Venerdì 21 e Domenica 23 Aprile 2017
Auditorium di Milano - largo Mahler
Stagione Sinfonica 2017
Da Beethoven a Corigliano,
ovvero…il gusto della stravaganza
Filarmonica Arturo Toscanini
Violino Mihaela Costea
Direttore Francesco Lanzillotta
Continua l’apertura de laVerdi verso le collaborazioni
esterne, con il debutto all’Auditorium di Milano, nel cartellone della stagione
principale, della Filarmonica Arturo Toscanini di Parma, che aveva ospitato
laVerdi lo scorso marzo, nell’ambito delle celebrazioni per il 150°
anniversario della nascita di Arturo Toscanini.
Diretta da Francesco Lanzillotta, la prestigiosa orchestra emiliana
propone un programma denso e originale, attraverso due secoli di storia musicale.
In apertura, il Concerto per violino dell’americano John Corigliano junior,
affidato al talento di Mihaela Costea, conosciuto come The Red Violin, estratto
ed ampliato dalla colonna sonora composta da Corigliano stesso
per l’omonimo film di François Girard (1998), premiata con l’Oscar l’anno
successivo. Nella composita e multiforme opera del musicista newyorkese, che ha
compiuto 78 anni lo scorso 16 febbraio, il violino viene esplorato in tutti i
suoi volti e sfaccettature, arrivando sino all’iperbole.
La locandina si completa con la Sinfonia n. 7 di Beethoven, scritta
tra il 1811 e il 1812, elogiata specificatamente da Wagner per la sua
stravaganza pari alla sublime corporeità, risultato di una ritmica molto viva.
Celeberrimo il secondo movimento Allegretto, che espone in un gioco
contrappuntistico due temi perfettamente equipollenti, che si intrecciano in un
intrigante e dolente merletto sonoro.
Doppio appuntamento venerdì 21 (ore 20.00) e domenica 23
(ore 16.00) aprile, all’Auditorium di Milano in largo Mahler.
(Biglietti: euro 36,00/16,00; info e prenotazioni:
Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, largo Mahler, orari apertura: mar/dom,
ore 10.00/19.00, tel. 02.83389401/2/3; on line: www.laverdi.org
o www.vivaticket.it ).
Programma 1
John Corigliano (New York City, 1938)
Concerto per violino e orchestra The Red Violin
Sulla scia della grande evoluzione che la musica per film ha
maturato nel corso di tutto il Novecento, si può arrivare a ribaltare quel
meccanismo che, all'origine della settima arte, vedeva sovente adottare, da
parte delle pellicole, partiture nate per la sala da concerto. Nel tempo il
repertorio di musiche composte appositamente per lavori cinematografici si è
fortemente ampliato e consolidato, e oggi appare ormai abbastanza normale
imbatterci in composizioni come il Concerto per violino e orchestra The Red
Violin, composto nel 2003 di John Corigliano junior partendo dalla colonna
sonora originale da lui steso ideata - e che gli è valso l'Oscar nel 1999 - per
l’omonimo film di François Girard (1998), ampliandone l'impianto costruttivo
fino ad arrivare all'articolazione del concerto in quattro movimenti. Dalla
pellicola alla sala da concerto, questa partitura ha guadagnato un respiro più
ampio, nel quale le suggestioni e i rimandi di cui si nutre la musica del
compositore americano sono stati ripresi e sviluppati in una dimensione più
articolata e completa.
Corigliano pesca a piene mani nella tradizione concertistica
di un'Europa tra fine Ottocento e inizio del secolo successivo, facendo emergere
in filigrana suggestioni plasmate attraverso una pasta musicale dalla forte e
immediata valenza comunicativa: già a partire dalla Chaconne d’apertura, vera e
propria miniera tematica di tutto il concerto, ritroviamo tratteggiate
suggestioni da tardo Romanticismo. Un mondo musicale che restituisce anche
rimandi personali e biografici dello stesso compositore, che si intrecciano con
la vicenda narrata dal film, incentrato sulla storia di un violino
drammaticamente leggendario, che passa di mano in mano con il suo carico di
storia e mistero.
Questo lavoro, sostiene lo stesso Corigliano «mi ha dato
l'opportunità di rileggere il mio passato e quello di mio padre, John
Corigliano, che è stato un grande violinista solista e primo violino della
Filarmonica di New York per più di un quarto di secolo. I miei anni d'infanzia
sono stati caratterizzati da brani di grandi concerti suonati da mio padre.»
«Non c'è da meravigliarsi - prosegue il compositore - che la forma concerto e
il concerto per violino in particolare, abbia un posto nel profondo del mio
cuore. Ho scritto una mezza dozzina di concerti, ma questo è il mio primo
omaggio per il violino, uno strumento che ho amato fin da bambino. Si tratta di
un brano dedicato all'amore per la musica che mi ha trasmesso mio padre, da lui
è ispirato ed è dedicato alla sua memoria.»
(Alessandro Rigolli)
Concerto The Red Violin in cd
Joshua Bell violino / Baltimore Symphony Orchestra / Marin
Alsop direttore
Due piccoli ascolti dalla colonna sonora del film
Joshua Bell violino / Philharmonia Orchestra / Esa-Pekka
Salonen direttore
Tema di Anna: https://www.youtube.com/watch?v=slCBWnH8Nms
Corigliano parla de The Red Violin
Programma 2
Ludwig van Beethoven (Bonn, 1770 – Vienna, 1827)
Sinfonia n. 7 in La maggiore op. 92
Già abbozzata nel1808, la Settima sinfonia fu composta da Beethoven
insieme all’Ottava tra la fine del 1811 e il giugno del 1812, in un periodo
molto fecondo della vita del compositore. Dedicata al conte Moritz von Fries,
fu eseguita a Vienna l’8 dicembre del 1813, in un concerto diretto dallo
stesso Beethoven e organizzato da Johann Nepomuk Mälzel (celebre inventore del
metronomo, ma anche di rudimentali apparecchi acustici, che avrebbero dovuto
ridurre i problemi di sordità che affliggevano il compositore) per i soldati
austriaci feriti nella battaglia di Hanau. In quel concerto memorabile (che
vedeva tra gli orchestrali figure di rilevo nel modo musicale come Salieri,
Spohr, Ignaz Schuppanzigh e il giovane Meyerbeer) si ascoltarono anche la
sinfonia a programma Wellingtons Sieg op.91 (La vittoria di Wellington), le
musiche di scena per Die Ruinen von Athen (op.113) e per König Stephan (op.
117), oltre a due Marce di Dussek e di Pleyel. Il successo fu enorme, e quella Settima
(della quale fu bissato il secondo movimento) suscitò subito vive reazioni per
il suo carattere estroso e anticonvenzionale: si parlò di un’originalità spinta
all’eccesso (Weber), dell’evocazione di nozze agresti (Schumann), dell’opera di
un musicista ubriaco (Friedrich Wieck, padre di Clara Schumann), dell’apoteosi
della danza (Wagner).
Certo, Beethoven ruppe con le forme sinfoniche ereditate da
Haydn e da Mozart, e con la dialettica dei contrasti tematici propria della
forma-sonata, a favore di una struttura basata su elementi al loro stadio
primario, sul gioco combinatorio, sul principio della variazione, su una pulsazione
ritmica che permea l’intera partitura, dà uno slancio danzante, genera campi di
forze e continue metamorfosi della materia sonora, che dovettero sconcertare
non poco i primi ascoltatori. Lo si vede già nell’Introduzione lenta (Poco
sostenuto) del primo movimento, che sembra innescare l’energia ritmica che si
propaga in tutta la sinfonia. Questa introduzione è giocata su continue modulazioni
e graduali trasformazioni della materia sonora che portano (con una transizione
su una sola nota) al ritmo puntato e danzante (in 6/8) del Vivace, dove la
varietà di trame polifoniche, gli scarti di timbro e registro, e la pulsazione
continua suppliscono alla mancanza di un vero e proprio contrasto tematico.
Spiazzante anche la presenza di un Allegretto al posto del consueto Adagio,
come secondo movimento: un Allegretto in la minore, incorniciato da due lunghi
accordi dei fiati, dominato da una cellula ritmica (un dattilo seguito da uno
spondeo), basato su stratificazioni strumentali che creano l’effetto di una
grande ondata avvolgente, in un’atmosfera che è insieme di elegia e di marcia
funebre. Tutto giocato su figure ritmiche e effetti di accelerazione è il
trascinante Scherzo in fa maggiore (Presto), con un trio in re maggiore (Assai
meno presto), dal tono solenne e un po’ melenso, che viene intercalato due
volte, ma che all’inizio della terza ripetizione è bruscamente interrotto da
cinque accordi in fortissimo, che chiudono il movimento. Un vero e proprio
gesto orchestrale è anche quello che introduce il finale (Allegro con brio)
che sembra riprendere il vortice avviato dal primo movimento e spingerlo al
parossismo, in una forma-sonata che diventa turbinio ritmico e puro accumulo di
tensione, «una di quelle creazioni inconcepibili - si scrisse sulla “Revue
Musicale” - che hanno potuto uscire soltanto da una mente sublime e malata».
(Gianluigi Mattietti)
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