2021_10_23 TEATRO COCCIA-Novara IL CASTELLO DI BARBABLU’

TEATRO COCCIA-Novara
Sabato 23 ottobre 2021 ore 20:30
Domenica 24 ottobre 2021_10_24 ore 16:00
IL CASTELLO DI BARBABLU’
Prologo 
DOPO L’ULTIMA STANZA, PRELUDIO A BARBABLÙ
Musica di Claudio Scannavini
Giuditta Pascucci, Carolina Rapillo
Opera
IL CASTELLO DI BARBABLU’
Musica di Béla Bartók
Orchestrazione per organico orchestrale ridotto
Paola Magnanini
e Salvatore Passantino (Accademia AMO)

Orchestra del Teatro Coccia
Direttore Marco Alibrando
Scene e costumi Matteo Capobianco
Coproduzione Fondazione Teatro Coccia e Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi
Viaggio nel Mondo di Barbablù e Barbablù tra realtà e finzione

Da Martedì 19 Ottobre le iniziative per avvicinarsi all’opera di Bartòk in scena il 23 e 24 Ottobre.
Dopo Le Ore delle Spose l’opera da camera scritta da Claudio Scannavini, con la regia di Deda cristina Colonna, che lo scorso fine settimana a Casa Bossi ha introdotto il pubblico nelle atmosfere e nella storia de Il Castello di Barbablù, il Teatro Coccia di Novara propone due iniziative di avvicinamento e approfondimento dell’opera. Un allestimento inedito, concepito per nuovo organico orchestrale a 23 elementi, con orchestrazione a cura degli studenti di Accademia AMO, Paola Magnanini e Salvatore Passantino. E in scena due debutti importanti: nel ruolo del Principe Barbablù Andrea Mastroni, basso acclamato da critica e pubblico, impegnato in numerosi ruoli nei maggiori teatri del mondo e in quello di Judith il soprano statunitense Mary Elizabeth Williams.
L’opera sarà diretta da Marco Alibrando, la regia è firmata da Deda Cristina Colonna e le scene e i costumi da Matteo Capobianco.
Il sodalizio Colonna - Capobianco torna dopo l’esperienza de L’Ora delle Spose di Claudio Scannavini, che ha segnato un vero e proprio ingresso all’interno dell’opera di Bartok.
Il Castello di Barbablù sarà presentata nella lingua originale del compositore.
Ad introdurre il pubblico nel mondo di Bartók un nuovo preludio scritto da Claudio Scannavini, che vede ancora protagoniste Carolina Rapillo e Giuditta Pascucci. 

Martedì 19 Ottobre 2021_10_19 
Mercoledì 20 Ottobre 2021_10_20 
Venerdì 22 Ottobre 2021_10_22 
dalle 15 alle 18 (ultimo ingresso alle 17)
Biglietti a 3,00 euro.
Sarà possibile assistere a parte delle prove dell’allestimento che sarà in scena Sabato 23 e Domenica 24 Ottobre, sempre con la regia di Deda Cristina Colonna, visitare il Teatro e lo storico Retropalco del Conte Caccia, allestito per l’occasione da Matteo Capobianco (che firma scene e costumi dell’opera di Bartòk) e infine partecipare a una originale messa in scena del Barbablù, al Piccolo Coccia con un allestimento di teatro d’ombre a cura di ControLuce.

Giovedì 21 Ottobre 2021_10_21 alle 18.00
Teatro sala grande un incontro tra finzione e realtà, tra storia e attualità: il Questore di Novara Rosanna Lavezzaro e lo scrittore Marco Scardigli sono i protagonisti di Ahi, storie segrete. Dove, dove trovarle? Partendo dai primi versi dal Barbablù di Bartòk il giornalista Luca Baccolini con i due ospiti racconteranno “i Barbablù” che popolano le pagine della letteratura e quelle dei giornali. Un appuntamento che ancora una volta mostra l’attualità del teatro e dell’opera lirica. Ingresso gratuito con biglietto.
Per ulteriori informazioni si invita a contattare la biglietteria del Teatro allo 0321233201.

NOTE della organizzazione: 
DEL DIRETTORE D’ORCHESTRA MARCO ALIBRANDO
Uno degli aspetti più interessanti dell’unica opera di Béla Bartók è senz’altro quello del rapporto tra il metro verbale e quello musicale. Per la prima volta la lingua ungherese non risulta violentata e deformata dalle esigenze della musica. Kodály, grande compositore e didatta ungherese amico di Bartók, ci racconta che <<fino ad oggi il contrasto continuo tra gli accenti del testo e quelli della musica è stato la regola, e quasi sempre era la musica ad avere la meglio. Bartók volle liberare la nostra lingua e rendere più musicale l’inflessione naturale della voce; egli impresse così allo stile recitativo ungherese un nuovo slancio. Per la prima volta sulle nostre scene il canto si esprime dall’inizio alla fine in un ungherese omogeneo e puro>>. Sin dall’inizio dell’opera i protagonisti esprimono la perpetua incomunicabilità che li separa cantando attorno a due note tra loro armonicamente lontanissime: fa diesis per Barbablù e fa naturale per Judit. Nella seconda parte dell’opera queste note si invertiranno a specchio, rivelando la costruzione a palindromo dell’opera. Nella nuova strumentazione a cura di Paola Magnanini e Salvatore Passantino, realizzata sotto la preziosa supervisione di Marco Taralli, l’orchestra può esprimersi con un ricco campionario di figure musicali stilizzate come lamenti, accenti di dolore, grida soffocate e impotenti. Gli stridori degli archi pizzicati, le rapide successioni di note dei legni, dell’arpa e del pianoforte non sono utilizzati solo per restituire l’immagine di ferri acuminati presenti ad esempio nella camera della tortura ma anche per descrivere il sangue onnipresente mediante l’uso di pungenti dissonanze (intervallo armonico di seconda minore), oppure i gelidi soffi che increspano il lago delle lacrime realizzati con una serie di rapidi e sinistri glissando di arpa, flauto e clarinetto.
I particolari descrittivi improntanti al realismo che traducono in musica il claustrofobico ambiente del castello non possono che far venire in mente la celebre frase di Emilio Sala <<Una musica da ascoltare con gli occhi o da vedere con le orecchie>>.

DI REGIA, DEDA CRISTINA COLONNA
Esplorando ‘Il castello del principe Barbablù’ di Bela Bartok, invece del tradizionale stereotipo di spietata crudeltà uxoricida ho incontrato un personaggio complesso, tridimensionale, fortemente contrastato, umano. Alla disperata ricerca di essere amato incondizionatamente, Barbablù si sposa per l’ultima volta e cedendo alla curiosità di Judit, apre le porte delle sette stanze segrete del suo castello, svelando progressivamente le pieghe nascoste del suo carattere. Dapprima espone le caratteristiche più spaventose - aggressività, crudeltà, forza – per rivelare solo in seguito l’inattesa bellezza, l’orgogliosa grandezza, la profonda tristezza. In tutte le stanze Judit vede tracce di sangue e si convince, credendo alle dicerie sul conto del marito, che si tratti dell’evidenza delle violenze subite dalle sue mogli precedenti. Spaventata ed inizialmente prigioniera del suo stereotipato ruolo salvifico, Judit non si interessa al contenuto delle stanze ed è pronta a tutto pur di riuscire ad aprire tutte le porte, fino al finale in cui, con la scoperta delle tre mogli vive e quasi deificate, si conclama la dannazione dei due protagonisti. Paralizzati dall’incapacità di ascoltare profondamente le istanze altrui, Barbablù e Judit terminano separati e costretti in uno spazio emotivo che va riducendosi progressivamente, fino ad implodere nell’ineluttabilità di una fine senza sorprese, senza salvezza, senza scelta.

NOTE di  PAOLA MAGNANINI e  SALVATORE PASSANTINO – Accademia AMO
Un anno fa la direzione del Teatro Coccia ha deciso di mettere in scena il Castello del Principe Barbablù, prima ed unica opera del compositore ungherese Bèla Bartók, ma con un organico orchestrale molto ridotto, passando da un minimo di 90 elementi dell'originale ad una elaborazione per soli 23 strumenti. Orchestrare per un organico ridotto una partitura come quella del Castello del Principe Barbablù è stata sicuramente una sfida impegnativa. La musica era già stata concepita con un pensiero timbrico ben preciso: il gran numero di strumenti impiegati, offriva opportunità timbriche praticamente illimitate! Nel tradurre quindi questo lavoro sinfonico in musica da camera, l'approccio generale si è mosso in due direzioni: il primo è stato quello di conservare i colori originali, cosa possibile soprattutto in caso di passaggi solistici e momenti caratterizzanti da uno strumento in particolare. Il secondo modo di agire è stato quello di individuare il gesto, il carattere, il significato profondo di un determinato passaggio o di una ambientazione, provando quindi a ripensarlo in base alle nuove opportunità offerte dall'organico cameristico. Ogni gesto, dagli arabeschi e le volate per rappresentare le porte del Castello che sbattono al rapido rabbrividente arpeggio che accompagna la visione del lago di lacrime, come altri gesti analoghi, portano con sé un significato chiaro e traducibile anche con un numero ridotto di strumenti.
Sfida nella sfida è stata quella di lavorare a quattro mani: il rischio era quello di percepire due diversi modi di scrivere dando alla luce un lavoro incoerente. Per evitare questo, come allievi del corso di composizione per il teatro musicale dell'Accademia dei Mestieri dell'Opera, abbiamo svolto prima un attento studio di analisi della partitura originale cercando i gesti fondamentali del percorso drammaturgico e fatto sì che la coerenza timbrica facesse da filo rosso per tutta l'opera. Ulteriore garanzia di questo lavoro ed intento comune è stato il nostro docente dell'Accademia AMO, Marco Taralli, che ha costantemente supervisionato le partiture affinché l'opera si muovesse in un’unica direzione e restituisse il sapore orchestrale bartokiano.

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