Associazione Culturale La Cappella Musicale
Milano Arte Musica
XII edizione 2018
Milano Arte Musica
XII edizione 2018
Direzione Artistica Maurizio Salerno
Per informazioni:
Associazione Culturale La Cappella Musicale
Via Vincenzo Bellini 2, 20122 Milano
Tel / fax 02.76317176
e-mail lacappellamusicale@libero.it
sito www.lacappellamusicale.com
Milano Arte Musica programma XII edizione 2018
Mercoledì 11 luglio 2018, ore 20.30Per informazioni:
Associazione Culturale La Cappella Musicale
Via Vincenzo Bellini 2, 20122 Milano
Tel / fax 02.76317176
e-mail lacappellamusicale@libero.it
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Milano Arte Musica programma XII edizione 2018
Chiesa di San Sepolcro Piazza San Sepolcro, Milano
Mozart trascrive Bach, padre e figlio
Trio d’archi Il Furibondo
W. A. Mozart(1756-1791) / J. S. Bach(1685-1750)
Adagio e fuga n. 1 in re minore (dalla Fuga 8 in re minore BWV 853, Clavicembalo ben temperato I)
Adagio e Fuga n. 2 in sol minore (dalla Fuga 14 in fa diesis minore BWV 883, Clavicembalo ben temperato II)
Adagio e Fuga n. 3 in fa maggiore (dalla Fuga n. 13 in fa maggiore BWV 882, Clavicembalo ben temperato II)
Adagio e Fuga n. 4 in fa maggiore / re minore (Adagio e dolce in fa maggiore dalla Sonata per organo III BWV 527 / Fuga contrapunctum 8 in re minore, dall’Arte della Fuga BWV 1080)
Largo e Fuga n. 5 in mi bemolle maggiore / do minore (Largo e fuga dalla Sonata per organo II BWV 526)
W. A. Mozart / W. Fr. Bach (1710-1784)
Adagio e Fuga n. 6 in fa minore (dalla Fuga in fa minore F 31/8)
Il secondo appuntamento dedicato al filone delle trascrizioni si sposta nella chiesa di San Sepolcro per accogliere, per la prima volta a Milano Arte Musica, il trio d’archi Il Furibondo.
Liana Mosca (violino), Gianni de Rosa (viola da gamba) e Marcello Scandelli (violoncello) presenteranno mercoledì 11 luglio alle ore 20.30 le opere di Bach (padre e figlio) trascritte dal “bambino prodigio” Wolfgang Amadeus Mozart.
Il concerto odierno ci trasporta a uno snodo cruciale della storia della musica occidentale. Vienna, anni Ottanta del Settecento. Li inaugurano due eventi epocali: il 30 novembre 1780 assume i pieni poteri l’imperatore Giuseppe II, sovrano fra i più interessati alla sfera musicale; il 2 maggio si trasferisce in città Wolfgang Amadé Mozart. Entrambi i personaggi segneranno la storia della musica di quel decennio, di cui delimiteranno anche il termine, congedandosi dalla scena del mondo rispettivamente il 20 febbraio 1790 e il 5 dicembre 1791. Proprio a Vienna negli anni dell’affermazione dello stile classico riveste una particolare importanza un fenomeno imprevisto: l’assimilazione del linguaggio musicale di Johann Sebastian Bach. Chiariamo subito un equivoco: Bach non era all’epoca un perfetto sconosciuto, come talvolta si crede. La riproposta della Passione secondo Matteo nel 1829 sotto la bacchetta di Mendelssohn segnala la riscoperta del Bach vocale (le passioni, le cantate ecc.), davvero sostanzialmente ignoto per ragioni legate a quel genere di musica, manoscritta e privo di circolazione. Le opere strumentali, specialmente quelle dedicate alla tastiera, la cui stampa lo stesso Bach aveva curato in vita (ad esempio, le quattro parti della Clavier-Uebung), erano invece perfettamente note. Lo stesso padre Martini scriveva da Bologna a un suo corrispondente il 14 aprile 1750, tre mesi prima della morte del compositore: «Stimo superfluo voler descrivere il merito singolare del Sig. Bach […] solam.te dico che stimo difficile trovare un professore che lo superi, perché oggi giorni egli può giustam.te vantarsi di esser uno de primi che corrano per l’Europa».
Ciò che accade a Vienna è però un fenomeno nuovo. Già dal 1737 Bach era stato attaccato per una quella che era stata avvertita come un’inopportuna deviazione «dal naturale all’artificioso», colpevole di «oscurare la bellezza con un eccesso di arte». La vocazione alla semplificazione e alla naturalezza dell’incipiente stile galante aveva condannato la scrittura bachiana come irrimediabilmente fuori moda. Mezzo secolo più tardi si avverte l’esigenza di compensare l’accattivante, affettuosa affabilità messa a punto dallo stile galante con la solidità estetica d’una nuova complessità, accantonata nel cuore del Settecento. La composizione viene concepita con una serietà d’intenti e una progettualità ignote dalla generazione di Bach, grazie al ricorso al cesello d’un gioco contrappuntistico che innerva ogni dettaglio: un pensiero contrappuntistico diffuso che costituisce il fondamento del Classicismo viennese di Haydn, Mozart e poi Beethoven. L’epicentro di questa rivoluzione è la Vienna degli anni Ottanta, in cui un ruolo preminente spetta al cenacolo promosso nella residenza cittadina del barone Gottfried van Swieten, prefetto della Biblioteca imperiale, presidente della Commissione per l’educazione e la censura, e già ambasciatore a Berlino; compositore dilettante, Swieten è in stretti rapporti con Carl Philipp Emanuel Bach, autore dei libretti dei grandi oratori tedeschi di Haydn e dedicatario della Prima sinfonia di Beethoven. Grande estimatore di quella che oggi chiameremmo “musica antica”, l’aristocratico teneva delle riunioni domenicali dedicate all’esecuzione di musica di Händel, Bach e dei figli di quest’ultimo: appuntamento che rappresentò un’esperienza fondamentale per Mozart. L’assimilazione della scrittura bachiana col suo contrappunto rigoroso passava in particolare attraverso il processo della trascrizione e dell’adattamento per un organico diverso, per le diverse combinazioni della musica da camera, tanto congeniali allo stile classico e ai suoi autori. In quel contesto Mozart trascrisse per quartetto d’archi, probabilmente nel 1782, cinque fughe dal II libro del Clavicembalo ben temperato (K. 405). Mozart, appunto. La sua relazione con i pezzi in programma questa sera non è in realtà accertata. Le trascrizioni per trio d’archi di un Adagio, un Largo e cinque fughe da diverse fonti bachiane (i due libri del Clavicembalo ben temperato, L’arte della fuga e una Sonata a tre per organo) e da una fuga del primogenito maschio di Bach, Wilhelm Friedemann, accompagnate a quattro introduzioni lente originali, non ci sono pervenute attraverso autografi mozartiani, bensì tramite fonti secondarie, databili tra il 1785 e il 1800. La nuova edizione del catalogo Köchel delle opere mozartiane è pertanto orientata a confutarne l’autenticità – né peraltro questi lavori compaiono negli opera omnia mozartiani. Ma importa davvero che la mano che ha guidato la trascrizione, invero piuttosto libere, di queste pagine bachiane sia quella di Mozart? L’interesse andrà piuttosto ricercato nella predisposizione dei numerosi, agguerritissimi musicisti attivi a Vienna (è stato fatto anche il nome di Johann Georg Albrechtsberger, maestro di Beethoven) verso l’assimilazione del contrappunto bachiano (interessante la circostanza che in area viennese le copie manoscritte coeve del Clavicembalo ben temperato comprendano solo le fughe, prescindendo dai preludi), la tensione a confrontarsi con quel modello, aggiornandolo nel pensiero armonico e nello stile, ricreandolo per l’uditorio e la sensibilità di tempi nuovi. Una temperie culturale, questa, cui Mozart – autore o meno di queste pagine – fu protagonista e che produsse musica vitalissima, ancora in grado di parlare in termini eloquenti al pubblico di oggi con il linguaggio convincente di una bellezza frutto di tre generazioni di compositori del Settecento.