2018_09_13 MiTo SUONARE LO SPAZIO

Evelyn Glennie percussioni
Philip Smith pianoforte

Ritmi e timbri di percussioni danzati nello spazio, nella performance della percussionista super star Evelyn Glennie  

Musiche di Keiko Abe, Evelyn Glennie/Philipp Sheppard, James Keane, James Tenney, Nebojša Jovan Živković

Giovedì 13 settembre 2018, ore 21, Teatro Fontana
Via G. A. Boltraffio, 21, Milano

Posto unico numerato, 15 euro
Biglietti in vendita su www.ticketone.it
PROGRAMMA
 
Keiko Abe (1937)

Prism Rhapsody

 
Evelyn Glennie / Philip Sheppard (1965/1969)
Orologeria Aureola
 
James Keane

Piece for Dance

 
James Tenney (1934-2006)

Having Never Written a Note for Percussion 
 
Nebojša Jovan Živković (1962)

Quasi una Sonata 

Il concerto in programma a MITO SettembreMusica, giovedì 13 settembre alle 21 vede il palcoscenico del Teatro Fontana animarsi della “danza musicale” della percussionista Evelyn Glennie che, percependo ed esprimendo ciò che non può più sentire attraverso il movimento, disegna i contorni del ritmo nello spazio. Vederla, oltre che ascoltarla, è dunque un’esperienza davvero speciale.

Superando ogni possibile pregiudizio e aspettativa la Glennie, divenuta sorda durante la sua infanzia, è oggi una delle maggiori virtuose di una famiglia di strumenti variegata e complessa qual è quella delle percussioni. L’artista scozzese ha imparato, con intelligenza e determinazione, ad ascoltare la musica in modo diverso, lasciando che il ritmo fluisse attraverso il corpo e penetrasse in ogni fibra come in una danza infinita.

Il suo concerto in duo con il pianista Philip Smith si apre con un lavoro di un’altra eccezionale pioniera delle percussioni, sua grande fonte d’ispirazione, Keiko Abe, virtuosa della marimba di sbalorditiva abilità e incredibile forza espressiva, oltre che compositrice dotata d’infinita creatività. La Glennie le rende omaggio eseguendo uno dei suoi lavori più conosciuti, Prism Rhapsody (1955) per marimba e orchestra di fiati, e pubblicata subito dopo anche in una versione con pianoforte. L’improvvisazione riveste un ruolo importante nel lavoro, così come l’ebbrezza del virtuosismo, che significa giostrare a velocità supersonica con le bacchette, impugnate a due per mano, cadendo sui listelli con precisione chirurgica. Di natura concertante, Prism Rhapsody presenta uno spiccato carattere dialettico con un pianoforte che si ricorda d’essere anch’esso strumento a percussione.

Compositrice anch’essa, nel 2011 la Glennie scrive Orologeria Aureola, in collaborazione con il compositore Philip Sheppard. Il titolo richiama l’idea di un congegno meccanico, in cui il disegno ritmico intrecciato di pianoforte e halo, uno strumento di latta a forma di coperchio con ammaccature prodotte ad arte per intonare il suono, si propaga con una specie di moto perpetuo. Sullo sfondo, una melodia al violoncello, registrata su nastro.

La musica del londinese James Keane, sempre straripante di energia, è molto spesso incanalata in forme coreografiche, come nel caso di Piece of Dance, scritto nel 2016 per lo spettacolo Desappearing Actsdella compagnia Flexer & Sandiland. Nella performance coreografica, il lavoro era eseguito dal vivo da Evelyn Glennie, che poi ha deciso di mantenerlo in repertorio anche in forma di concerto.

La partitura di Having Never Written a Note for Percussion (1971) del compositore americano James Tenney, esponente di spicco del Fluxus, riflette una concezione di virtuosismo che ha a che fare con la capacità di dominare con la forza della concentrazione ogni singolo muscolo del proprio corpo, quasi un “virtuosismo dell’autocontrollo”. La partitura è interamente contenuta in una cartolina postale spedita al dedicatario, il percussionista John Bergamo, che si vide arrivare un semplice rigo con una nota ribattuta, da eseguirsi con una forcella – molto lunga - di crescendo dal nulla al “ffff” per poi tornare al silenzio di partenza.

Il rapporto tra percussioni e pianoforte suscita altre riflessioni nel lavoro di Nebojša Jovan Živković, percussionista e compositore tedesco di origine serba. Quasi una Sonata op. 29 (2001) commissionato da Evelyn Glennie alludendo sin dal titolo a una celebre Sonata di Beethoven, mette in luce il rapporto problematico della scrittura per due strumenti, percussioni e pianoforte, per molti aspetti affini, ma con una storia completamente diversa alle spalle. È facile, dunque, che le percussioni siano istintivamente relegate a un lavoro puramente ritmico, appena il pianoforte inizia a suonare, oppure, viceversa, che il pianoforte accentui in maniera enfatica il suo lato percussivo, dimenticando i colori che si possono sprigionare dalla sua tastiera. L’autore si concentra sulle sfumature dei timbri, sul variopinto paesaggio ritmico, sull’affresco dei contrastanti caratteri dipinti dalla scrittura musicale, lasciando l’interrogativo – se tutto questo abbia o no alla fine la dignità di una sonata – aperto.

Il concerto è preceduto da una breve introduzione di Gaia Varon.
Il testo si avvale del contributo musicologico di Oreste Bossini.

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