Martedì 11 aprile 2017 ore 21:00
Cattedrale metropolitana di San Giovanni, Torino
CONCERTO PER LA SETTIMANA SANTA
in programma
Luigi Boccherini (1743 - 1805)
Stabat Mater op.61
per due soprano, tenore e orchestra d’archi
Prima esecuzione della nuova edizione critica
a cura del Centro Studi Opera Omnia Luigi Boccherini
Elisa Soster (soprano 1° )
Valentina Chirico ( soprano 2°)
Stefano Gambarino (tenore)
Orchestra da Camera
"Giovanni Battista Polledro"
Direttore: Antonmario Semolini
UN AVVENIMENTO
Prima esecuzione dell’edizione critica, a cura del Centro Studi Opera Omnia L. Boccherini di Lucca, dello Stabat Mater G. 532 op. 61 per 2 soprani, tenore ed archi di Luigi Boccherini.
Il 20 maggio del 1805, all’età di sessantadue anni si spengeva a Madrid Luigi Boccherini. Questo affascinante musicista, il cui intervento fu decisivo sia per l’evoluzione della musica del XIII secolo e sia per la formazione dello stile classico, per tutto l’arco della sua vita godette della stima e amicizia di parecchie personalità (Luciano Bonaparte, Federico II di Prussia, Giacomo Casanova, il Barone Bagge, Haydn, Mozart, Somis, Philidor, Pleyel, tanto per citarne alcuni) che lo apprezzavano per la sua ineguagliabile capacità d’esecutore al violoncello ma soprattutto come raffinato compositore, tant’è che negli anni ’90 (XVIII sec.) la sua produzione era richiesta al pari di quella di Haydn e di Mozart. Non soltanto: oramai s’era ampiamente diffusa la fama raggiunta dal Boccherini alla guida d’un ensemble composto da sedici eccellenti strumentisti messi a disposizione del suo protetto dalla contessa Ossuna di Benavente col fine di creare l’Orchestra del palazzo “El Capricho” ovvero una formazione di virtuosi che, stando alle cronache dell’epoca, non conosceva rivali…
Tuttavia, subito dopo la sua triste morte sopraggiunta in condizioni economiche ai limiti della più grande povertà, venne rapidamente scordato da tutti.
Una delle massime espressioni della sua genialità è rappresentata dallo Stabat Mater G. 532 op. 61 per 2 soprani, tenore ed archi.
Col desiderio di poter inverare le aspettative di uno fra i più autorevoli musicologi del XX secolo, Massimo Mila, che così scriveva: “Boccherini attende la sua ora, che sicuramente verrà. Non è possibile che un musicista di così copiosa produzione, di così squisita eleganza di formulazione, di così sostanziosa nobiltà di pensiero musicale, non venga nemmeno sfiorato da quella fortuna che investe impetuosa ogni produttore, anche minore, di concerti grossi nello stile barocco”, è con una punta d’orgoglio che vogliamo proporre questo gioiello musicale quale prima esecuzione assoluta dell’Edizione critica a Cura del Centro Studi Boccheriniani di Lucca.
L’ascolto di capolavori come questo non può essere certamente abbinato a null’altro: esso deve lasciare nell’uditorio il desiderio incondizionato d’immergersi in un compiuto raccoglimento spirituale e pertanto rimanere un unicum sul quale semmai rimeditare. Gustiamolo senza lasciarci fuorviare da chi considera Boccherini, ancor oggi e con superficialità, minore rispetto ad Haydn o Mozart (il Divin Boccherini così veniva affettuosamente nominato il genio lucchese dai due grandi coevi…). Nella sua musica si avverte la grandezza del precursore, resa palpabile dai chiaroscuri timbrici e dalla struttura armonica che ci fanno approdare a una sponda di compiuta nobiltà d’animo. Apprezziamo la sua genialità che sovente appaia se non supera quella dei due compositori austriaci. Godiamo del suo porre in rilievo i continui contrasti sia sonori che dinamici (si narra che dirigendo i suoi lavori non trovasse il piano abbastanza piano né il forte abbastanza forte e che la “sestina” non doveva sonare qual doppia terzina…). Rispettiamo quella sua austera intransigenza che diventava addirittura maniacale quando si trattava dell’esecuzione, “vi prego di non giudicare le mie opere prima di averle ascoltate due o tre volte e non prima che i professori che le eseguono le abbiano provate e ben comprese” scriveva nel 1796 all’editore Pleyel. Riveriamo infine la consapevolezza della preziosità e dell’originalità delle sue composizioni dalle quali il Boccherini - seppur di carattere schivo, estremamente riservato e con un velo di perenne malinconia nello sguardo (probabilmente molto simile a come lo si vede immortalato nel famoso “ritratto di Famiglia dell’Infante Don Luis” laddove il Goya lo ritrae di profilo di fronte a sé) - trae quell’energia che gli permetterà di sopravvivere, nonostante una lunga sequela di tragiche avversità culminate con la morte della seconda moglie e di tre figlie, opponendosi alle sofferenze dell’anima e del corpo col rigore della sola forza della fede; il medesimo rigore che ritroviamo nei suoi “tempi veloci”, traboccanti di raffinatezze espressive e con a tratti financo accenni ai ritmi e alle danze popolari dell’amata Spagna.
“Se Iddio volesse parlare agli uomini per mezzo della musica si servirebbe delle composizioni dell’Haydn e del Mozart, ma se ascoltar volesse musica per sé stesso, pel proprio piacere, preferirebbe quella del Boccherini!” lasciò scritto il compositore Jean-Baptiste Cartier (1798).
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