2009 07 18 Festival Puccini Turandot un mirabile commento

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Il Mistero della tensione eroica verso la Verità

Le difficoltà di interpretazione di Turandot sono legate alla partitura dell'opera e alla necessità di trasformare una fiaba in un dramma credibile dell'esistenza: la ricerca della Verità; trasformare una fiaba nella tragedia dell'uomo che lascia il suo mondo teso alla Verità, "divina bellezza, sogno, meraviglia".
Chi "di sangue regio", nobile di spirito, intende possedere Turandot, deve sciogliere degli enigmi.
E' la legge del destino che premia con il possesso della Verità chi non teme di affrontarla.
Da tale destino il popolo cerca distogliere il Principe: "Pazzo, la porta è questa della gran beccheria".
Si esprime così la coscienza del fallimento vissuto dai poveri di spirito.
Per contrasto uno Straniero di fronte al dolore del genitore che lo interroga : "Figlio, "Vuoi morire così?" risponde : "Questa è la vita, padre!".
Uno Straniero che rinuncia all'amore di Liù, e che al suo richiamo: "Signore, ascolta" risponde: "Nessuno più io ascolto, io vedo il suo fulgido volto! La vedo. Mi chiama!" La Verità.
Non è la Morte a scoraggiare il Principe, ma è la Vita dal fulgido volto, ad attrarlo.
La Vita, Verità dell'Essere simboleggiata da Turandot.
Nel primo atto c'è la totalità della Turandot. Come parabola evangelica, la cornice fiabesca ha significati altissimi e quasi religiosi.
Turandot fiaba, parabola, che racconta il folle volo del Principe verso l'ignoto, come Ulisse di Dante.
L'impeto del Principe, l'atmosfera da tragedia, pregna di incognite nella conflittualità di un uomo, si impongono con l'intreccio di melodie e drammaticità del primo atto.
E tale conflittuale vicenda si snoda fino alla sequenza finale, nella quale la musica esplode in un avvolgente concertato che dà sostanza musicale agli sgomenti di tutti i personaggi, atterriti e soggiogati dalla follia "furente" del Principe che fedele al suo richiamo dichiara di voler sfidare la sorte, invocando Turandot.
Nell'aria di Turandot nel secondo atto c'è la spiegazione della sua apparente crudeltà, rinviata alla memoria dei secoli, legata a un bisogno di riscatto da un peccato originale.
Gli enigmi posti sono coerenti: La speranza, "che tutto il mondo invoca". La Speranza incontro con la Verità. Il sangue: fiamma, come febbre che l'inerzia tramuta in languore. Senza tale febbre, nel languore non v'è vittoria. E infine Turandot stessa, la Verità "candida e oscura". La Verità che innamora, ma che si allontana se prossima a essere carpita. E il Principe ne è tenuto lontano perché essa è sacra. Alle soglie della Verità egli propone che il suo nome sia pronunciato prima dell'alba. Chi cerca la Verità e si trova respinto, accetta quale ultima sfida che il mistero che racchiude sia svelato, e attende l'alba quale nuova stagione dell'essere.
E' l'ultimo scontro tra la passione dell'uno e la ragione dell'altra.
In tale conflitto appare Liù, sola depositaria del mistero del Principe, disposta a morire per non svelarlo. Con le sue esequie sottolineate da uno struggente assolo dell'ottavino, l'incanto dell'opera si conclude.
A fronte della potenza innovativa del primo atto le idee melodiche cessano. Il finale di Alfano è banale. La morte di Liù è l'epilogo della produzione pucciniana e il capitolo finale del melodramma dominato dall'inscindibile connubio musica e libretto di cui il Maestro fu geniale esponente.
Di tanta bellezza non v'è traccia.
La regia di Scaparro si riscatta poco nella luce accecante con cui fa entrare Turandot, la Verità che non si lascia guardare per la intensità della luce irradiata. Muta la orchestrazione di Galli. Poco convincente la prestazione del coreano Hong, il Principe, con voce affaticata fino a emissioni più grida che note acute. Identica la Popovskaya, Turandot, assai giovane per un ruolo tremendo. Dal naufragio si eleva la voce di D'Annunzio Lombardi, Liù, il cui canto e la cui gestualità rendono la fragilità e lo struggente coraggio della fanciulla. In linea con la sventurata vecchiezza il Timur di Zanazzo. Dunque scialba interpretazione del capolavoro pucciniano.
fm.mirabile@virgilio.it  
Postato da manlio mirabile in Musica, spettacolo, cultura alle 6:16 PM

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