Sabato 13 maggio 2023 ore 20:30
Teatro Lirico
via Cavallari. 2 - Magenta
Giacomo Puccini
TOSCA
su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Fonti letterarie La Tosca di Victorien Sardou
Epoca di ambientazione: battaglia di Marengo che fu combattuta il 14 giugno 1800
Melodramma in tre atti
Epoca di composizione primavera 1896 - ottobre 1899
Prima rappr. 14 gennaio 1900 al Teatro Roma, Teatro Costanzi
Serata benefica a favore di
NON DI SOLO PANE
Floria Tosca, celebre cantante (soprano) ELENA CAVALLO
Mario Cavaradossi, pittore (tenore) DIEGO DESANTIS
Il Barone Scarpia, capo della polizia (baritono) GIORGIO VALERIO
Cesare Angelotti (basso) GIANCARLO RAZIONALE
Il Sagrestano (basso) CRISTIAN BRUSA
Spoletta, agente di polizia (tenore) ELVIS ZINI
Sciarrone, Gendarme (basso) MARCO BELLINI
Un carceriere (basso) CARLO SCAGLIONI
Un pastorello (voce bianca) GIOELE SEMERARO
Il Cardinale SERGIO PORTA
Con la partecipazione di Angelica SCAGLIONI nel ruolo di MARIA CAROLINA d'Asburgo Lorena, regina di Napoli e di Sicilia ospite a Roma
Coro San Gregorio Magno di Trecate
Mauro Trombetta, maestro del coro
Coro Civico Città di Magenta
Tatiana Borodai, maestro del coro
Coro Voci Bianche “Piccoli Cantori di Corbetta”
Andrea Semeraro, maestro del coro
Orchestra dei Colli Morenici
Damiano Maria Carissoni, direttore
Regia e ideazione scenica Mario Mainino
Aiuto regista Carlo Scaglioni
Presenta Arabella BISCARO
Introduzione all’ascolto a cura di Adele FERRARI
Costumi SARTORIA TEATRALE BIANCHI
Luci e scenoproiezioni Pino Fumagalli
Informazioni e prenotazioni: 333 200 1317 - 375 684 9192
O dolci mani mansuete e pure.. Tosca ovvero amore, arte, morte.
“a bell’opre create” le mani di Floria Tosca, che, spinte dalla disperazione, diventano mani assassine. Nella Roma del 1800 dopo il fallimento della Repubblica Romana, quando lo Stato Pontificio sta catturando i rappresentanti ed i sostenitori della Repubblica Tosca è una “cantatrice” assediata da una corte violenta, reagisce disperata allo stupro tentato dal barone Scarpia, commissario della Polizia del Papa, e riesce a non soccombere e ad ucciderlo nel tentativo di salvare l’amato pittore Mario Cavaradossi.
Ma non serve a nulla perché “l’uccisione simulata” che le aveva proposto Scarpia in cambio del suo corpo, era macabramente un'ulteriore perfidia e le pallottole della fucilazione di Mario Cavaradossi, amante di Tosca sono micidialmente vere. Quando si avvede della reale morte dell’amante Tosca si getta dai bastioni di Castel Sant’Angelo. Morirà dunque assassina e suicida al grido di “Scarpia, avanti a Dio!”. Al tribunale celeste si presenteranno insieme per avere assoluzione o condanna. L’opera torna a Magenta per la terza volta nell’allestimento organizzato da Giuseppe Lisca, il primo nell’ottobre 2012 direzione di Luigi Ripamonti e regia di Mario Mainino, poi nel maggio del 2018 con direzione di Damiano Maria Carissoni e regia di Tiziana Motelli. Tosca è un’opera che ha visto diversi allestimenti che si scostano dalla data in cui il librettista colloca l’azione ovvero nel 1800 pochi giorni dopo la battaglia di Marengo dove Napoleone vince le truppe del generale Melas.
Noi oggi la vedremo attinente al libretto con una sobria messa in scena e con un coro che - come nella tragedia greca – sarà indipendente dal quadro storico. [note di Mario Mainino]
Atto I: Chiesa di Sant’Andrea della Valle - Roma
Cesare Angelotti (basso), ex console della Repubblica Romana, è fuggito dalla prigione di Castel Sant'Angelo e cerca rifugio nella chiesa, dove la marchesa Attavanti (sua sorella) ha nascosto abiti femminili con cui travestirsi “Ecco la chiave ed ecco la cappella”. Mario Cavaradossi (tenore), pittore, vi sta dipingendo un quadro della Maddalena e vi ha ritratto il viso della Attavanti.
Il sagrestano (basso) se ne avvede “Sante ampolle il suo ritratto”, Mario guardando il suo dipinto e il ritratto di Tosca confronta le due bellezze “Recondita armonia”. Riconosciuto Angelotti che esce dalla cappella appena il sagrestano se ne è andato, gli dà il suo paniere per sfamarsi e la chiave della casetta di campagna dove il pittore si incontra con la sua amante Floria Tosca. Tosca arriva inaspettata e fa una prima scena di gelosia per la porta chiusa, poi propone a Mario di vedersi quella sera “Non la sospiri la nostra casetta”. Riconoscendo l’Attavanti nella Maddalena, esplode di gelosia “Lo vedi tu l’ami” e Mario a fatica “Qual occhio al mondo” riesce a calmarla e a congedarla. Un colpo di cannone annuncia che la fuga è stata scoperta, allora Cavaradossi decide di accompagnare Angelotti.
Rientra il Sagrestano felicissimo per la falsa notizia della vittoria delle truppe austriache su Napoleone a Marengo e invita la cantoria a prepararsi per il Te Deum quando entra il barone Scarpia (baritono), capo della polizia papalina che è sulle tracce del fuggiasco e interrompe la baldoria e fa iniziare la perquisizione, nella cappella Attavanti si ritrova il paniere ed un ventaglio “Jago ebbe un fazzoletto ed io un ventaglio”,e visto il ritratto pensa di sfruttare la gelosia di Tosca, ritornata in chiesa per avvisare Mario che avrebbe dovuto cantare a Palazzo Farnese “Ed io venivo a lui tutta dogliosa…”.
Scarpia suscita in lei il sospetto di un furtivo incontro di Mario con la marchesa in qualche luogo appartato sperando che li conduca dai fuggitivi, e quando Tosca si allontana precipitosamente la fa seguire sperando che li guidi al nascondiglio “Tre sbirri, una carrozza, presto seguila ovunque vada”.
Mentre Scarpia pregusta la sua rivalsa su Cavaradossi - ucciderlo e prendergli la donna - comincia ad affluire gente in Chiesa per cantare il “Te Deum”, Scarpia si riprende “O Tosca mi fai dimenticare Iddio“ e si unisce al canto del Te Deum.
Atto II Camera del barone Scarpia a Palazzo Farnese
A Palazzo Farnese si attende la Regina di Napoli, ospite a Roma, e si strimpellano gavotte che Scarpia ascolta dalle finestre aperte, mentre sta consumando la cena. Spoletta (tenore) e gli altri sbirri vi conducono Cavaradossi che, interrogato, beffardo si rifiuta di rivelare a Scarpia il nascondiglio di Angelotti così viene condotto alla tortura.
Da notare il terminare della cantata sincronizzato al momento della chiusura della finestra.
Arriva Tosca, che ha ricevuto un biglietto di Scarpia, il quale inizia la sua tortura psicologica “mi torturate l’anima” facendo in modo che ella possa udire le urla di Mario. Stremata dalle grida Tosca rivela a Scarpia il nascondiglio dell'evaso “nel pozzo, nel giardino”.
Quando Mario, apprende che Tosca ha parlato la scaccia. Ma arriva un messo ad annunciare la vittoria di Napoleone a Marengo. A questo annuncio Mario inneggia ad alta voce “L’alba vindice appar che fa tutto tremar … crollano tirannidi”.
Scarpia lo invia a morte, ed invano Tosca gli chiede di concederle la grazia.
Il barone acconsente solo a patto che Tosca gli si conceda. Inorridita Tosca pensa alla sua vita “Vissi d'arte, vissi d'amore”. Quando acconsente, Scarpia finge di dare ordini a Spoletta, con gesti d'intesa fa credere che la fucilazione sarà simulata, con i fucili caricati a salve.
Le compila un salvacondotto per raggiungere Civitavecchia e fuggire via pel mar. Ma quandosi avvicina a Tosca questa disperata lo uccide con un coltello trovato sul tavolo.
Prima di fuggire deve prendere il salvacondotto che purtroppo è rimasto nella mano del cadavere e finalmente esce.
Atto III Terrazzo di Castel Sant’Angelo
È l'alba, Puccini descrive magnificamente l’alba su Roma con suoni evocativi ed inserisce anche uno stornello in romanesco “Io de sospiri”, cantato da un giovane pastorello mentre in lontananza suonano le campane.
Sui bastioni di Castel Sant'Angelo, Mario è ormai pronto a morire, chiede al Carceriere di poter scrivere una lettera ad una persona cara e gli dona un suo anello perché gliela consegni. Inizia così a scrivere l'ultima lettera d'amore a Tosca, ma, viene sopraffatto dal ricordo delle loro notti d’amore e non riesce a terminarla “E lucevan le stelle”.
Floria arriva inaspettata e spiega a Mario di essere riuscita ad uccidere Scarpia “O dolci mani pietose e pure” e gli mostra il salvacondotto, quindi lo informa della fucilazione simulata. Scherzando, gli raccomanda di fingere bene la morte “Come la Tosca in teatro”.
Per un momento sperano ancora di avere un avvenire insieme “Trionfal, di nova speme l'anima freme in celestial crescente ardor.”
Ma purtroppo Mario viene fucilato veramente e Tosca, sconvolta e inseguita dagli sbirri che hanno trovato il cadavere di Scarpia, gridando
“O Scarpia, avanti a Dio!”
si getta dagli spalti del castello.
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