Alexander Lonquich foto Concertodautunno |
Giovedì 31 Gennaio 2019_01_31, ore 20.30
Venerdì 01 Febbraio 2019_02_01, ore 20.00
Domenica 03 Febbraio 2019_02_03, ore 16.00
Auditorium di Milano, largo Mahler
Romanticismo tedesco con Lonquich
Nella doppia veste di solista e direttore il musicista tedesco affronta con laVerdi due capolavori di Schubert e Schumann
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Direttore e solista Alexander Lonquich
Robert Schumann Concerto per pianoforte e orchestra in La minore op. 54
Franz Schubert Sinfonia n. 9 in Do maggiore D 944 "La Grande"
Eccezionali eredi della rivoluzione beethoveniana, Franz Schubert e Robert Schumann rappresentano il cuore pulsante del Romanticismo tedesco. A loro e alla loro inquieta genialità si rivolge Alexander Lonquich, uno dei più acclamati pianisti della sua generazione. Giovedì 31 gennaio (ore 20.30), venerdì 3 febbraio (ore 20.00) e domenica 3 febbraio (ore 16.00) nella doppia veste di direttore e solista, il musicista tedesco affronta insieme all’Orchestra Verdi due tra le più evocative composizioni di quella stagione dorata, veri e propri capisaldi del repertorio sinfonico e concertistico.
All’Auditorium di largo Mahler verrà proposto in apertura il Concerto per pianoforte e orchestra in La min. op.54, di Robert Schumann, che racconta in musica la grande storia d’amore con sua moglie Clara, acclamata pianista che ne eseguì sia la prima versione ridotta del 1841 che quella completa del 1845. Questo fu anche il primo e l’unico concerto scritto da Schumann che aveva composto principalmente per pianoforte, dedicandosi anche alla trascrizione di alcune delle opere per pianoforte di Franz Schubert, che egli ammirava immensamente. E proprio a Schumann si deve la riscoperta dell’altro capolavoro in programma: la Sinfonia n.9, conosciuta come La Grande di Franz Schubert, composizione che il genio viennese in vita non ebbe la gioia di sentire eseguire. Solo grazie all’interessamento di Schumann la Sinfonia fu eseguita per la prima volta nel 1839 al Gewandhaus di Lipsia, diretta da Felix Mendelssohn, ottenendo da subito un grande successo.
Biglietti serie Verdi: euro 36.00/16.00; Info e prenotazioni: Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, largo Mahler; orari apertura: mar/dom, ore 10.00/ 19.00. Tel. 02.83389401/2/3, www.laverdi.org www.vivaticket.it.
Note al programma
Robert Schumann Concerto per pianoforte e orchestra in La minore op. 54
Il concerto è il primo e l’unico scritto da Schumann, che si era dedicato fino ad allora alle composizioni per pianoforte solo. Dopo la soddisfacente prova della Prima sinfonia e contemporaneamente alla prima versione della Quarta, egli decise di affrontare la forma del concerto che dopo Beethoven aveva già avuto illustri continuatori. E così nel maggio 1841 scrisse di slancio per la moglie Clara una fantasia in La minore per pianoforte e orchestra. eseguito o in forma privata a Lipsia nell’agosto del 1841 da Clara, considerata la migliore pianista dell’Ottocento. Fu nel giugno 1845 che Schumann decise di trasformare la Fantasia del 1841 in un regolare concerto in tre movimenti, componendo dapprima il finale e poi l'intermezzo centrale; il lavoro fu completato il 16 luglio ed eseguito a Dresda il 4 dicembre da sua moglie Clara, direttore Ferdinand Hiller
Sviluppando e completando la Fantasia del 1841, Schumann realizzava l'idea romantica di scrivere una musica che superasse i limiti e le distinzioni tra le forme tradizionali: "qualcosa a metà tra sinfonia, concerto e grande sonata", come scriveva a Clara già nel 1839. In effetti il Concerto in la minore è lontanissimo dalla concezione classica e rappresenta una forte novità per l’epoca per l’insolito rapporto che c’è tra pianoforte e orchestra, ove il dialogo e la collaborazione regnano sovrani; non più sfida aperta, ma totale armonia, come se pianoforte e orchestra conducessero uniti una loro battaglia. Criticato all’epoca per lo scarso virtuosismo pianistico presente nel lavoro, contrariamente alla moda concertistica del tempo, oggi il Concerto in la minore è considerato tra le espressioni più autentiche della personalità schumanniana per la qualità e la varietà dell'invenzione musicale.
Franz Schubert Sinfonia n. 9 in Do maggiore D 944 "La Grande"
La prima notizia della Sinfonia n.9, il cui nome, La Grande, serve a distinguerla dalla più breve e concisa Sesta, pure in Do maggiore, comunemente conosciuta come La Piccola, risale a una lettera del 1825, a firma di Eduard von Bauernfeld, che aveva ospitato il compositore, suo intimo amico, presso la località montana di Gastein durante l’estate. La partitura fu inviata dall’autore alla Società degli Amici della Musica di Vienna (probabilmente nel 1826) nella speranza di poterla portare di fronte a un pubblico; dopo una prova di lettura a porte chiuse, della quale non conosciamo esattamente né data né direttore, il lavoro fu scartato (troppo lungo e difficile per quella che, in fondo, non era che un’orchestra amatoriale) e cadde nell’oblio. Così Schubert morì senza avere mai sentito eseguire il proprio capolavoro.
Nel 1838, dieci anni dopo la morte dell’Autore, Robert Schumann di passaggio a Vienna, fece visita a Ferdinand, fratello di Franz e quest’ultimo gli mostrò il manoscritto della sinfonia, abbandonato tra le tante carte lasciate dal compositore. Schumann ne rimase folgorato. “Chissà per quanto tempio ancora – scrisse - essa sarebbe rimasta in quell’angolo oscuro e polveroso, se io non avessi subito persuaso Ferdinand Schubert a spedirla alla direzione dei concerti del Gewandhaus di Lipsia, o anche allo stesso artista che vi presiedeva”. L’artista cui si fa riferimento era nientemeno che Felix Mendelssohn Bartholdy, il quale l’eseguì il 21 marzo 1839 di fronte a un pubblico entusiasta, così come entusiasta fu la recensione firmata dallo stesso Schumann, che così scriveva sulla sua rivista, "Zeitschrift für Musik": "Chi non conosce la Sinfonia in Do maggiore conosce ben poco di Schubert; e questa lode può sembrare appena credibile se si pensa a tutto quello che Schubert ha già donato all'arte. Oltre a una magistrale tecnica della composizione musicale, qui c'è la vita in tutte le sue fibre, il colorito fino alla sfumatura più fine, v'è significato dappertutto, v'è la più acuta espressione del particolare e soprattutto infine v'è diffuso il romanticismo che già conosciamo in altre opere di Franz Schubert. E questa divina lunghezza della Sinfonia, questo sentimento di ricchezza profuso dovunque ricrea l'animo. [...] Questa Sinfonia ha dunque agito su di noi come nessuna ancora, dopo quella di Beethoven".
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