Teatro alla Scala
martedì 14, mercoledì 15, giovedì 16, venerdì 17 settembre 1982 - ore 20
sabato 18 settembre - ore 14.30 e ore 20
UN GRANDE SUCCESSO DA PECHINO
LA VIA DELLA SETA
pantomima in due atti e otto quadri
danzata dal complesso di canti e danze del Gansu
compagnia ufficiale della Repubblica popolare cinese
150 danzatori, acrobati, mimi e musicisti
PREZZI
- serali: platea 15.000/13.000 - palco 52.000/13.000/6.500
I galleria 11.000/7.500 - II galleria 9.000/4.500
- diurna: platea 10.000/8.000 - palco 32.000/8.000/4.000
I galleria 6.000/4.000 - II galleria 5.000/2.500
Biglietteria Scala (orario: 10-13/15.30-17.30, sabato e domenica chiuso) fino al 23 luglio e dal 30 agosto 1982
Alla Scala va in scena questo spettacolo di giovane vita, dopo solo pochi anni dalla sua realizzazione nel '79 viene proposto come compagnia ufficiale della Cina, ed ecco che l'unico teatro che in Italia può essere di rango tale da accogliere questa compagnia è per forza di cose la Scala, poi quando si vede questo lavoro ci si trova di fronte ad un balletto non molto dal Sherazade ripreso da Beriozoff in questa stagione, pari tanto nei costumi sgargianti quanto nella esile trama.
Come tutti devo sottolineare lo splendido inizio che presenta le figure volanti delle due giovani e la catena di figure in controluce che si muove in sequenze indiane ma che ricorda le delicate statuette di giada, però tutto finisce poche battute dopo per lasciare il posto ad un Ballo Excelsior alla orientale con tanta musica dove aleggiano richiami a Dvorak, Korsakoff e a certe antiche musiche provenzali del 1300.
La musica pentatonica cinese è scomparsa a favore della riconoscibile musica occidentale a sette note, si pensi che il supervisore dei conservatori cinesi è Isaac Stern, e che la maggioranza degli insegnanti sono di origine americana, per spiegare tanta disinvoltura, per altro si dovrebbe non assistere a questo spettacolo sperando di trovarci quella antica e sapiente tradizione che non e mai stata del 'POPOLO cinese ma è sempre stata prerogativa di una classe aristocratica, di quei malvagi(o saggi?) mandarini che scomparendo non l'hanno lasciata certo in eredità al popolo rimasto in balia della fame e della ribellione.
Perciò trovo molto bello questo sogno di 'seta che rallegra il popolo cinese, ma mi piacerebbe vedere nella vera produzione che forse a poca distanza dalla rivoluzione, già viene messa a tacere dalla nuova classe dirigente, che metteva in scena pure con moduli molto occidentali gli ideali della rivoluzione nella Opera di Pechino.
Nessun commento:
Posta un commento