Sabato 21 febbraio 2015 - ore 21.00
Auditorium di Milano – largo Mahler
CONCERTO
STRAORDINARIO
IL GRANDE DUCA
La Big Band di Paolo Tomelleri
suona Duke Ellington
Organico
Trombe Daniele Moretto, Stefano
Bassalti, Roberto Villani, Marco Fior
Tromboni Rudy Migliardi, Andrea
Andreoli, Claudio Barbieri, Pierluigi Salvi
Sassofoni Gianpaolo Casu, Paolo
Kromberg, Alberto Buzzi, Enzo Lamendola,
Gilberto Tarocco
Pianoforte Fabrizio Bernasconi
Chitarra Sergio Farina
Contrabbasso Marco Mistrangelo
Batteria Tony Arco
Voce Celeste Castelnuovo
Direttore e Clarinetto Paolo Tomelleri
Paolo Tomelleri, jazzista amato e
stimato in tutto il mondo sia per le sue qualità musicali che umane, è un
grande amico de laVerdi. Numerose sono state le sue apparizioni all’Auditorium
di Milano, alla guida di una Big Band che, come il suo leader, condivide
successi e apprezzamenti in ogni angolo del pianeta. Ecco dunque che, dopo il grande
successo di “Natale in Jazz” del dicembre scorso, la “casa della musica”
milanese ospiterà nuovamente il grande clarinettista vicentino alla guida della
sua band, formata da musicisti del calibro di Tony Arco, Emilio Soana, Daniele
Moretto, Rudy Migliardi, Fabrizio Bernasconi, ai quali si aggiunge la voce cristallina di Celeste Castelnuovo.
L’appuntamento è per sabato
21 febbraio (ore 21.00): sul palco dell’Auditorium di Milano in
largo Mahler l’orchestra di 20 elementi diretta da Paolo Tomelleri, si
esibirà in un concerto all’insegna del grande Duke Ellington, in
originali versioni di celebri brani del compositore statunitense (tra cui Caravan,
Mood-Indigo, Sophisticated Lady, It don’t mean a thing, Solitude),
che ha contribuito a fare storia del jazz e della musica americana del
Novecento.
Paolo Tomelleri e la Big Band
La big band trae origini dalle primitive marchin’
bands, ovvero le orchestre costituite da un insieme di strumenti a fiato
sostenuti da strumenti a percussione, che suonavano per le strade di New
Orleans durante matrimoni, feste di ogni tipo e funerali: erano vere e proprie
sfilate musicali che si adattavano alla circostanza, ma sempre mantenendo la
stessa impronta. Con il passare del tempo, e con l’arrivo di musicisti più
preparati sul piano tecnico, la musica cominciò a essere scritta in partitura,
per dare un’organizzazione più consona ai vari strumenti impiegati. Nacquero
così le prime big band nel senso più compiuto del termine, non più
impiegate per marce stradali, ma in locali al chiuso (le ballrooms) e
nei teatri. Famose nella storia del jazz sono le grandi orchestre di Fletcher
Henderson, Benny Goodman, Glenn Miller, Duke Ellington, Count Basie, che vissero da protagoniste gli anni d’oro del periodo swing, a
ridosso del secondo conflitto mondiale. È a queste grandi orchestre che la Big
Band di Paolo Tomelleri – una delle pochissime permanentemente attive in Italia
e non solo - si ispira, presentando alcuni fra i brani più rappresentativi del
genere swing.
Del resto, non è un caso che proprio Tomelleri
riesca ancora oggi, a dispetto dei tempi non propriamente favorevoli, a tenere
viva una tradizione che sa rinnovarsi e adattarsi alle esigenze del pubblico,
pur mantenendo inalterata la sua impronta originale e originaria.
Tomelleri
- per tutti, al di qua come al di là dell’Oceano, “il Benny Goodman italiano” - entra subito a far parte della famiglia dei musicisti di jazz, unendosi
ai Windy City Stompers per cominciare una carriera lunghissima, piena di
collaborazioni sempre ad alto livello, in Italia così come all’estero.
Tomelleri è autore, tra l’altro, di musiche da
film, spettacoli teatrali, documentari, jingle pubblicitari, libri di armonia,
solfeggio e studio del clarinetto. Ha inoltre scritto e arrangiato musica per
svariate case discografiche, ha suonato tutti i giorni praticamente in tutto il
mondo, partecipando ai più importanti festival jazz europei, che si contendono
la sua presenza.
Il programma
L’espressionismo del Duca
Inizialmente concepiti come brani strumentali,
poi divenuti anche vocali, gran parte dei brani in programma sono stati registrati
da un infinito numero di artisti di grande valore: da Ella Fitzgerald a Nat
“King” Cole, da Frank Sinatra a Louis Armstrong a Thelonious Monk.
Nel caso del “Duca”, si parla spesso di musica
espressionista e l’idea che le sue composizioni fossero dei “quadri musicali” o
che egli riuscisse a “dipingere con i suoni” fu un concetto più volte narrato
dallo stesso musicista (coltivò in gioventù anche una certa passione per la
pittura, accarezzando l’idea d’intraprendere la carriera di cartellonista
pubblicitario).
Il brano Mood indigo, su testo di
Irving Mills, è uno dei più significativi esempi dell’espressionismo di Ellington.
In origine intitolato Dreamy Blues, fu composto nel 1930 per una trasmissione
radiofonica. La canzone In a Sentimental Mood (1935), su testo di Irving
Mills e Manny Kurtz, sarebbe nata a Durham (Carolina del Nord), come nelle
parole del Duca: «Avevamo danzato in un magazzino di tabacco e, dopo, un mio
amico, dirigente della North Carolina Mutual Insurance Company, diede una festa
per noi. Stavo suonando il pianoforte quando un altro nostro amico ebbe dei
problemi con due ragazze. Per rappacificarli, composi questa canzone là per là,
con una ragazza su ciascun lato del pianoforte». Il titolo della canzone It
Don’t Mean a Thing (If It Ain’t Got That Swing) del 1931, su testo di
Irving Mills, è una frase spesso pronunciata da Bubber Miley (ex trombettista
di Ellington) che in quei giorni stava morendo di tubercolosi. Divenne
rapidamente famosa anche perché esprimeva «il sentimento musicale che era
condiviso dalla maggioranza dei musicisti jazz dell’epoca». Fu la prima canzone
a usare nel titolo il termine “swing”, segnando l’inizio di quella che sarà poi
chiamata “età dello swing”. Il brano restò per decenni nel repertorio
dell’orchestra di Ellington (fino al suo scioglimento), in programma quasi in
ogni concerto.
Il ruolo di cantante per questo pezzo era per
solito ricoperto da Ray Nance, al quale si deve l’idea di cantare il refrain
“Duh-wah-du-wah-du-wah-du” (nelle prime versioni, riff degli ottoni). Take
the A Train (1938) è un jazz standard composto da Billy Strayhorn. Il
titolo della canzone fu ispirato dalla linea A della metropolitana di New York,
che portava dall’estremo est di Brooklyn fino ad Harlem e all’estremo nord di
Manhattan, connettendo quelli che al tempo erano i più popolosi quartieri di
colore. Divenne il pezzo di punta di Duke Ellington e spesso fu il primo
eseguito da Ella Fitzgerald nei suoi concerti. The star-crossed lovers,
nota anche con il titolo Pretty Girl (Ellington-Strayhorn), si rifà
all’espressione coniata da Shakespeare in Romeo e Giulietta per la coppia di
amanti ostacolati da una cattiva stella È il numero nove dell’album Such
Sweet Thunder, pubblicato nel 1957 dalla Columbia Records, strutturato in
dodici brani ispirati alle opere del grande bardo.
(Biglietti € 15.00/9.00. Info e prenotazioni: Auditorium di Milano
Fondazione Cariplo, largo Mahler, orari apertura: mar – dom ore 14.30 – 19.00,
tel. 02.83389401/2/3; biglietteria via Clerici 3 (Cordusio), orari apertura: lun – ven ore 10.00 – 19.00, sab ore 14.00 – 19.00,
tel. 02.83389.334 www.laverdi.org).
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