2019_12_14 Orchestra della Casa di Reclusione di Opera

Sabato 14 dicembre 2019_12_14 ore 16 (ingresso ore 15)
Orchestra in Opera
presenta il
Concerto di Natale 2019
L’Associazione per MITO Onlus riporta alla ribalta l’Orchestra della Casa di Reclusione di Opera
In collaborazione con il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano
Per info: www.xmito.org
Milano, giovedì 12 dicembre 2019 - Alle ore 16 (ingresso nella casa di reclusione alle ore 15)l’Associazione per MITO Onlus presenta la terza edizione del concerto dedicato al progetto Orchestra in Opera, il laboratorio musicale e di educazione alla musica d’insieme all’IRC di Opera con la performance di un gruppo di detenuti diretti dai Maestri Stefania Mormone e Alberto Serrapiglio, Il progetto “Orchestra in Opera”, al suo secondo anno, è promosso e sostenuto dall’Associazione per MITO Onlus con la professionalità e complicità della pianista Stefania Mormone e del clarinettista Alberto Serrapiglio, rispettivamente docente di pianoforte e responsabile del laboratorio di World Music del Conservatorio G. Verdi di Milano.
Il progetto nasce dalla forte volontà dell’Associazione MITO Onlus di far “lavorare insieme” le persone anche in ambienti difficili e non usuali rafforzando le relazioni grazie al potere di coesione e inclusione sociale della musica. Orchestra in Opera nasce nel 2016, quando ai detenuti della Casa di Reclusione fu chiesto se sapessero suonare uno strumento e volessero partecipare a un nuovo progetto musicale, riuscendo così a mettere insieme 15 persone con cui cercare di formare un ensemble musicale. L’idea, attraversando più di due anni di collaborazione tra società civile e Direzione del carcere, ha preso vita nella sua forma odierna, in una continua mescolanza ed evoluzione coinvolgendo in questo momento 12 detenuti, alcuni dei quali provenienti dal regime di isolamento.
Dopo aver partecipato alle lezioni (dapprima a cadenza mensile, ora settimanale), l’ensemble si appresta a cimentarsi in una performance davanti ad un pubblico esterno di 100 persone, cui si uniranno molti detenuti ed alcuni loro familiari, in un auditorium di 400 posti ricavato all’interno del carcere, grazie alla collaborazione della dirigenza della struttura con l’Associazione per MITO Onlus. Tra gli altri progetti culturali educativi portati avanti con successo tra le mura del carcere di Opera, cui il senso di questo nuovo laboratorio musicale si riallaccia, anche il Laboratorio di liuteria a suo tempo istituito da Arnoldo Mosca Mondadori.
Oltre all’assiduo e appassionato lavoro dei Maestri Stefania Mormone e Alberto Serrapiglio, vi è quello dei tanti volontari dell’Associazione per MITO Onlus ed in particolare di Matilde Sansalone, nella sua vita quotidiana avvocato penalista, con una grande passione per la musica, è sin dall’inizio tra gli ideatori e i più sagaci promotori del progetto che, con il sostegno e l’assistenza della Segreteria dell’Associazione, ha curato i rapporti formali con la Direzione del carcere e con la Segreteria trattamentale, oltre che l’organizzazione.
“La nostra Costituzione afferma che la pena attribuita a cittadino, ritenuto colpevole di un delitto, deve essere orientata alla rieducazione, non deve essere “inflitta” con spirito di rivalsa o di vendetta, racconta la Sansalone. Il nostro è un sistema che utilizza lo strumento della detenzione, per proteggere i cittadini dagli elementi pericolosi, ma anche per permettere a chi ha commesso un delitto di intraprendere un percorso di presa di consapevolezza del male arrecato, che gli consenta di aprire degli spiragli nuovi sul mondo, che alimenti una rinata voglia di vivere senza commettere reati, che faccia innamorare della vita, attraverso la bellezza e renda chiaro quanto “convenga” vivere nella legalità.
Aver permesso a dei detenuti di fare una cosa così difficile com’è il suonare insieme li ha messi in condizione di sperimentare la dimensione dell’ascolto reciproco, dell’ascolto da parte di terzi e di un pubblico. Per chi, nell’Associazione, si è impegnato a questo scopo ha significato contribuire a infondere la fiducia e il rispetto di sé stessi e nelle proprie capacità; fiducia nel fatto che ce la possano fare, che sono in grado di lavorare con gli altri in armonia, fiducia nel potere e dovere essere trattati come persone dotate di qualità, di un animo che si può esprimere davanti agli altri e per gli altri, attraverso concetti alti, importanti, attraverso l’arte.
Inoltre, dentro il carcere, in veste di musicisti, i detenuti sono e si sentono tutti uguali, raccontano di sentirsi musicisti, non criminali. Sperimentano un modo diverso di guardarsi tra di loro e da parte dei loro custodi. Credo si possa dire addirittura che l’iniziativa abbia smosso un diverso modo di rapportarsi di tutti, e fra tutti, all’interno delle mura del carcere.
Gestire una struttura carceraria è molto complesso. Le persone che lavorano li dentro sono impegnatissime, immerse nella quotidiana routine (struttura chiusa, con regole ferree, atmosfere particolari, burocrazia). Avviare il progetto non è stato facile, c’è voluto un anno e in questo tempo alcuni degli interlocutori sono cambiati. Si è dovuto trovare un ambiente accessibile, confortevole, dove fosse possibile conservare gli strumenti. Ma la convinzione di quanto fosse bello e importante il risultato ha dato a tutti una marcia in più per poter riuscire. Le dinamiche all’interno di un carcere non somigliano a nulla di quanto accade all’esterno. Negli ambienti chiusi le relazioni hanno bisogno di un’attenzione particolare. I Direttori si occupano di miriadi di cose, per primo la sicurezza all’interno di carcere (specie della gestione dello stress di tutti coloro che vivono all’interno della struttura). I Direttori della Casa di Reclusione che si sono succeduti in questi anni hanno dato tutta la loro disponibilità ed è grazie a loro che siamo arrivati sin qui.
Per tutti i detenuti (e non solo), questa è stata un’esperienza di crescita finalizzata non a un risultato di compassione, un po’ “buonista” se vogliamo, ma di ritrovamento della propria dignità. Al loro ingresso in carcere, come si può immaginare, la maggior parte dei detenuti è lontana da ogni regola di legalità, non crede certo che questa possa dare dei vantaggi. Quando l’istituzione e la società civile, con persone che si prestano volontariamente, supportano il loro desiderio, in questo caso quello di suonare, si dimostra loro nel modo più efficace, con un esempio pratico (non solo di “belle parole”), che vivere nel rispetto delle regole offre moltissimo. Suonare, per i detenuti, è l’opportunità per esprimere se stessi, per avvicinarsi al “lavoro”, un modo per attingere alle proprie risorse, approfittando gratuitamente delle cose belle della vita. Che sono dentro di loro.
La musica favorisce il contatto con la parte più elevata di ogni essere umano, la parte più disinteressata, la parte più immateriale, che ha meno bisogno di prevaricare, che è meno legata all’utilitarismo e alla violenza. Tra chi condivide la musica, in questi contesti si crea una solidarietà e la complicità di chi condivide una passione. L’accordo che va al di là delle parole. Si crea un clima davvero toccante.
Per la società civile, organizzare il laboratorio e, per il pubblico, venire al concerto dovrebbe significare venire al carcere per “guardare” davvero. Per assistere e applaudire a una ritrovata dignità. Per chi si sente rappresentato in un’unica immagine, agganciato e sospeso alle azioni commesse, per citare Pirandello, è importante poter dimostrare che non per forza si dovrà recitare tutta la vita la stessa parte in commedia. Ci si può liberare, anche senza rendersene conto, dalla targhetta, dal timbro del criminale, attraverso l’arte. Ed è un’opportunità tanto per i detenuti e per chi si occupa di loro, che per la società “
La società civile che si è mobilitata per loro vuol dire: noi vi rivogliamo dentro. Non fa “beneficienza”, non cala dall’alto un “dono”. Dice: noi ci attiviamo perché tu possa ritrovare la tua dignità, per poi ritrovare il tuo posto nella società, nel rispetto delle regole. Attraverso la fiducia.”
Ed è altresì alla luce di questo ideale, liberale e umanistico, che Matilde affronta il suo ruolo da legale.
L’Associazione per MITO Onlus, attiva dal maggio 2016, sostiene e affianca le attività del Festival Internazionale MITO SettembreMusica oltre a svolgere un proprio programma annuale di eventi di musica classica dedicati alle situazioni più fragili e ai luoghi decentrati della città e del territorio, nonché nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado .
L’Associazione può contare sul supporto del Comune di Milano e su una fitta rete di Istituzioni pubbliche che attraverso il proprio sostegno rendono possibili le attività: Municipi, Conservatorio di Musica "G. Verdi" di Milano, Civica Scuola di Musica Claudio Abbado, Case Circondariali-Ministero Giustizia, Istituti Scolastici pubblici di Milano.
Inoltre viene supportata dai tanti suoi associati oltre che da Fondazione Cariplo e da Zampa Foundation.

Nessun commento:

Posta un commento

Contatore visite e album degli ospiti (se volete lasciare un commento, grazie)