2018_09_10 MITO alle 17.00 DANZE UNGHERESI al Piccolo Teatro Studio Melato

MITO SettembreMusica 2018 presenta
 DANZE UNGHERESI
La “viola” è la protagonista assoluta di una serata dedicata a Brahms e ai suoi amati ritmi ungheresi, tra SonateScherzi e Danze
 Lunedì 10 settembre 2018, ore 17, Piccolo Teatro Studio Melato
Via Rivoli 6, Milano
 Posto unico numerato, 5 euro
Biglietti in vendita su www.ticketone.it

PROGRAMMA

Nils Mönkemeyer, viola

William Youn, pianoforte

Johannes Brahms (1833-1897)
Sonata in fa minore op. 120 n. 1
Allegro appassionato
Andante un poco adagio
Allegretto grazioso
Vivace
 
Danza ungherese n. 16 in fa minore
trascrizione di Nils Mönkemeyer e William Youn
PRIMA ESECUZIONE IN ITALIA
 
Danza ungherese n. 1 in sol minore
trascrizione di Nils Mönkemeyer e William Youn
PRIMA ESECUZIONE IN ITALIA
 
Scherzo in do minore
per la Sonata F.A.E.
 
Sonata in mi bemolle maggiore op. 120 n. 2
Allegro amabile
Allegro appassionato
Andante con moto. Allegro
 
Nils Mönkemeyer viola
William Youn pianoforte

Non capita spesso di ascoltare un recital con una viola come protagonista. Per MITO SettembreMusica,lunedì 10 settembre, alle ore 17, al Piccolo Teatro Studio Melato, arriva la viola di Nils Mönkemeyer, l’artista di Brema assurto a fama internazionale, capace di accendere gli animi e i riflettori su questo strumento. Una serata interamente dedicata a Johannes Brahms (1833-1897). Mönkemeyer e il pianista coreano William Youn ci guidano tra i ritmi e i temi ungheresi tanto cari al compositore di Amburgo.

Il programma propone i due capolavori composti da Brahms per viola, la Sonata in fa minore op. 120 n. 1e la Sonata in mi bemolle maggiore op. 120 n. 2 per poi inoltrarsi nell’esplorazione di temi e movenze ungheresi che il compositore tedesco ha accolto, con rapinoso affetto, nelle proprie Danze, proposte in prima esecuzione italiana nelle trascrizioni per viola e pianoforte di Mönkemeyer e Youn. Completa il programma lo Scherzo in do minore per la Sonata F.A.E.

Per clarinetto nascono le due Sonate op. 120 che, come indica l’alto numero d’opera, appartengono all’ultima fase del suo lavoro. Fu lo stesso Brahms, che le scrisse nell’estate del 1894, ad affermare che entrambe le Sonate potevano, però, essere tranquillamente adattate alla viola, entrambi strumenti da lui molto amati, strumenti che in orchestra occupano registri mediani, e che spesso suonano “nascosti” rispetto a quelli di maggior visibilità (un altro tassello della sua poetica). Come spesso avveniva per le sue ultime composizioni, anche qui il materiale musicale è ridotto al minimo, idee brevi una melodia che si afferra, ma è come se scomparisse subito dalle mani, astratta, lasciando la ribalta a una serie di elementi “atmosferici”: il ritmo, l’espressività, l’armonia, il colore strumentale.

Quindi le Danze ungheresi, proposte in trascrizione per viola e pianoforte ed eseguite in prima italiana. Fu Massimo Mila a capirne tra i primi l’importanza, quali punto di riferimento che non avrebbe mai smesso di far luce alla ricerca estetica brahmsiana. Mila ci trovava il germoglio di una sintesi perfetta fra tono popolare e arte, vitalità e lavoro sulla forma, semplicità dell’ascolto e densità dell’opera compositiva. Era impossibile restare indifferenti, secondo Mila, di fronte a un’esuberanza così sincera e al tempo stesso così finemente elaborata. Un paragone poteva essere fatto forse con le stoffe dei costumi popolari ungheresi, il cui effetto sgargiante si deve spesso alla combinazione di motivi floreali cuciti a mano con cura minuziosissima. Le idee melodiche e i ritmi di danza si ripetevano, in una stessa composizione, così come avveniva con gli elementi decorativi sui vestiti. Molto diversa era l’arte combinatoria della variazione che Brahms avrebbe sviluppato in seguito ispirandosi all’esempio del Barocco. Brahms lavorò a lungo entro queste due polarità, la variazione e la ripetizione, alla ricerca di equilibri provvisori che non si sarebbero mai tradotti in una formula o, se si preferisce, in un’ideologia.

La Sonata F.A.E., infine, fu un gioco musicale che Robert Schumann ideò in onore di Joseph Joachim, il violinista che era stato a lungo partner di Brahms in duo. Schumann propose a due amici compositori, Brahms e Albert Dietrich, di comporre una sonata per violino e pianoforte a più mani, lasciando a Joachim il compito di indovinare chi fosse l’autore dei singoli movimenti. Lo Scherzo in do minore rappresentava il contributo di Brahms. Le tre lettere che compaiono nel titolo della Sonata indicano una successione di note (fa, la, mi) usate come base delle idee tematiche di ciascun movimento, ma vengono viste anche come acronimo di un motto − Frei aber einsam, cioè “libero ma solo” − riferito al celibato di Joachim. Per lo Scherzo Brahms lavorò sul motivo che apre il terzo movimento della Sinfonia n. 5 di Beethoven, trasformandolo sempre più in un motivo di danza che dalla Vienna classica sembra spostarsi verso le praterie della musica popolare ungherese.

Il concerto è preceduto da una breve introduzione di Luigi Marzola.
Il testo si avvale del contributo musicologico di Stefano Cantucci. 

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