G.T. DE ANGELIS
VINCENZO BELLINI
La vita, l'uomo, l'artista
Un volume con una originale prefazione.
Per intenderci...
Quella ventata di positivismo e di criticismo che nel secolo scorso scombuiò le diverse ramificazioni della nostra cultura (filosofia, scienza sociale, estetica, psicologia, morale ecc.) può ben dirsi per certi capi benedetta. Caddero così sul suolo, come le foglie morte dell'autunno, certe concezioni tutte accademiche e rettoriche dello studio, certe tradizioni burocratiche che vincolavano la vita dello spirito critico impedendo il libero germoglio delle idee nuove. Tutta una sovrastruttura di stucchi barocchi e di adornamenti in cartapesta sgretolarono per quella ventata alquanto provvidenziale, dalle volte del tempio della verità e della bellezza, lasciando scorgere finalmente gli eterni affreschi della vita, come li sa produrre l'umanità genuina.
2020_05_02 RICORDIANA Novembre 1995 si parla di Vivaldi e di Bayreuth
RICORDIANA Anno 1 N.9 Novembre 1955
Antonio Vivaldi
Quando il presente non faceva rimpiangere il passato, i musicisti, coll’atto di morte, sparivano pure dalla vita musicale. Cosi fu per Claudio Monteverdi, del quale si ricordava come cosa lontana, quasi leggendaria, il solo Lamento di Arianna; eppure al suo tempo fu considerato un Dio: il divino Claudio. Era forse preferibile che la vita continuasse noncurante di chi non è più su questa terra, anziché impagliare i morti, come si fa ora. Gli imbalsamatori sono abili, scaltri, ma l'idolatria abolisce il controllo su ciò che in realtà rappresenta l'idolo, sia pure un pelo della barba del Profeta o un dente d'elefante.
Da tre quarti di secolo si innalzano, spesso con materiale molto friabile, i piedistalli sui quali i geni musicali dovrebbero toccare il cielo.
E' sorta in tal modo una autentica torre di Babele, o, per meglio dire un conglomerato di torri di Babele in cemento armato (armato di malafede) vuote all'interno per potervi insediare l'amministrazione di tutte le speculazioni musicali. La vera torre di Babele non raggiunse il cielo perché gli uomini finirono col non comprendersi più, esattamente come accade nella Babele musicale: l'incomprensione ha fatto perdere ogni più elementare senso di pudore.
Le esumazioni ebbero inizio il giorno in cui l'arte contemporanea vestì il saio del mendico, quando cioè a Beethoven era succeduto, erede universale, Johannes Brahms, autore della decima Sinfonia.
La musicologia divenne allora l'unica risorsa per i compositori falliti, i quali per non fallire una seconda volta, vestirono alla moda corrente i compositori del passato. Qualora li avessero lasciati com'erano, urtando contro il gusto corrente, avrebbero forse subito la stessa sorte dei compositori che rappresentano veramente il nostro tempo.
Le rielaborazioni, gli adattamenti e perfino le edizioni accademiche di opere antiche contribuirono a chiudere un'altra via d'uscita alla musica contemporanea la quale, più vicina all'antica che a quella dell'Ottocento, avrebbero potuto allargare un po' gli orizzonti del disorientato ascoltatore. Invece, facendo di Palestrina un maestro da chiesa di campagna, di Monteverdi (vedi le elaborazioni di Vincent d'Indy) un Wagner alla casalinga e di Vivaldi un classico del primo Ottocento, insomma l'approfittare dei morti per penetrare nella già circoscritta vita musicale dei concerti e del teatro, doveva, per forza di cose, annullare ogni possibilità di influire sulla evoluzione non della musica ma di coloro che credono di amarla.
Antonio Vivaldi più degli altri si prestava a equivoche interpretazioni, che già Giovanni Sebastiano Bach aveva dato l'esempio, soltanto che le sue elaborazioni si dice che da principio non citasse il vero autore del Concerto per quattro clavicembali (e di altre opere vivaldiane delle quali s'era invaghito) rispettavano naturalmente lo stile dell'epoca, e poi Bach era Bach. Negli ultimi vent'anni, direttori d'orchestra, musicologi, compositori si gettarono addosso al prete rosso per servircelo poi, malamente digerito.
La vita di Antonio Vivaldi è avvolta in quel mistero che a Venezia è sempre stato conseguenza del pettegolezzo. Vivaldi era prete ed era rosso, singolare contrasto! Non diceva Messa perché ammalato, tanto ammalato che alcune dame pietose quanto belle, si sacrificavano accompagnandolo nei viaggi e tenendogli costantemente compagnia. La città mormorava, tanto mormorava che non prima del 1724 (cioè all'età di circa 50 anni) si è potuto nominarlo (e della sua nomina non esistono documenti irrefutabili) « maestro » alla Pietà.
Antonio Vivaldi visse a cavallo di due secoli, ma leggendo del suo incontro con Carlo Goldoni, si ha l'impressione di vivere a Venezia al tempo di Baldassarre Galuppi e di Alessandro Longhi.
Nelle Memorie il Goldoni racconta della sua visita al Vivaldi e descrive molto vivacemente il prete rosso, le sue reazioni, la infatuazione per la sua allieva: madamigella Giraud. Egli si fa trovare assorto nella lettura del breviario che getta irriverentemente per terra quando il Goldoni lo entusiasma improvvisando i versi per un'aria adatta alle qualità canore di madamigella Giraud. Viaggiò quasi sempre per la rappresentazione dei suoi melodrammi, eppure la sua fama di violinista era ormai volata molto lontano e di molto aveva preceduto quella del compositore, ma allora i compositori viaggiavano più dei « virtuosi » perché questi dipendevano da quelli.
Nella vignetta del non più enigmatico frontespizio del “Teatro alla moda” di Benedetto Marcello, Antonio Vivaldi è raffigurato come angelo che suona il violino e sta ritto sul timone per guidare la barca del famoso impresario Orsatto, anzi con le ali la sospinge, la « fa andare avanti ». Ciò nonostante la sua attività di compositore melodrammatico è secondaria, « pratica » : essa gli dava da vivere.
La nota con la quale, in una partitura autografa, dichiara di aver scritto in « cinque giorni » un certo melodramma, è un'altra prova dell'esistenza di due Vivaldi, uno alla moda che forniva le opere necessarie per alimentare i teatri che allora si nutrivano esclusivamente di novità [ndr il cosiddetto repertorio nasce molto tardi alla fine dell’800] , l'altro bizzarro, originale e di una fecondità non compromessa dai bisogni della vita quotidiana.
Nei Concerti per orchestra (non c'era ragione per comporli con l'orologio alla mano) la sua fantasia è molto più sbrigliata che nelle opere teatrali, non sappiamo però, né ci interessa saperlo, con quanta rapidità siano stati composti: certo, sono parecchi.
I titoli: Concerto delle stagioni, La Notte, Il Riposo e molti altri ancora, non sottintendono un programma, ma corrispondono piuttosto a una visione squisitamente poetica, talvolta pittorica, non pittoresca. Se si pens'a alle opere di Arcangelo Corelli (1653-1713) e dei suoi seguaci, non si riesce a scoprire da dove discenda Antonio Vivaldi.
II prete rosso vive, come tutti gli innovatori, fuori del tempo ; il suo stile è quello della sua epoca, e lo ha imposto a quasi tutta la musica del XVIII secolo.
Non minuetti graziosi, né le solite gighe, bensì nuovi ritmi, inaspettate forme di espressione.
Ascoltando per esempio il concerto La Notte si sente che è notte profonda, impenetrabile. Non si può analizzare Vivaldi, non si deve rompere l'incanto abbandonandosi a una inopportuna e sterile retorica. Trattenere il respiro, ascoltare religiosamente si deve, e infine ringraziare le dame pietose che l'hanno aiutato, non vogliamo sapere come, a creare tanti capolavori.
Chi voglia curare l'edizione delle musiche di Antonio Vivaldi, non deve illudersi di fare grandi scoperte, né di risolvere gravi problemi, basta non cedere alla tentazione di trasformare Vivaldi in un Beethoven, alterando le armonie, i valori ritmici, ecc., ecc.
Un musicista che interpreta Vivaldi deve essergli legato spiritualmente, comprendere la sua musica e per pubblicarla non occorre il medico chirurgo, basta l'umile copista, fedele, attento e diligente.
Guai ad aggiungere legature che queste alterano il fraseggio.
L'arco due secoli fa era meno lungo di quello d'oggi, perciò il carattere lirico di molta musica vivaldiana viene appunto determinato da questo materialissimo particolare.
E' stolido anacronismo l'aggiunta delle legature per il fatto che oggi si fabbricano archi più lunghi di allora.
Il prete rosso è rosso perché brucia ed è prete perché è un mistico, ma egli è anzitutto umano e non ha bisogno di collaboratori, bensì di servitori.
Va ascoltato con gli occhi chiusi e la mente aperta.
Ma poi? Quale può essere presentemente la sua influenza?
Certo Vivaldi è un primitivo, una forza primordiale.
Non esiste di lui alcun scritto sulla sua estetica.
Claudio Monteverdi al principio del XVII secolo annunziava e difendeva la sua « seconda prattica » rispondendo al canonico Giovanni Maria Artusi il quale non era critico di professione bensì un teorico che sapeva di musica e temeva che il Monteverdi compromettesse l'esistenza del suo trattato “L'Arte del contrappunto” (1586-1589).
Il prete rosso lo immaginiamo invece con l'orecchio contro il violino per meglio ascoltarsi, per la gioia di vibrare col suo istrumento, noncurante di ciò che la musica fu prima di lui, e sarà dopo la sua scomparsa.
L'inizio dei concerti ha per lui valore tematico e così pure il ritorno dell'idea principale ; il resto è riservato al suo piacere come se nessuno l'ascoltasse, e sono arpeggi e scale che si ripetono come cibo preferito da un buongustaio metodico e intransigente.
Oggi i Concerti di Vivaldi, nella loro veste originale, riscuotono in tutto il mondo molti consensi perché con la loro vivacità e spensieratezza reagiscono alla severità dei classici, pur non rappresentando una reazione contro checchessia.
Mentre l'arte musicale nostra contemporanea è combattuta dalla speculazione degli orecchianti e dalla sapienza dei neo-pitagorici, l'arte di Vivaldi offre con la sua meravigliosa vivacità un ristoro agli assetati di musica, rinfresca lo spirito tanto che la mente riposata può concedersi il lusso di pensare e di chiedersi perché dopo Riccardo Wagner non ci sia più pace nel mondo dei suoni.
Vivaldi ci ammonisce : egli visse in pace con se stesso, tanto che i suoi compatrioti lo han lasciato morire miseramente a Vienna il 28 luglio 1741.
Il funerale costò 19 fiorini e 45 soldi e suonarono « le campane dei poveri ».
Articolo di GIAN FRANCESCO MALIPIERO
RICORDIANA Anno 1 N.9 Novembre 1955
Il "nuovo stile" scenico nel teatro wagneriano a Bayreuth
Da parecchi anni molte riviste musicali tedesche, specialmente quelle « d'avanguardia », e talune d'altre nazioni vanno elogiando il rinnovamento scenografico e mimico promosso nelle rappresentazioni al teatro wagneriano di Bayreuth dai nipoti di Riccardo, figlioli di Sigfrido, e soprattutto da Volfango. L'opportunità di conoscere e giudicare tale innovazione e insieme il desiderio di risentire i drammi di Wagner nella sede da lui fondata e curata, mi hanno indotto al viaggio estivo e riposante.
La lettura di opuscoli informativi, dei giornali locali, e le più insistenti voci del pubblico, subito avvertivano che in realtà non l'integrità dell'arte da Riccardo stessa fissata nei vari elementi drammaturgici traeva tanta gente nella provinciale cittadina onorata da un tal tempio, ma il « superamento », la « modernizzazione », la « personale interpretazione » scenica.
Appunto la « novità » incuriosiva i nuovi pellegrini, li elettrizzava e disponeva a letizia e soddisfazione.
Indiscussa ammissione del fatto nuovo. Tale inclinazione non è propria della maggior parte del pubblico che si reca a Bayreuth, ma diffusa, si sa, ovunque, ed incoraggiata e goduta. D'altro canto non mancano là e altrove resistenze, opposizioni, sdegni.
Per veder chiaro bisogna formulare un preciso e generale quesito:
quale convinzione storica ed estetica guida al radicale mutamento dell'apparato d'un melodramma, sia antico, sia moderno, che nei tre elementi, il verbale, il musicale e lo scenico, è di fatto una unità, e ha la sua data storica, come momento dell'artista e del gusto sociale?
Questa proposta di ragionamento non ha di solito, e non potrebbe avere, una ragionata risposta. Per lo più si dice: — Oggi così usa, così si fa, si vuoi fare così. — E sono affermazioni del gusto mutevole. Da parte la moda, occorre toccare il problema perenne, e sostenere i concetti di unità, di intangibilità dell'opera d'arte, di fedeltà interpretativa, opposti ai preconcetti rotanti attorno al « moderno sentire e volere », i quali suggeriscono considerazioni soltanto pratiche e, spesso, commerciali.
Non si ha qui spazio per trattare il vasto problema (che ho svolto, mi permetto di ricordare, nel saggio incluso nel volume “Tempi e aspetti della scenografia”, Torino, lite, 1955), ma solo per scegliere fra le molte osservazioni le impressioni durante l'udizione dell'Anello del Nibelungo, (riferite nella Stampa del 9, 11 e 17 agosto 1955), quelle che meglio mostrano la consistenza del così detto « nuovo stile » o « svecchiamento » clell'inscenatura minuziosamente prescritta e approvata da Riccardo, e i risultati.
Affermando il principio dell'intangibilità, non si pretende, è ovvio, la rinuncia o quegli odierni meccanismi atti a vincere le difficoltà ed evitare le manchevolezze, talvolta enormi, che gli inscenatori di ottant'anni fa non poterono dominare.
Si esige che la complessa concezione dell'artista creatore non sia abolita, né falsata.
Qui, a Bayreuth, dove l'esecuzione vocale e strumentale era ottima, e fedele l'interpretazione, la rappresentazione parve impropria, conturbante, nemica.
Per lo più soppresse le azioni dei personaggi, cangiati gli atteggiamenti e le figure, sostituite alle pittoriche immaginazioni di Wagner quelle di tempi posteriori, dei quali egli sarebbe stato il profeta, l'unità drammaturgica risultò infranta.
Fra le felici soluzioni di ardue inscenature è da citare nella Vigilia la rappresentazione del Reno. Striature verdi e gialle luminosamente proiettate su cortine di veli danno l'immagine della corrente. Le Ondine vagano in varia altezza, mai emergendo, scendono, salgono invisibili gradini, corrono, giuocano, inseguono Alberico. Ed ecco perfezionato uno spettacolo difficilmente realizzabile. Una piacevole vista, ma del tutto contrastante col sentimento del dramma, è invece quella del funebre corteo di Sigfrido. Una lunga teoria binaria di uomini va lentissima verso il lontano fondo del palco, tutta avvolta, soffocata, in un cinereo grigiore; è come un pastello tenue, morbido, delicato. E perciò fa a pugni con la dinamica energia dell'espressione della musica, con l'epico, solenne, eroico, fragoroso epicedio. Sgradevole turbamento dell'attenzione.
Questa regia è talvolta minuziosa, realistica, nell'esporre gli oggetti necessari, per esempio quelli della fucina di Mime, talaltra priva di indicazioni, come nel primo atto della Valchiria; quasi al buio, non c'è tavolo, sgabello, panca; un piccolo braciere fa le veci del camino: non si sa donde i personaggi escano; Hunding non è armato; soppressa la porta «della primavera». E il frassino? Striature. L'elsa? Una lampadina elettrica d'un quarto di candela. Così tutta l'azione è annullata. Brunnhilde appare poi, non balzante di roccia in roccia, ma ritta di fronte a Wotan. Monotonia delle positure. Al terzo atto, non « culmine di montagna rocciosa », non « foreste di pini », non armi alle Walkirie, e niente fiamme attorno a Brunnhilde assopita. Soltanto veli scarlatti.
Tanto la musica guizza, tanto la scenografia s'appiattisce.
A diecine s'annoterebbero altre trasgressioni.
La rappresentazione oscilla fra l'osservanza e la trascuratezza delle disposizioni di Wagner, fra il verismo e l'allusivo; meglio, fra il visibile e l'incomprensibile. Equivoca, s'illude di trascendere con l'astrazione quelle necessarie finzioni, la cui materialità Wagner già elesse segni della fantasia e della poesia sue.
Il « nuovo stile » domina i costumi, i trucchi, la mimica.
Ciarpame vien considerato l'armamento e il vestiario prescritto.
Via, i cimieri, gli scudi, le corazze. Le cinque Walkirie non han neppure la lancia. Quando Siegfried ridesta Brunnhilde non ha da « tagliare dalle due parti dell'intera armatura i fermagli ad anello della corazza e togliere gli schinieri». Il palpitante momento della femminile rivelazione è ridotto alla lesta scucitura d'una tunica. Wotan non porta mai il cappello, né nasconde l'occhio. Siegfried, anziché tener Nothung infilzata nella cintura e sempre a portata della mano, l'abbandona ora qua, ora là, quasi distrattamente. Hunding è del tutto inerme. L'esclusione dei bellici strumenti non solo sguarnisce gli eroi, ma anche priva la partitura d'un singolare contributo rumoroso. Infatti i Guerrieri di Gunther non hanno scudi, e perciò non « cozzano le armi con fragore » e ritmicamente.
E non si sa perché si faccia così.
Articolo di ANDREA DELLA CORTE
Antonio Vivaldi
Quando il presente non faceva rimpiangere il passato, i musicisti, coll’atto di morte, sparivano pure dalla vita musicale. Cosi fu per Claudio Monteverdi, del quale si ricordava come cosa lontana, quasi leggendaria, il solo Lamento di Arianna; eppure al suo tempo fu considerato un Dio: il divino Claudio. Era forse preferibile che la vita continuasse noncurante di chi non è più su questa terra, anziché impagliare i morti, come si fa ora. Gli imbalsamatori sono abili, scaltri, ma l'idolatria abolisce il controllo su ciò che in realtà rappresenta l'idolo, sia pure un pelo della barba del Profeta o un dente d'elefante.
Da tre quarti di secolo si innalzano, spesso con materiale molto friabile, i piedistalli sui quali i geni musicali dovrebbero toccare il cielo.
E' sorta in tal modo una autentica torre di Babele, o, per meglio dire un conglomerato di torri di Babele in cemento armato (armato di malafede) vuote all'interno per potervi insediare l'amministrazione di tutte le speculazioni musicali. La vera torre di Babele non raggiunse il cielo perché gli uomini finirono col non comprendersi più, esattamente come accade nella Babele musicale: l'incomprensione ha fatto perdere ogni più elementare senso di pudore.
Le esumazioni ebbero inizio il giorno in cui l'arte contemporanea vestì il saio del mendico, quando cioè a Beethoven era succeduto, erede universale, Johannes Brahms, autore della decima Sinfonia.
La musicologia divenne allora l'unica risorsa per i compositori falliti, i quali per non fallire una seconda volta, vestirono alla moda corrente i compositori del passato. Qualora li avessero lasciati com'erano, urtando contro il gusto corrente, avrebbero forse subito la stessa sorte dei compositori che rappresentano veramente il nostro tempo.
Le rielaborazioni, gli adattamenti e perfino le edizioni accademiche di opere antiche contribuirono a chiudere un'altra via d'uscita alla musica contemporanea la quale, più vicina all'antica che a quella dell'Ottocento, avrebbero potuto allargare un po' gli orizzonti del disorientato ascoltatore. Invece, facendo di Palestrina un maestro da chiesa di campagna, di Monteverdi (vedi le elaborazioni di Vincent d'Indy) un Wagner alla casalinga e di Vivaldi un classico del primo Ottocento, insomma l'approfittare dei morti per penetrare nella già circoscritta vita musicale dei concerti e del teatro, doveva, per forza di cose, annullare ogni possibilità di influire sulla evoluzione non della musica ma di coloro che credono di amarla.
Antonio Vivaldi più degli altri si prestava a equivoche interpretazioni, che già Giovanni Sebastiano Bach aveva dato l'esempio, soltanto che le sue elaborazioni si dice che da principio non citasse il vero autore del Concerto per quattro clavicembali (e di altre opere vivaldiane delle quali s'era invaghito) rispettavano naturalmente lo stile dell'epoca, e poi Bach era Bach. Negli ultimi vent'anni, direttori d'orchestra, musicologi, compositori si gettarono addosso al prete rosso per servircelo poi, malamente digerito.
La vita di Antonio Vivaldi è avvolta in quel mistero che a Venezia è sempre stato conseguenza del pettegolezzo. Vivaldi era prete ed era rosso, singolare contrasto! Non diceva Messa perché ammalato, tanto ammalato che alcune dame pietose quanto belle, si sacrificavano accompagnandolo nei viaggi e tenendogli costantemente compagnia. La città mormorava, tanto mormorava che non prima del 1724 (cioè all'età di circa 50 anni) si è potuto nominarlo (e della sua nomina non esistono documenti irrefutabili) « maestro » alla Pietà.
Antonio Vivaldi visse a cavallo di due secoli, ma leggendo del suo incontro con Carlo Goldoni, si ha l'impressione di vivere a Venezia al tempo di Baldassarre Galuppi e di Alessandro Longhi.
Nelle Memorie il Goldoni racconta della sua visita al Vivaldi e descrive molto vivacemente il prete rosso, le sue reazioni, la infatuazione per la sua allieva: madamigella Giraud. Egli si fa trovare assorto nella lettura del breviario che getta irriverentemente per terra quando il Goldoni lo entusiasma improvvisando i versi per un'aria adatta alle qualità canore di madamigella Giraud. Viaggiò quasi sempre per la rappresentazione dei suoi melodrammi, eppure la sua fama di violinista era ormai volata molto lontano e di molto aveva preceduto quella del compositore, ma allora i compositori viaggiavano più dei « virtuosi » perché questi dipendevano da quelli.
Nella vignetta del non più enigmatico frontespizio del “Teatro alla moda” di Benedetto Marcello, Antonio Vivaldi è raffigurato come angelo che suona il violino e sta ritto sul timone per guidare la barca del famoso impresario Orsatto, anzi con le ali la sospinge, la « fa andare avanti ». Ciò nonostante la sua attività di compositore melodrammatico è secondaria, « pratica » : essa gli dava da vivere.
La nota con la quale, in una partitura autografa, dichiara di aver scritto in « cinque giorni » un certo melodramma, è un'altra prova dell'esistenza di due Vivaldi, uno alla moda che forniva le opere necessarie per alimentare i teatri che allora si nutrivano esclusivamente di novità [ndr il cosiddetto repertorio nasce molto tardi alla fine dell’800] , l'altro bizzarro, originale e di una fecondità non compromessa dai bisogni della vita quotidiana.
Nei Concerti per orchestra (non c'era ragione per comporli con l'orologio alla mano) la sua fantasia è molto più sbrigliata che nelle opere teatrali, non sappiamo però, né ci interessa saperlo, con quanta rapidità siano stati composti: certo, sono parecchi.
I titoli: Concerto delle stagioni, La Notte, Il Riposo e molti altri ancora, non sottintendono un programma, ma corrispondono piuttosto a una visione squisitamente poetica, talvolta pittorica, non pittoresca. Se si pens'a alle opere di Arcangelo Corelli (1653-1713) e dei suoi seguaci, non si riesce a scoprire da dove discenda Antonio Vivaldi.
II prete rosso vive, come tutti gli innovatori, fuori del tempo ; il suo stile è quello della sua epoca, e lo ha imposto a quasi tutta la musica del XVIII secolo.
Non minuetti graziosi, né le solite gighe, bensì nuovi ritmi, inaspettate forme di espressione.
Ascoltando per esempio il concerto La Notte si sente che è notte profonda, impenetrabile. Non si può analizzare Vivaldi, non si deve rompere l'incanto abbandonandosi a una inopportuna e sterile retorica. Trattenere il respiro, ascoltare religiosamente si deve, e infine ringraziare le dame pietose che l'hanno aiutato, non vogliamo sapere come, a creare tanti capolavori.
Chi voglia curare l'edizione delle musiche di Antonio Vivaldi, non deve illudersi di fare grandi scoperte, né di risolvere gravi problemi, basta non cedere alla tentazione di trasformare Vivaldi in un Beethoven, alterando le armonie, i valori ritmici, ecc., ecc.
Un musicista che interpreta Vivaldi deve essergli legato spiritualmente, comprendere la sua musica e per pubblicarla non occorre il medico chirurgo, basta l'umile copista, fedele, attento e diligente.
Guai ad aggiungere legature che queste alterano il fraseggio.
L'arco due secoli fa era meno lungo di quello d'oggi, perciò il carattere lirico di molta musica vivaldiana viene appunto determinato da questo materialissimo particolare.
E' stolido anacronismo l'aggiunta delle legature per il fatto che oggi si fabbricano archi più lunghi di allora.
Il prete rosso è rosso perché brucia ed è prete perché è un mistico, ma egli è anzitutto umano e non ha bisogno di collaboratori, bensì di servitori.
Va ascoltato con gli occhi chiusi e la mente aperta.
Ma poi? Quale può essere presentemente la sua influenza?
Certo Vivaldi è un primitivo, una forza primordiale.
Non esiste di lui alcun scritto sulla sua estetica.
Claudio Monteverdi al principio del XVII secolo annunziava e difendeva la sua « seconda prattica » rispondendo al canonico Giovanni Maria Artusi il quale non era critico di professione bensì un teorico che sapeva di musica e temeva che il Monteverdi compromettesse l'esistenza del suo trattato “L'Arte del contrappunto” (1586-1589).
Il prete rosso lo immaginiamo invece con l'orecchio contro il violino per meglio ascoltarsi, per la gioia di vibrare col suo istrumento, noncurante di ciò che la musica fu prima di lui, e sarà dopo la sua scomparsa.
L'inizio dei concerti ha per lui valore tematico e così pure il ritorno dell'idea principale ; il resto è riservato al suo piacere come se nessuno l'ascoltasse, e sono arpeggi e scale che si ripetono come cibo preferito da un buongustaio metodico e intransigente.
Oggi i Concerti di Vivaldi, nella loro veste originale, riscuotono in tutto il mondo molti consensi perché con la loro vivacità e spensieratezza reagiscono alla severità dei classici, pur non rappresentando una reazione contro checchessia.
Mentre l'arte musicale nostra contemporanea è combattuta dalla speculazione degli orecchianti e dalla sapienza dei neo-pitagorici, l'arte di Vivaldi offre con la sua meravigliosa vivacità un ristoro agli assetati di musica, rinfresca lo spirito tanto che la mente riposata può concedersi il lusso di pensare e di chiedersi perché dopo Riccardo Wagner non ci sia più pace nel mondo dei suoni.
Vivaldi ci ammonisce : egli visse in pace con se stesso, tanto che i suoi compatrioti lo han lasciato morire miseramente a Vienna il 28 luglio 1741.
Il funerale costò 19 fiorini e 45 soldi e suonarono « le campane dei poveri ».
Articolo di GIAN FRANCESCO MALIPIERO
RICORDIANA Anno 1 N.9 Novembre 1955
Il "nuovo stile" scenico nel teatro wagneriano a Bayreuth
Da parecchi anni molte riviste musicali tedesche, specialmente quelle « d'avanguardia », e talune d'altre nazioni vanno elogiando il rinnovamento scenografico e mimico promosso nelle rappresentazioni al teatro wagneriano di Bayreuth dai nipoti di Riccardo, figlioli di Sigfrido, e soprattutto da Volfango. L'opportunità di conoscere e giudicare tale innovazione e insieme il desiderio di risentire i drammi di Wagner nella sede da lui fondata e curata, mi hanno indotto al viaggio estivo e riposante.
La lettura di opuscoli informativi, dei giornali locali, e le più insistenti voci del pubblico, subito avvertivano che in realtà non l'integrità dell'arte da Riccardo stessa fissata nei vari elementi drammaturgici traeva tanta gente nella provinciale cittadina onorata da un tal tempio, ma il « superamento », la « modernizzazione », la « personale interpretazione » scenica.
Appunto la « novità » incuriosiva i nuovi pellegrini, li elettrizzava e disponeva a letizia e soddisfazione.
Indiscussa ammissione del fatto nuovo. Tale inclinazione non è propria della maggior parte del pubblico che si reca a Bayreuth, ma diffusa, si sa, ovunque, ed incoraggiata e goduta. D'altro canto non mancano là e altrove resistenze, opposizioni, sdegni.
Per veder chiaro bisogna formulare un preciso e generale quesito:
quale convinzione storica ed estetica guida al radicale mutamento dell'apparato d'un melodramma, sia antico, sia moderno, che nei tre elementi, il verbale, il musicale e lo scenico, è di fatto una unità, e ha la sua data storica, come momento dell'artista e del gusto sociale?
Questa proposta di ragionamento non ha di solito, e non potrebbe avere, una ragionata risposta. Per lo più si dice: — Oggi così usa, così si fa, si vuoi fare così. — E sono affermazioni del gusto mutevole. Da parte la moda, occorre toccare il problema perenne, e sostenere i concetti di unità, di intangibilità dell'opera d'arte, di fedeltà interpretativa, opposti ai preconcetti rotanti attorno al « moderno sentire e volere », i quali suggeriscono considerazioni soltanto pratiche e, spesso, commerciali.
Non si ha qui spazio per trattare il vasto problema (che ho svolto, mi permetto di ricordare, nel saggio incluso nel volume “Tempi e aspetti della scenografia”, Torino, lite, 1955), ma solo per scegliere fra le molte osservazioni le impressioni durante l'udizione dell'Anello del Nibelungo, (riferite nella Stampa del 9, 11 e 17 agosto 1955), quelle che meglio mostrano la consistenza del così detto « nuovo stile » o « svecchiamento » clell'inscenatura minuziosamente prescritta e approvata da Riccardo, e i risultati.
Affermando il principio dell'intangibilità, non si pretende, è ovvio, la rinuncia o quegli odierni meccanismi atti a vincere le difficoltà ed evitare le manchevolezze, talvolta enormi, che gli inscenatori di ottant'anni fa non poterono dominare.
Si esige che la complessa concezione dell'artista creatore non sia abolita, né falsata.
Qui, a Bayreuth, dove l'esecuzione vocale e strumentale era ottima, e fedele l'interpretazione, la rappresentazione parve impropria, conturbante, nemica.
Per lo più soppresse le azioni dei personaggi, cangiati gli atteggiamenti e le figure, sostituite alle pittoriche immaginazioni di Wagner quelle di tempi posteriori, dei quali egli sarebbe stato il profeta, l'unità drammaturgica risultò infranta.
Fra le felici soluzioni di ardue inscenature è da citare nella Vigilia la rappresentazione del Reno. Striature verdi e gialle luminosamente proiettate su cortine di veli danno l'immagine della corrente. Le Ondine vagano in varia altezza, mai emergendo, scendono, salgono invisibili gradini, corrono, giuocano, inseguono Alberico. Ed ecco perfezionato uno spettacolo difficilmente realizzabile. Una piacevole vista, ma del tutto contrastante col sentimento del dramma, è invece quella del funebre corteo di Sigfrido. Una lunga teoria binaria di uomini va lentissima verso il lontano fondo del palco, tutta avvolta, soffocata, in un cinereo grigiore; è come un pastello tenue, morbido, delicato. E perciò fa a pugni con la dinamica energia dell'espressione della musica, con l'epico, solenne, eroico, fragoroso epicedio. Sgradevole turbamento dell'attenzione.
Questa regia è talvolta minuziosa, realistica, nell'esporre gli oggetti necessari, per esempio quelli della fucina di Mime, talaltra priva di indicazioni, come nel primo atto della Valchiria; quasi al buio, non c'è tavolo, sgabello, panca; un piccolo braciere fa le veci del camino: non si sa donde i personaggi escano; Hunding non è armato; soppressa la porta «della primavera». E il frassino? Striature. L'elsa? Una lampadina elettrica d'un quarto di candela. Così tutta l'azione è annullata. Brunnhilde appare poi, non balzante di roccia in roccia, ma ritta di fronte a Wotan. Monotonia delle positure. Al terzo atto, non « culmine di montagna rocciosa », non « foreste di pini », non armi alle Walkirie, e niente fiamme attorno a Brunnhilde assopita. Soltanto veli scarlatti.
Tanto la musica guizza, tanto la scenografia s'appiattisce.
A diecine s'annoterebbero altre trasgressioni.
La rappresentazione oscilla fra l'osservanza e la trascuratezza delle disposizioni di Wagner, fra il verismo e l'allusivo; meglio, fra il visibile e l'incomprensibile. Equivoca, s'illude di trascendere con l'astrazione quelle necessarie finzioni, la cui materialità Wagner già elesse segni della fantasia e della poesia sue.
Il « nuovo stile » domina i costumi, i trucchi, la mimica.
Ciarpame vien considerato l'armamento e il vestiario prescritto.
Via, i cimieri, gli scudi, le corazze. Le cinque Walkirie non han neppure la lancia. Quando Siegfried ridesta Brunnhilde non ha da « tagliare dalle due parti dell'intera armatura i fermagli ad anello della corazza e togliere gli schinieri». Il palpitante momento della femminile rivelazione è ridotto alla lesta scucitura d'una tunica. Wotan non porta mai il cappello, né nasconde l'occhio. Siegfried, anziché tener Nothung infilzata nella cintura e sempre a portata della mano, l'abbandona ora qua, ora là, quasi distrattamente. Hunding è del tutto inerme. L'esclusione dei bellici strumenti non solo sguarnisce gli eroi, ma anche priva la partitura d'un singolare contributo rumoroso. Infatti i Guerrieri di Gunther non hanno scudi, e perciò non « cozzano le armi con fragore » e ritmicamente.
E non si sa perché si faccia così.
Articolo di ANDREA DELLA CORTE
2020_05_02 Straordinaria novità del 1955 il Giradischi LUXOR
Una straordinaria novità,
il giradischi svedese completamente automatico
LUXOR
esclusività per l'Italia
Con una sola manovra si ottiene:
• la messa in moto alla velocità desiderata
• il cambio della puntina
• la ricerca del primo solco sonoro
Il cambiadischi funziona con dischi diversi, anche se mescolati.
giradischi L. 22.000
(con supporto di metallo L. 24.000) - cambiadischi L. 42.000
PREZZI AL PUBBLICO
G.RICORDI & C. S.R. L.
Milano, Via Berchet, 2
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Milano, Via Berchet, 2
Inserzione apparsa su RICORDIANA rivista della Casa Ricordi nel numero di Luglio-Agosto 1955.
Se non avessi conservato nell'archivio di Concertodautunno questi reperti sembrerebbe incredibile ma questa era la straordinaria invenzione e a prezzi folli per allora, figuratevi che nel 1970 ben quindici anni dopo lo stipendio mensile di un tecnico elettronico al primo impiego era di 120.000 Lire.
Un quinto dello stipendio mensile era necessario per l'acquisto, rapportato ad oggi con uno stipendio di 1.200€ costerebbe 240€.
2020_04_25 Un Blog che è una vera miniera per gli appassionati della lirica
La "pazza mentalità da collezionista", e la fine dei giorni.
Anno 2020 primavera di epidemia per l'infezione mondiale da Corona Virus (Covid-19) un tempo per restare in casa sperando di salvarsi e nel contempo scorrere pagine e pagine di pubblicazioni on-line sino ad imbatterti in un BLOG che ha una raccolta incredibile di omaggi ad artisti lirici che non sono certo conosciuti da tutti ma che vale la pena scoprire.. Ecco la traduzione di come l'autore si presenta.
Fri, 23 November 2012 What was I thinking?????
My very dear opera friends,
You may or may not understand a "crazy collector's mentality," but as I approach age 77, I look around and feel that some day I do not want my enormous collection to go into a dumpster. My joke is that when I met Anja Silja a few years ago after a Jenufa, I asked her for the Elena Makropolous formula so I could have 356 years more to listen to my tapes. She must have thought "who is this nutcase?"
Venerdì 23 novembre 2012 Cosa stavo pensando?????
Miei carissimi amici dell'opera,
Potreste capire o meno la "pazza mentalità da collezionista", ma mentre mi avvicino all'età di 77 anni, mi guardo intorno e sento che un giorno non vorrei che la mia enorme collezione [musicale] finisca in un cassonetto. Ho incontrato [il soprano] Anja Silja qualche anno dopo una sua Jenufa, e le ho chiesto [quale fosse la sua] formula [per cantare ancora] Elena Makropolous in modo da poter avere [ancora] 356 anni in più per ascoltare i miei nastri. Deve aver pensato "chi è questo pazzo?"
I have been discarding reels and cassettes (ever hear of them?), but what remains is still an enormous collection of CD's,VHS videos, and LP's, not just the items I used for a 25 year "Pirate business" but lots of commercial material. For example, do you know anyone who has over 50 Elektras or every Ring that was ever recorded?
Ho scartato bobine e cassette (avete sentito parlare di queste?), Ma ciò che rimane è ancora un'enorme raccolta di CD, video VHS e LP, non solo gli oggetti che ho usato per 25 anni per fare il "business pirata" [registrazioni pirata di esecuzioni live], ma molti materiali normalmente in commercio. Ad esempio, conoscete [forse] qualcuno che ha oltre 50 edizioni di Elektra [R.Strauus] o ogni tutte le edizioni del "Ring" [R.Wagner] che siano mai state registrate?
I look around and wonder what I was thinking when I would visit Tower Records after a Met performance and buy something like the complete works of Heinrich Schlachenheimer (??)This is why I am so glad Tower closed because I can save a little money!
Mi guardo intorno e mi chiedo cosa stessi pensando quando avrei visitato la Tower Records dopo un'esibizione al Met e avrei comprato qualcosa come l'opera completa di Heinrich Schlachenheimer (??)[tanto per dire che avrebbe acquistato comunque l'opera omnia di un esimio sconosciuto]. Ecco perché sono così contento che Tower abbia chiuso, perché posso risparmiare un bel po' di soldi!
In your travels (and I am also speaking to singers or opera-lovers who reside in other countries), you might know some younger opera lovers, similar to a 17 year old Charlie Handelman who knew every note of Zinka Milanov's repertory.(and most of the words.) Also,you may be affiliated with a school like MSM where young students can enjoy some of my enormous collection...rather than have it lay around and gather dust.
Nei tuoi viaggi (e parlo anche ai cantanti o amanti dell'opera che risiedono in altri paesi), potresti conoscere alcuni giovani amanti dell'opera, simili a un Charlie Handelman di 17 anni che conosceva ogni nota del repertorio di Zinka Milanov.(e la maggior parte delle parole). Inoltre, potresti essere affiliato a una scuola come MSM in cui i giovani studenti possono godersi parte della mia enorme collezione ... piuttosto che lasciarla in giro e raccogliere polvere.
This does not mean that I am discarding everything, but let's face it....there is just too much...and I would like to "spread the wealth" to those of you who might be interested. Of course, you would need a truck, a U-haul, or a large tenor to pick stuff up. Why should it sit around here and some day be discarded, although my executor can do what he wants with it..but it would be an enormous job.
Questo non significa che sto scartando tutto, ma ammettiamolo ... ce n'è davvero troppo ... e vorrei "diffondere la ricchezza" a quelli di voi che potrebbero essere interessati. Certo, avresti bisogno di un camion, U-haul [grande camion noleggiabile] o un grande sforzo per raccogliere la roba. Perché dovrebbe sedersi qui giorni per essere scartato, anche se il mio esecutore può fare quello che vuole con esso ... ma sarebbe un lavoro enorme.
Well, that is where I am at the moment, and please feel free to write or phone me if you have any ideas..but do not give anything to anyone who never heard of Claudia Muzio!
Love Charlie Placido21@aol.com Category:general -- posted at: 7:27pm EDT
Bene, è lì che sono in questo momento, e per favore sentiti libero di scrivermi o telefonarmi se hai qualche idea ... ma non dare niente a nessuno che non abbia mai sentito parlare di Claudia Muzio!
Con affetto Charlie Placido21@aol.com Categoria: generale - pubblicato alle 19:27 EDT
Anno 2020 primavera di epidemia per l'infezione mondiale da Corona Virus (Covid-19) un tempo per restare in casa sperando di salvarsi e nel contempo scorrere pagine e pagine di pubblicazioni on-line sino ad imbatterti in un BLOG che ha una raccolta incredibile di omaggi ad artisti lirici che non sono certo conosciuti da tutti ma che vale la pena scoprire.. Ecco la traduzione di come l'autore si presenta.
Fri, 23 November 2012 What was I thinking?????
My very dear opera friends,
You may or may not understand a "crazy collector's mentality," but as I approach age 77, I look around and feel that some day I do not want my enormous collection to go into a dumpster. My joke is that when I met Anja Silja a few years ago after a Jenufa, I asked her for the Elena Makropolous formula so I could have 356 years more to listen to my tapes. She must have thought "who is this nutcase?"
Venerdì 23 novembre 2012 Cosa stavo pensando?????
Miei carissimi amici dell'opera,
Potreste capire o meno la "pazza mentalità da collezionista", ma mentre mi avvicino all'età di 77 anni, mi guardo intorno e sento che un giorno non vorrei che la mia enorme collezione [musicale] finisca in un cassonetto. Ho incontrato [il soprano] Anja Silja qualche anno dopo una sua Jenufa, e le ho chiesto [quale fosse la sua] formula [per cantare ancora] Elena Makropolous in modo da poter avere [ancora] 356 anni in più per ascoltare i miei nastri. Deve aver pensato "chi è questo pazzo?"
I have been discarding reels and cassettes (ever hear of them?), but what remains is still an enormous collection of CD's,VHS videos, and LP's, not just the items I used for a 25 year "Pirate business" but lots of commercial material. For example, do you know anyone who has over 50 Elektras or every Ring that was ever recorded?
Ho scartato bobine e cassette (avete sentito parlare di queste?), Ma ciò che rimane è ancora un'enorme raccolta di CD, video VHS e LP, non solo gli oggetti che ho usato per 25 anni per fare il "business pirata" [registrazioni pirata di esecuzioni live], ma molti materiali normalmente in commercio. Ad esempio, conoscete [forse] qualcuno che ha oltre 50 edizioni di Elektra [R.Strauus] o ogni tutte le edizioni del "Ring" [R.Wagner] che siano mai state registrate?
I look around and wonder what I was thinking when I would visit Tower Records after a Met performance and buy something like the complete works of Heinrich Schlachenheimer (??)This is why I am so glad Tower closed because I can save a little money!
Mi guardo intorno e mi chiedo cosa stessi pensando quando avrei visitato la Tower Records dopo un'esibizione al Met e avrei comprato qualcosa come l'opera completa di Heinrich Schlachenheimer (??)[tanto per dire che avrebbe acquistato comunque l'opera omnia di un esimio sconosciuto]. Ecco perché sono così contento che Tower abbia chiuso, perché posso risparmiare un bel po' di soldi!
In your travels (and I am also speaking to singers or opera-lovers who reside in other countries), you might know some younger opera lovers, similar to a 17 year old Charlie Handelman who knew every note of Zinka Milanov's repertory.(and most of the words.) Also,you may be affiliated with a school like MSM where young students can enjoy some of my enormous collection...rather than have it lay around and gather dust.
Nei tuoi viaggi (e parlo anche ai cantanti o amanti dell'opera che risiedono in altri paesi), potresti conoscere alcuni giovani amanti dell'opera, simili a un Charlie Handelman di 17 anni che conosceva ogni nota del repertorio di Zinka Milanov.(e la maggior parte delle parole). Inoltre, potresti essere affiliato a una scuola come MSM in cui i giovani studenti possono godersi parte della mia enorme collezione ... piuttosto che lasciarla in giro e raccogliere polvere.
This does not mean that I am discarding everything, but let's face it....there is just too much...and I would like to "spread the wealth" to those of you who might be interested. Of course, you would need a truck, a U-haul, or a large tenor to pick stuff up. Why should it sit around here and some day be discarded, although my executor can do what he wants with it..but it would be an enormous job.
Questo non significa che sto scartando tutto, ma ammettiamolo ... ce n'è davvero troppo ... e vorrei "diffondere la ricchezza" a quelli di voi che potrebbero essere interessati. Certo, avresti bisogno di un camion, U-haul [grande camion noleggiabile] o un grande sforzo per raccogliere la roba. Perché dovrebbe sedersi qui giorni per essere scartato, anche se il mio esecutore può fare quello che vuole con esso ... ma sarebbe un lavoro enorme.
Well, that is where I am at the moment, and please feel free to write or phone me if you have any ideas..but do not give anything to anyone who never heard of Claudia Muzio!
Love Charlie Placido21@aol.com Category:general -- posted at: 7:27pm EDT
Bene, è lì che sono in questo momento, e per favore sentiti libero di scrivermi o telefonarmi se hai qualche idea ... ma non dare niente a nessuno che non abbia mai sentito parlare di Claudia Muzio!
Con affetto Charlie Placido21@aol.com Categoria: generale - pubblicato alle 19:27 EDT