2011_03_15 Fraschini in scena La ciociara

In attesa dell’arrivo dell’American Ballett per sabato 19 al Teatro Fraschini si parte domani sera, martedì 15 ore 21.00 in scena sino a giovedì. con la versione teatrale di Annibale Ruccello di un grande romanzo di Alberto Moravia del 1957 “La ciociara”. Una straordinaria figura femminile che si è identificata nel tempo con quella che ne fu interprete nella versione cinematografica che ne trasse Vittorio De Sica: Sofia Loren.
Due donne affrontano la messa in scena di questo lavoro, la regista Roberta Torre (alla sua prima prova teatrale) e l’interprete principale Donatella Finocchiaro.
Roberta Torre, divisa tra teatro e cinema infonde a questo spettacolo “una dimensione visionaria,  con un apparato visivo fatto di immagini, segni e simboli proiettati, che formano una rivisitazione onirica della vita delle due donne”, madre e figlia, che si confrontano. Donatella Finocchiaro riesce, attraverso una serie di sfumature, a “dipingere un personaggio che alterna fragilità e determinazione”. In scena anche Daniele Russo (che interpreta la figura di Michele) e  Martina Galletta nel ruolo di una Rosetta ansiosa, cresciuta dopo la lacerante ferita personale, che è anche metafora della devastazione bellica di un intero Paese.


DONATELLA FINOCCHIARO E’ LA CIOCIARA
Il testo di Moravia, attraverso il capolavoro cinematografico di Vittorio De Sica, ora nella versione teatrale firmata da Annibale Ruccello.
Martedì 15 marzo 2011_03_15, alle ore 21 prosegue la stagione teatrale del Teatro Fraschini con La ciociara. Si replica  mercoledì 16 e  giovedì 17 sempre alle ore 21.00.

Annibale Ruccello, promettente drammaturgo teatrale prematuramente scomparso, continua a parlarci con scritture perfette e profetiche intuizioni: per La Ciociara nel 1985  ha immaginato il “dopo” della drammatica vicenda ben nota del capolavoro cinematografico di Vittorio De Sica, tratto dal romanzo di Alberto Moravia (1957).
Trama
Cesira e Rosetta, madre e figlia, si ritrovano alla fine degli anni Cinquanta a vivere una piccola esistenza familiare, come se nulla fosse accaduto, nel tentativo di rimuovere la feroce violenza subita. Lo scorrere dei giorni, nella normalità, avrebbe dovuto lenire la sofferenza, invece, in questo piccolo interno borghese, già si avvertono le prime avvisaglie del boom economico, quando le cose hanno avuto il sopravvento sugli antichi solidi valori contadini e un crescente consumismo si affaccia, il benessere inizia a cambiare la percezione delle cose e il passato viene disconosciuto.
Le due donne sono cambiate, inghiottite dalla banale quotidianità e soprattutto sono alle prese con il possesso, e il gusto irrefrenabile per la materialità che schiaccia il loro vissuto. Cesira, la madre, è dedita al suo negozio, bada solo a fare soldi e ha rinunciato all’amore. Rosetta, da giovane vittima è diventata cinica artefice del proprio destino, dandosi in pasto agli uomini per avere in cambio qualcosa, come se lo stupro l’avesse svuotata del senso morale. Ha trovato marito, ha avuto figli, ma vive come raggelata nei sentimenti.
Il risarcimento sembra stare tutto in un benessere solo apparente: ma il passato ritorna, inesorabile, attraverso il fantasma di Michele, l’uomo di cui Cesira era innamorata, il giovane intellettuale partigiano fucilato dai tedeschi, che incontra la madre e la esorta a non seppellire il passato, ma a scavare dentro quella ferita. Scorrono le immagini della tragedia, mentre l’uomo, citando i Vangeli, la accusa di comportarsi come morta, senza nemmeno la speranza di una resurrezione.
Il testo è duro, emoziona e commuove. Anche Moravia lo aveva apprezzato e indicato come la  riuscita prosecuzione della sua storia. Al centro, non solo il ritorno alla violenza di guerra, ma soprattutto al senso di impotenza contro una ingiustizia subita e l’inesorabile trasformazione della vita nel passaggio da una condizione ad un’altra.
Una sfida per Roberta Torre (alla sua prima prova teatrale), regista dello spettacolo, giocata tutta sul palcoscenico. Divisa in realtà tra teatro e cinema, un cinema mai realistico, fatto di “favole nere” piene di vitalità (Tano da morire, Sud side stori, Angela, I Baci mai dati) Roberta Torre infonde a questo spettacolo una dimensione visionaria,  con un apparato visivo fatto di immagini, segni e simboli proiettati, che formano una “rivisitazione onirica della vita delle due donne” e che si confrontano con il racconto e gli attori avvalendosi di una messa in scena  emozionale.
Donatella Finocchiaro riesce, attraverso una serie di sfumature, a dipingere un personaggio che alterna fragilità e determinazione; Daniele Russo, che interpreta la figura di Michele, è la coscienza critica, la proiezione dell’autore e la voce evangelica di commento,  Martina Galletta è giusta nel ruolo di una Rosetta ansiosa, cresciuta dopo la lacerante ferita personale, che è anche metafora della devastazione bellica di un intero Paese.

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