1980_02_14 Mario Pasi commenta la performance di Nurejev alla Scala

Giovedì 14 febbraio 1980 - SPETTACOLI
NELLA SERATA CHE HA RIVELATO IL COREOGRAFO LOUIS FALCO 
Nureyev «padrone» della Scala
Per la prima volta una sponsorizzazione entra nel tempio della lirica con una ditta di tessuti

Rudolf Nureyev 1966 Bella addormentata
foto Erio Piccagliani
ricevuta da Ufficio Stampa Teatrto alla Scala
Stagione 2018-2019

MILANO Quell'atmosfera da terzo mondo che si respirava fino all'anno scorso al balletti della Scala, quell'aria di colonia ogni tanto beneficata da qualche generosa donazione straniera, sl è definitivamente dissolta in una serata importante di danza moderna, nobilitata dalla presenza di coreografi e interpreti di rango, e da una esecuzione grintosa, precisa per impegno e volontà con la musica ben diretta.
C'era Rudolf Nureyev con Anna Razzi nella "Signorina Giulia" di Birgit Cullberg; e Luciana Savignano era la protagonista del nuovissimo "Nido d'aquila" di Louis Falco.
Registriamo subito gli applausi e i deliri per i grandi, gli osanna per Rudi, i lanci di fiori per la Razzi e la Savignano, ma rendiamo onore al giovane Falco, ballerino e coreografo americano di ceppo napoletano, che qui alla Scala ha avuto la possibilità di rivelare il suo grande talento. Il suo "Nido d'aquila," malgrado qualche ingenuità, è un balletto di straordinaria bellezza, onesto.
Falco lo ha pensato, assieme allo scenografo Rocco Bufano, come un omaggio a quelle generazioni di italiani che hanno cercato fortuna, o libertà, in America, e quindi alle madri e ai padri dei ragazzi di oggi che hanno perduto il rapporto col paese di origine e vogliono disperatamente inserirsi nella nuova società.
L'America, simboleggiata da un'aquila dorata e imponente, immagine perfetta del capitalismo yankee, è un tiranno che divora gli affetti ma che insegna a vivere modernamente.
Volare con l'aquila fuori di metafora ciò che i giovani vogliono Falco è uno di questi giovani; rievoca il mondo lontano degli sbarchi, i controlli le fatiche, i ghetti con un linguaggio fluido e veloce, creando immagini bellissime e fluttuanti, e infine facendo sbocciare tra l'America del ricchi e quella dei lavoratori in attesa il grande amore in bianco tra Carmela e Francesco, che danno vita a un delizioso duetto che ricorderemo come uno dei momenti più intensi che la danza moderna ci abbia donato in questi ultimi tempi.
La felicità dei due paesani è però di breve durata; ogni loro conquista è preda dell'aquila onnivora e onnipresente, dal giorno. delle nozze in avanti. Carmela contribuisce a fare l'America, tesse le strisce e le stelle che poi proteggeranno i suoi figli; Francesco si batte e si perde come un viandante della fatica. Potranno salvarsi?
Alla fine restano a confrontarsi simbolicamente la madre e l'aquila.
Il balletto di Falco è un apologo chiarissimo, da cui giungono messaggi e segnali di grande importanza: in primo luogo quelli della ragione e della logica, e non quelli della disperazione. Nido d'aquila è la storia di una sconfitta, ma è anche presa di coscienza collettiva. Il racconto è reso con grande fantasia coreografica, con un senso magico dello spazio e quindi con facilità e naturalezza di gesti Luciana Savignano è apparsa stupendamente lirica, generosa, tecnicamente impeccabile, Falco ha danzato con energia, passione, modernità (viene da scuole eccellenti, la Graham e Limon); Bombana è un'aquila perfetta, tutto il corpo di ballo lavora in modo impeccabile, Trionfo, dunque, per Nido d'aquila.
E anche per gli interpreti della Signorina Giulia, che mamma Cullberg ha creato nel 1950 e che regge benissimo al tempo, per la sintetica, tagliente, precisa coreografia che trasforma i passi classici in qualcosa di infallibilmente moderno.
La storia della contessina sedotta dal cameriere e vittima del rimorso al punto di uccidersi è un po' datata, certo, ma la Cullberg ne cancella le rughe con la sua ironia di pretto gusto scandinavo. Purtroppo le scene di Sven Eriksson sono troppo ingrandite e naïf per reggere l'atmosfera da notte d'estate in cui si compie la trasgressione di Giulla, e mal si accordano con le note grigie di Rangstrom, musicista brumoso al punto giusto: è difficile dunque non avvertire qualcosa di confuso e di inesatto.
Nureyev è un omettino che all'inizio sembra non valere nulla ma che poi diventa il padrone con una punta di volgarità davvero classista; danza con scioltezza, sensibilissimo, scattante nel continui mutamenti di umore. Anna Razzi è bella, classica, ma deve aggiungere al personaggio di Giulia qualcosa di più torbido, al momento in cui smette di giocare col fidanzato per iniziare il viaggio nell'eros. Tutti gli altri interpreti hanno contribuito in modo egregio alla felice riuscita di uno spettacolo così rigoroso e severo.
La direzione d'orchestra di Gabriele Bellini è apparsa molto buona. Tra le righe della locandina, si legge che i tessuti dei costumi del Nido d'aquila sono stati donati da una ditta milanese. Senza squilli di tromba, la sponsorizzazione va avanti.
Mario Pasi

Giovedì 14 febbraio 1980 SPETTACOLI 
«Questo è un mito vero, altro che John Travolta»
di PAOLO MOSCA
«Ma i sacchi a pelo dove sono?», si chiede la gente. «Vuoi vedere che il fuoco Nureyev s'è acceso e spento al teatro dell'Opera di Roma»? Poi entri alla Scala, gremita fino all'inverosimile da giovani, e capisci: con una mossa da stratega, Carlo Maria Badini ha dedicato questa «prima» milanese di Rudolf Nureyev al turno «c», ovvero agli studenti e ai lavoratori. 
Così c'è posto per tutti, e i sacchi a pelo sono appesi al guardaroba, accanto alle rare pellicce. Comitive, gruppi. Da Cernusco sul Naviglio sono arrivati in 150. Fino a ieri s'organizzavano per i concerti di Lucio Dalla o Renato Zero. Ci voleva Rudolf per spostarli dalle panche del tendone del circo alle poltrone di velluto della Scala. 
E se a Roma i giovani erano rimasti sorpresi dalla favola di «Giselle", qui a Milano sono stati coinvolti dalla passione rivoluzionaria d'un servo, Jean, per la sua padrona, la signorina Giulia (una tenera Anna Razzi). 
Musica e coreografia svedesi, datate 1951: moderne e credibili. Basta con le favole: Nureyev è volato con i suoi balzi giù in platea.
Adesso, mentre nel loggione i maniaci dei confronti controllano i minuti d'applausi per paragonarli a quelli di Roma, cerco tra il pubblico qualche faccia conosciuta con cui discutere del fenomeno-Nureyev-balletto. 
Non è un caso se incoccio nello stilista Giorgio Armani. 
Lui i giovani li conosce bene: ha fatto la sua fortuna centrando la loro psicologia. «L'ultima generazione è un serpente, che cambia pelle, si mimetizza. Dopo gli slogan, adesso vuole musica, questa musica. Credo sia un bisogno di estetica, di dolcezza, di educazione. Nel balletto c'è un rispetto reciproco di movimenti: si è insieme, ma ognuno rimane solo e autonomo». Gli chiedo se Nureyev si veste da lui. «I ballerini, come gli atleti in genere, hanno le gambe a x, due cosce enormi, un torace fuori misura. Credo che non troverebbe un abito della sua taglia. Comunque, dopo averlo visto stasera, sono disposto a inventare un modello Nureyev. Se lo merita», 
L'attore Renzo Palmer si spella le mani: «E' una lezione per tutti i matusa complessati. Se hai qualcosa da dire, i giovani non ti guardano la carta d'identità. Ma non bastano i jeans per essere giovani..... 
Il pittore Luca Vernizzi: «I giovani vengono qui per fotografare un animale raro, unico. Come aver visto un dinosauro vivo».
Sentiamo anche Nicoletta,anonima studentessa liceale: «Rudolf ha spazzato via l'ultima briciola di John Travolta. Quello è finto e imbrillantinato. Questo è vero. Suda, soffre e ci crede. Invidio la Razzi, che l'ha abbracciato per un'ora». 
Dopo la prima» di Nureyev lo sappiamo: il futuro della Scala è nel turno «e». Musica, poesia e amore a prima vista.




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