STAGIONE 2020-2021
EN ATTENDANT…
Siamo diversi da quelli che eravamo prima del Covid 19, ma una cosa non è cambiata: come Teatro non vediamo l’ora di tornare dal vivo! Lo facciamo cominciando questa insolita stagione con quattro spettacoli di grande valore, che parlano di questi strani tempi, della vita di tutti noi e della nostra Milano, una città che stava vivendo una primavera culturale, economica e sociale e che dopo questa tremenda mazzata potrà riprendersi solo facendo appello alla sua proverbiale laboriosità, alla sua tenacia e al suo grande coraggio.
Mentre aspettiamo di scoprire che cosa ci riserva il futuro, non resteremo con le mani in mano: forse una mossa azzardata, ma d’altra parte, Si nasce tutti pazzi. Alcuni lo restano.”
Questa prima parte della Stagione 2020/21 del Teatro della Cooperativa, 4 spettacoli, di cui 3 in prima nazionale, per 29 alzate di sipario, nasce dall’urgenza non solo di tornare finalmente all’emozione dello spettacolo dal vivo all’interno della propria sala, ma anche dall’esigenza di trasformare un periodo buio in una fase di riflessione e di ricerca per provare a riprogettare il nostro futuro in modo innovativo, con un pizzico di leggerezza e con uno sguardo alle sensibilità del mondo contemporaneo, inevitabilmente cambiato dopo il lockdown. Idea condivisa da molti altri artisti del nostro panorama teatrale, tra cui Massimiliano Speziani, che a sua volta si era rivolto alle persone a lui più vicine, proponendo quindici minuti al giorno di poesie o piccoli pezzi teatrali dal balcone della sua finestra, in un appuntamento quotidiano, destinato ai vicini di casa, in cui a contare non erano i numeri, ma la qualità della relazione. Da questa visione condivisa si avvia la prima parte della stagione, che vedrà accendersi i riflettori sul palco di Via Hermada dal 23 ottobre al 1° novembre con Nessun miracolo a Milano, scritto da Renato Gabrielli. Lo spettacolo, presentato in prima nazionale, vede Massimiliano Speziani nel doppio ruolo di attore e regista per raccontare una favola malinconica e lucida, nata appunto durante il lockdown, che vuole portare in scena il problematico, doloroso passaggio di testimone da una generazione, che ancora credeva nel potere trasformativo della fantasia, dello spettacolo, dell’arte, a una generazione che riesce solo ad averne nostalgia.
Il rapporto con Milano, con il territorio e, ancora più nello specifico, con il quartiere di Niguarda sono da sempre un elemento importante per la storia del Teatro della Cooperativa, che influenza inevitabilmente le scelte e la programmazione delle stagioni. Con Teatro nei cortili, la rassegna estiva appena conclusa, il teatro ha ripreso un filo lasciato sospeso, che gli ha permesso di stringere ancora di più il rapporto con il territorio che lo ospita. Per cui non potevano mancare i Duperdu, Marta Marangoni e Fabio Wolf, che proporranno il loro nuovo spettacolo, Melodramma Ecologico, dal 6 al 15 novembre in prima nazionale. Lo spettacolo si avvale della drammaturgia di Federica Di Rosa e della partecipazione straordinaria in video di Raul Cremona. Un gioco teatrale e musicale intorno ai temi dell’ecologia e del rapporto uomo/natura, tra liriche ispirate e contraddizioni del quotidiano, tra idealizzazione della Natura e tentativi di sopravvivenza.
Allo stesso modo, dal 17 al 22 novembre, Bartleby, coproduzione Teatro Invito e Teatro della Cooperativa, con la regia di Renato Sarti, porta in scena un romanzo solo apparentemente datato per parlare del presente. Partendo da un testo poco noto di Herman Melville, Bartleby lo scrivano, racconta di un giovane che si rifiuta di svolgere le mansioni lavorative che il suo principale gli affida, finendo a poco a poco col rifiutarsi di fare alcunché, accompagnando ogni diniego con il suo celebre «preferirei di no». Il desiderio di Bartleby di affrancarsi dalla schiavitù del lavoro, lo rende un personaggio attuale e, allo stesso tempo, un antesignano di un quanto mai radicale distanziamento sociale, portato fino alle più estreme conseguenze.
L’ombra della pandemia, il latrare ininterrotto delle sirene che ci è rimasto dentro e le riflessioni conseguenti, che sono scaturite da questi mesi, sono difficili da scrollarsi di dosso, in particolar modo a Niguarda, non solo per la vicinanza all’Ospedale Maggiore, ma anche perché è stato uno dei quartieri più colpiti di Milano dal Covid 19. Chiude la prima parte della stagione La disperanza, il nuovo spettacolo di Giulio Cavalli, che lo vede in scena, dal 24 al 29 novembre, accompagnato dalla fisarmonica di Guido Baldoni. La disperanza non è disperazione, disperazione è una manifestazione incontrollata di tristezza e di rabbia, un crollo verticale, che presume una soluzione implosiva o esplosiva, un sentimento insostenibile sul lungo periodo, che porta alla rinascita o alla frantumazione. La disperanza, invece, ha un significato più tenue, ma cronico, qualcosa che insopportabilmente diventa sopportabile per lunghi periodi, uno status che può rimanere appiccicato anche per vite intere. Giulio Cavalli, a partire dalla propria esperienza personale, affronta a cuore aperto un fenomeno unico del nostro tempo, diffuso più di quanto si creda e che la situazione di isolamento derivata dal lockdown e dalle limitazioni che ne sono conseguite non ha fatto che accentuare. Ma l’autore non si arrende e propone al suo pubblico una cassetta degli attrezzi per continuare a sperare.
NOTE SUI SINGOLI SPETTACOLI
NESSUN MIRACOLO A MILANO
prima nazionale
testo di Renato Gabrielli
diretto e interpretato da Massimiliano Speziani
spazio a cura di Luigi Mattiaz
A Milano, in un futuro non molto lontano, davanti alle rovine di un centro per l’arte contemporanea, Ferdy, un inquieto uomo di mezz’età, intrattiene un gruppo di bambini nell’attesa dell’improbabile ritorno dal cielo, a cavallo di una scopa, di un suo amico e mentore di tanti anni fa. Quell’amico si chiama Totò, proprio come il protagonista di Miracolo a Milano di Cesare Zavattini e Vittorio De Sica. Ma la storia che Ferdy ricorda, o forse inventa lì per lì, è completamente diversa da quella del film.
È la storia del problematico, doloroso passaggio di testimone da una generazione, che ancora credeva nel potere trasformativo della fantasia, dello spettacolo, dell’arte, a una generazione che riesce solo ad averne nostalgia. Nel rievocare le antiche imprese di questo Totò – non sempre buono nella sua strenua opposizione ai detentori della ricchezza e del potere – Ferdy manifesta davanti al pubblico la propria inadeguatezza, a tratti penosa, a tratti buffa, a raccoglierne l’eredità. Straordinario uomo di spettacolo, Totò sapeva divertire e incantare grandi e piccini (tra cui lo stesso Ferdy) con gag all’apparenza ingenue e vecchi trucchi artigianali. Trucchi – non miracoli. Perché i miracoli non esistono, non sono mai esistiti, tanto meno a Milano.
Scritto di getto da Renato Gabrielli durante il lockdown milanese per Massimiliano Speziani, che ha cominciato a metterlo in prova già nello stesso periodo, davanti ai condomini riuniti (a regolamentare distanza) nel cortile di casa sua, in via Settembrini 47, Nessun miracolo a Milano reagisce all’oscura incertezza del nostro presente con una favola malinconica e lucida, mai disperata.
MELODRAMMA ECOLOGICO
prima nazionale
di e con Duperdu (Marta M. Marangoni e Fabio Wolf)
con Plinio e Dalia Wolf per la prima volta in video
drammaturgia Federica Di Rosa
regia, spazio scenico e costumi Marta M. Marangoni
musiche e canzoni originali Fabio Wolf
ambienti sonori Michele Tadini e Roberto Dani (RAM)
produzione Teatro della Cooperativa in collaborazione con Minima Theatralia
e con lo straordinario cameo in video di Raul Cremona nel ruolo del “Negazionista”
primo spettatore Renato Sarti
con la collaborazione scene e costumi Linda Riccardi (tutti realizzati con materiale riciclato)
con il patrocinio di Legambiente
produzione Minima Theatralia e Teatro della Cooperativa
La natura rispetto all’uomo, è altra, è estranea. È solo perché essa è così diversa da noi, così opposta che siamo in grado di esprimerci attraverso essa. R. M. Rilke
I Duperdu presentano un gioco teatrale e musicale intorno ai temi dell’ecologia e del rapporto uomo/natura. Tra liriche ispirate e contraddizioni del quotidiano, tra idealizzazione della Natura e tentativi di sopravvivenza, ci muoviamo all’interno della struttura di un melodramma comico, che prende spunto dal mito di Orfeo ed Euridice, alter ego dei Duperdu nella rappresentazione dei comportamenti umani. Lui, smemorato cantore dai tratti un po’ hippie, è rimasto incastrato nel suo idillio bucolico e si mette in viaggio per riportare indietro lei, che però vive felice nel suo inferno metropolitano pratico, funzionale, immediato, plastico. “Non voltarti!” ripete Euridice a Orfeo, ma lui non sa resistere; “Voltati!” le chiede invece Orfeo, nel tentativo di riuscire a ritrovarla.
Plinio e Dalia, i loro figli, appaiono per indirizzare i due protagonisti nel loro viaggio: come dèi dispettosi lanciano i dadi e danno inizio a un gioco simbolico con prove da superare e ostacoli da affrontare, ridendo della loro difficoltà a orientarsi. Sono due bambini che guardano gli adulti girare a vuoto: di fatto, stanno chiedendo loro di trovare una soluzione, di accorgersi che una strada possibile c’è.
Nel melodramma irrompe Raul Cremona, nei panni di Aristeo, apicoltore negazionista che con esperimenti e trucchi di magia cerca di dimostrare che sono tutte fake news: le api stanno bene e il riscaldamento globale non esiste. D’altronde, come facciamo ancora oggi a fidarci delle previsioni meteo?
Intrecciandosi con le canzoni del duo, la drammaturgia musicale di Michele Tadini si sviluppa come un pianoforte preparato di Cageana memoria, fino a distanziarsi gradualmente per creare tutti gli ambienti necessari alla vita del nostro melodramma.
In questo viaggio alla ricerca di una melodia della Natura, Euridice/Marta e Orfeo/Wolf giocano con idee e slogan, poesia e concretezza, esempi di un oggi, in cui non si sa davvero che cosa fare e ci si dibatte tra coerenza e senso di colpa, accuse e pregiudizi, pigrizia e senso di responsabilità, impegno e fatalismo.
Basta plastica dentro l’astice, basta mastice nelle vongole, non più Tetrapak, meno Domopak!
BARTLEBY
da Bartleby, lo scrivano di Herman Melville
traduzione Luca Radaelli
con Luca Radaelli e Gabriele Vollaro
scenografia e regia Renato Sarti musiche Carlo Boccadoro
Spettacolo sostenuto nell’ambito di NEXT ed. 2018/2019,
progetto di Regione Lombardia in collaborazione con Fondazione Cariplo
coproduzione
Teatro Invito / Teatro della Cooperativa
Herman Melville è uno dei massimi scrittori di tutti i tempi. In Italia tale grandezza non è stata riconosciuta appieno: solo Moby Dick ha acquisito una certa fama, dovuta più al film o alle riduzioni per ragazzi che alla lettura integrale del romanzo, eppure opere come Taipi, Benito Cereno e soprattutto Billy Budd sono ormai considerate classici. Di questi romanzi brevi il più particolare e discusso è Bartleby, lo scrivano (1853), considerato un precursore dell’esistenzialismo e della letteratura dell’assurdo. Anticipatore di Kafka, Beckett e Camus, ispirato a Dickens o alle filosofie orientali, è uno dei testi più elusivi e affascinanti della storia della letteratura.
Ambientato a Wall Street, descrive il contrasto tra la vita frenetica, rampante, votata al denaro e alla produttività, incarnata dalla city newyorchese, e Bartleby, un personaggio che si rifiuta di svolgere le mansioni lavorative che il suo principale gli affida, finendo a poco a poco col rifiutarsi di fare alcunché, financo di vivere, reiterando il suo celebre «preferirei di no».
Questa opposizione, così radicale, a un mondo positivista e pragmatico, viene descritta dall’esterrefatto datore di lavoro: un pacifico avvocato, che cura gli interessi di danarosi clienti, ma che prova una strana attrazione mista a compassione e desiderio di scoprire quale mistero si celi dietro al rifiuto sempre più reciso di Bartleby.
Il desiderio di Bartleby di affrancarsi dalla schiavitù del lavoro e di un lavoro alienato come quello di copista, anche a costo della sua stessa vita, lo rende un personaggio oltremodo moderno, una sorta di working class hero: un eroe solitario, che si batte con pervicacia donchisciottesca contro il Moloch del capitalismo internazionale.
Altrettanto interessante è l’antagonista/narratore: l’avvocato che cerca in tutti i modi di capire, senza riuscirci, la protesta dello scrivano. Il lavoro di scavo delle ragioni dell’altro, la pietà cristiana, l’indignazione, l’autoanalisi spietata anche dei sentimenti meno nobili che prendono il sopravvento in una simile vicenda rendono l’avvocato umanissimo e fanno sì che il lettore si immedesimi negli sforzi del principale.
L’idea di trasporre il testo per il teatro è venuta naturalmente; Bartleby è una narrazione fatta in prima persona dal personaggio dell’avvocato, una soggettiva attraverso la quale vivono gli altri personaggi: i tre dipendenti, i vicini di casa, il secondino e, naturalmente, lo scrivano.
È una narrazione sul filo dell’ironia, a tratti persino comica, che ci prende per mano e ci conduce su un sentiero sempre più stretto, alla fine del quale ci ritroveremo sull’orlo di un abisso.
L’avvocato si sente in colpa, si domanda se ha fatto tutto quello che poteva per salvare Bartleby e gli spettatori si immedesimano, condividono la colpa, sentono il peso della loro inadeguatezza rispetto all’irruzione del diverso, del dropout, dell’emarginato.
Noi sentiamo affiorare gli stessi desideri, le stesse domande ogni qualvolta ci imbattiamo in un immigrato, in un accattone, in un malato di mente. Perché Bartleby è l’Umanità intera. Salvare Bartleby è l’impresa ardua, il grande fardello che ognuno di noi ha sulla coscienza.
24 | 29 novembre
DISPERANZA
prima nazionale
di e con Giulio Cavalli
fisarmonica Guido Baldoni
La chiameremo disperanza. Non è una disperazione. Disperazione è una manifestazione incontrollata di tristezza e di rabbia, un crollo verticale che presuma una soluzione implosiva o esplosiva, un sentimento insostenibile sul lungo periodo che porta alla rinascita o alla frantumazione. La disperanza invece ha un significato più tenue ma cronico, qualcosa che insopportabilmente diventa sopportabile per lunghi periodi, uno status che può rimanere appiccicato anche per vite intere.
I disperanti sono uomini e donne del nostro tempo, giovani che non si aspettano niente, che credono nell’occasione e non nell’opportunità, adulti che hanno reso le armi ma non possono permettersi di abbondonare la lotta, cittadini sempre in transito di una società che ci spinge a essere inevitabilmente ottimisti, positivi, performanti.
Disperante è Giulio Cavalli, che a partire dalla propria esperienza personale, affronta a cuore aperto un fenomeno unico del nostro tempo. È possibile individuare il momento in cui abbiamo perso la speranza? Quali sono i motivi, lavorativi, personali, di salute, politici, che ce l’hanno fatta smarrire? Oggi si possono ancora dichiarare senza vergogna le nostre fragilità contro la retorica del superomismo?
Una cassetta degli attrezzi per continuare a sperare.
info e prenotazioni - Tel. 02 6420761 - info@teatrodellacooperativa.it
prezzi: intero € 18/ rid. convenzionati € 15/ <27 anni € 10 / >65 anni € 9 / gio biglietto unico € 10
ABBONAMENTI
- LUCE SOFFUSA: 3 tagliandi € 25 valido per la prima e la seconda parte della stagione 2020/21, ma acquistabile solo fino alla presentazione della seconda parte della stagione;
- INVITO A TEATRO: gli spettacoli inseriti nell’Abbonamento Invito a Teatro saranno comunicati in seguito.
BIGLIETTERIA
da martedì a venerdì 15.00 – 19.00
sabato 18.00 – 20.00 (nei giorni di replica)
domenica 15.00 – 16.30 (nei giorni di replica)
Il ritiro dei biglietti potrà essere effettuato fino a 30 minuti prima dell’inizio dello spettacolo
I biglietti sono acquistabili anche online sul circuito Vivaticket