1993_07_10 Ada Negri disegnatrice di Grignasco, in un ricordo di una sua mostra

10 - 18 luglio 1993
Palazzo D'Adda - Varallo, Piazza Antonini, 4
DISEGNI DI ADA NEGRI
Testi di
Dino Carlesi
Carlo Ludovico Ragghianti

Debbo all'amico Aldo Salvadori la conoscenza di questa singolare artista che egli, gli preme sia chiaro, ha secondato nella sua vocazione e ricerca espressiva, con un colloquio piuttosto che con un magistero, anche se naturalmente il suo esempio è stato illuminante, non però per fortuito incontro, ma per una propensione derivante da una esigenza nativa, per simpatìa elettiva.
I disegni presentati in questo volume sono una parte assai piccola, seppure abbastanza rappresentativa, di una produzione che è quasi quotidiana, segue da un abitato stabile la vicenda delle stagioni e dei giorni quali passano nelle valli della Valsesia, dove il sole sposta a cadenze lunghe le ombre dei monti, e tra mattina e sera trascorrono arie che filtrano e vibrano i colori.
Solo l'occhio poetico registra quest'animazione costante e ne coglie la segreta ricchezza di vita e di contemplazione che si riflette nelle cose, nelle persone, nelle vicende semplici e spesso perenni di un presente intemporale che si apre ogni volta come una scoperta nuova, come una fonte viva e tesa di slancio del sentimento.
Ada Negri, espone per quanto so, dal 1964, raramente, e questo libro affascinante documenta il suo lavoro sino ad oggi, di crescente identità e intensità, ma di altrettanto evidente fedeltà a una visione fermamente radicata in una sensibile certezza, pure in un ciclo palese di eventi inferiori che emergono con immediatezza e talvolta con prepotenza nello spettacolo sempre nascente e improvviso della vita così folta e inesauribile nel più breve e consueto àmbito, commozione, sorriso, ironia, rapimento, melanconia, compassione, meraviglia, lietezza, empito d'amore.
Ciò che colpisce in queste pagine di diario grafico che non è mai abituale, è lo spirito di verità senza limite di convenzione, per cui la realtà si confessa nelle sue esaltazioni e nelle sue miserie, secondo un'esperienza del vivere compiuta con la consapevolezza della nudità dell'esistenza che non tollera parafrasi o velature, dev'essere accettata nel suo transito diverso e nelle sue forme immutabili, fuori di ogni idealismo o d'ogni sofisticazione, con una sorta di dovere semplice a volte quasi austero.
La scala delle proiezioni emotive è vasta, perché l'ispirazione si concentra in un piccolo mondo, benché respirato e inventivo, fittamente sorgivo, pieno d'umori e d'estri istantanei, avvincente per il pullulare dei movimenti, che l'artista non sente di poter rifiutare, in una sorta di incessante slancio o di disposizione comprensiva. Quest'antologia, scelta e ben scelta come raccolta sintomatica, rappresenta quindi un minimo di un lavoro appassionatamente moltiplicato, e che dovrà prima o poi essere più compiutamente rivelato.
Ada Negri per anni ed anni ha fatto questa vita: operaia tessile in una filanda di Grignasco dove è nata e dove vive e disegna, dopo otto ore di fabbrica alla sera andava a Milano per seguire, presso l'Accademia di Brera, il Maestro di sua scelta, compresa la sua cultura notoriamente decantata e di penetrantissima intelligenza moderna. Attraverso questa l'artista sì è misurata con Degas, con Cézanne, con Manet, con Matisse, con una tensione pari a quella con la quale ha accertato nel linguaggio così flessibilmente sensitivo e cosi puramente esaltante di Salvadori la condizione più favorevole per la sua propria espressione. È così che avviene d'incontrare nei disegni di Ada Negri degli episodi che Bonnard avrebbe potuto firmare, e che hanno un analogo impeto vitale mediato con un'affabilità affettiva e comunicativa; e in altri casi si pensa a Manzù per l'essenzialità struttiva di profili immersi e di gesti nativamente densi e compressi che si liberano.
Non si può esitare a riconoscere in questa genuina e chiaramente indipendente artista la spontaneità radicale e l'originalità di uno sguardo intrepido e rivelatore. Ada Negri non assiste alle cose usandole come occasioni di forma, e tanto meno se ne distacca per costruire impervie sublimazioni o coltivate astrazioni intellettuali. L'Artista resta inserita in un tessuto dì umanità e di esperienza terrestre cui partecipa e per cui declina una lingua sempre più avvertita, spoglia e talvolta adunca nelle morsure del tratto e sempre più addensata nei corpi chiaroscurati o sollevati nelle pulsazioni cromatiche.
E ancora una voce autentica e profonda che proviene da una solitudine remota e gelosa. A questo disegno inerme e indomito si volge la nostalgia e si appaga la gioia per le cose nascoste in noi e ritrovate per il limpido dono, immagini d'infanzia e di adolescenza, di lavoro e di giochi, di quiete serena e di rassegnato dolore, di rigoglio solare e d'ora serale e raccolta, d'urto sensuale e di trasparenza sentimentale. Un canto ingenuo e aperto, che tra la lirica e l'elegia, in forme sempre discrete, si avvia a farsi da cattivante a imperioso, nel far condividere a chi guarda l'evocazione inestinguibile dell'evenienza, del rinascere umile e sovrano della vita che anche nei momenti fugaci e nelle situazioni elementari può rivelare un contenuto inatteso.
Agosto 1980: Carlo Ludovico Ragghianti

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