionali, inclusi i Berliner Philharmoniker, con cui , nel 1978, fece il suo debutto al Festival di Salisburgo, sotto la direzione di Herber von Karajan, i Filarmonici di Vienna ,con cui inaugurò il Festival di Salisburgo 1986 sotto la direzione di Riccardo Muti, la Royal Concertgebouw Orchestra , le maggiori orchestre londinesi e tutte le grandi orchestre americane. I suoi primi importanti concerti negli Stati Uniti ebbero luogo nel 1972 con la Cleveland Orchestra diretta da Daniel Barenboim a New York e con la Chicago Symphony Orchestra diretta da Carlo Maria Giulini. E' stato ospite di tutti i più importanti festivals musicali ed ospite regolare dei Festivals di Salisburgo e di Lucerna.
Nel 2006 Radu Lupu ha ricevuto il Premio Arturo Bendetti Michelangeli e, per la seconda volta, il Premio Abbiati, per le sue interpretazioni di Schumann.
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Note a cura di Mariateresa Dellaborra
Tra il 1809 e il 1810 Ludwig van Beethoven compose la musica di scena per tre lavori teatrali tra cui l'Egmont di Goethe op. 84. La storia dell'aristocratico fiammingo arrestato e condannato a morte dagli Spagnoli aveva toccato profondamente il compositore che sentiva fortemente e condivideva gli ideali di liberazione nazionale e di libertà umana. In questo caso, poi, l'argomento era ancora più toccante perché la vittoria non era raggiunta grazie a un deus ex machina, ma attraverso il sacrificio della vita. Molti storici credono di vedere nell'ouverture un documento biografico perché partono dall'idea che la chiusa, la cosiddetta Sinfonia della vittoria, sia espressione di un'utopia concreta con cui Beethoven si identificava. Ma l'interpretazione è riduttiva e la composizione andrebbe invece considerata nella sua totalità, sottolineando soprattutto il grandioso sviluppo sinfonico all'interno di una struttura regolare - formata da un'introduzione lenta, un Allegro in forma sonata e una grande coda - e la natura marcatamente operistica, più evidente che in qualunque altra ouverture.
Il terzo concerto per pianoforte e orchestra op. 37 fu inserito, insieme alla prima sinfonia e al settimino, nel primo programma di musiche interamente beethoveniane. Ciò accadde al Burgtheater di Vienna nella primavera del 1800 e servì a consolidare la fama dell'autore presso il grande pubblico e non solo presso la cerchia degli aristocratici. Se la forma, il materiale tematico e gli sviluppi rimangono tradizionali, la scelta della tonalità minore è assai personale e connota il desiderio di Beethoven di esprimere la drammaticità e qualcosa che andasse ben oltre uno spirito o una ricercatezza puramente esteriori. Scompare la tecnica fine a se stessa e l'elemento virtuosistico, pure accentuato, diventa mezzo e veicolo dell'espressione, gettando le basi per il concerto classico-romantico del xix secolo. La compenetrazione sinfonica dello strumento e dell'orchestra è evidente fin dall'introduzione al primo movimento che contiene i principali elementi sviluppati nel seguito. Una formula ritmica costante sostiene le diverse sezioni sino a diventare incalzante verso la conclusione quando il pianoforte termina con lo stesso passaggio cadenzante dell'inizio. Il Largo lascia molto margine al solista che declama, alternandosi con l'orchestra, un tema ampio e sereno. Il brillante Rondò finale è dominato da un gioioso clima in cui si staglia un episodio fugato e una serie di 'sorprese' soprattutto di natura ritmico-metrica in prossimità di ripresa e coda conclusiva.
L'imponente partitura della Symphonie fantastique cominciò ad essere vergata nel 1828 e completata nel 1830 per essere eseguita il 5 dicembre al conservatorio di Parigi. Il suo autore, Hector Berlioz (1803-1869), pubblicò il "programma" dell'opera, così come aveva fatto ma con tutt'altro intendimento - Beethoven nel presentare la sua sesta sinfonia "Pastorale". La musica prende spunto dall'episodio reale di un giovane artista che, respinto dall'amata, si avvelena con l'oppio e cade in un pesante sopore nel quale identifica la donna amata con una "melodia-idea fissa" che apparirà in tutta l'opera e nelle situazioni più diverse, quasi sempre identica a se stessa. Nel primo movimento (Sogni, passioni) il giovane ricorda dapprima i momenti felici e tranquilli vissuti prima di conoscere la donna, quindi la passione violenta, le angosce, le tenerezze e la crisi religiosa. Nel secondo tempo (Un ballo) l'amata gli appare radiosa durante una festa e nella scena successiva (Scena campestre), ascoltando due pastori che intonano un ranz de vaches e le foglie stormiscono, il giovane vive un momento di calma interrotto per un attimo dall'apparire dell'idea fissa. Nel quarto movimento (Marcia al supplizio) il clima cambia totalmente e l'uomo sogna di aver ucciso l'amata e di essere condannato a morte. Si avvia accompagnato da una marcia funebre e quindi, prima che la mannaia lo decapiti, lancia un ultimo fugace pensiero d'amore. Sogni di una notte di Sabba descrive infine il giovane in mezzo a una folla d'ombre e di streghe; l'amata riappare in una maschera grottesca e anch'essa è inghiottita dall'orgia infernale mentre da lontano rintoccano le campane del dies irae. Conoscendo questo programma, si comprendono le ragioni che giustificano certe rivoluzionarie soluzioni musicali quali effetti parodistici, violenze sonore, particolari ricerche timbriche presenti soprattutto nei due ultimi movimenti. Il primo tempo inizia con un ampio Largo dominato da una delicata atmosfera che progressivamente si accende sino ad esplodere in un fortissimo che introduce l'Allegro agitato e appassionato assai dal quale affiora "l'idea fissa", composta da Berlioz molti anni prima. Questo tema si presta a una serie di sviluppi all'interno di una struttura di forma sonata. Il tempo successivo riveste il ruolo dello Scherzo. È una Valse, Allegro non troppo dal gusto salottiero, che ben si presta a forzature grottesche di orchestrazione, e altrettanto efficacemente contrasta con il Trio all'interno del quale emerge "l'idea fissa". Il terzo momento, Adagio, rivela una sapiente strumentazione con oboe e corno inglese in primo piano e rappresenta una tregua, una parentesi rasserenata, un momento di tenerezza e di fragili speranze, talora turbati da pensieri tormentosi. La Marcia al supplizio, che all'epoca apparve rivoluzionaria e sbalorditiva, introduce un'infinità di procedimenti orchestrali nuovi finalizzati alla descrizione, ma tesi a rivendicare nel contempo un ruolo e un valore autonomo: il lugubre suono dei timpani, le frasi spezzate fra gruppi di strumenti diversi, l'effetto macabro del fagotto, l'agghiacciante rullo dei tamburi e dei timpani che segue la rapida riapparizione "dell'idea fissa" e del colpo di mannaia. Altrettanto geniale l'ultimo movimento con un tripudio di trovate strumentali (a cominciare dall'entrata del clarinetto piccolo che deforma "l'idea fissa") che sono esse stesse invenzione musicale. Questa sinfonia, romantica di concezione e di forma, classica in quanto a linguaggio, riveste dunque un interesse specificamente musicale, indipendente da qualsiasi intervento drammatico, che comunque è alla base della concezione e della costruzione del suo essere. Essa avvia altresì un nuovo genere di poema sinfonico, diverso da quello ideato da Liszt, e vi immette anche l'idea della ciclicità.