Venerdì 12 aprile 2019, ore 20.00
Domenica 14 aprile 2019_04_14, ore 16.00
Auditorium di Milano, largo Mahler
Stagione Sinfonica 2018/2019
Tutto Brahms
Primo appuntamento con le sinfonie di Brahms
Robert Trevino torna alla guida dell’Orchestra Verdi
Johannes Brahms Sinfonia n. 1 in Do minore op. 68
Johannes Brahms Sinfonia n. 2 in Re maggiore op. 73
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Direttore Robert Trevino
Al giovane e talentuoso direttore americano Robert Trevino laVerdi affida la direzione dell’integrale delle sinfonie di Johannes Brahms. Un graditissimo ritorno all’Auditorium di largo Mahler per il direttore texano, classe 1984, una delle “bacchette” più apprezzate e richieste dell’ultima generazione.
Nel primo dei due concerti dedicati a Brahms, venerdì 12 aprile (ore 20.00) e domenica 14 aprile (ore 16.00) l’Orchestra Verdi eseguirà la Prima e la Seconda Sinfonia, mentre venerdì 17 maggio (ore 20.00) e domenica 19 maggio (ore 16.00) sarà la volta della Terza e la Quarta Sinfonia del grande compositore tedesco.
Frutto di lunghe riflessioni, revisioni ed esperimenti, le Sinfonie di Johannes Brahms costituiscono un cardine della musica romantica della seconda metà del XIX secolo, una ideale conclusione del mondo beethoveniano e, al contempo, un punto di partenza per i capolavori della musica futura. La storia del sinfonismo dopo Beethoven è in gran parte quella dei tentativi di risolvere il problema stesso della forma sinfonica, portata da compositore alle più alte vette e lasciata in eredità alle generazioni successive; Johannes Brahms è stato forse il compositore più consapevole di questo e le sue sinfonie ne sono testimonianza eloquente. Brahms dovette attendere a lungo prima di iniziare la sua monumentale Prima Sinfonia, e ancora più a lungo prima di farla eseguire in pubblico, nel 1877, quando aveva ormai 43 anni. Meno lunga la gestazione della Seconda Sinfonia scritta quasi di getto, nell'estate del 1877, durante i sempre proficui periodi di vacanze trascorsi in Carinzia, in un periodo di grande serenità, tanto che lui stesso definì la sua Seconda, “una piccola sinfonia gaia e innocente”. Entrambe sono capolavori ed espressione felice della forma sinfonica, la più alta e più completa nella quale un compositore possa dare l'intera misura del proprio talento e del proprio mondo interiore.
Biglietti serie Verdi: euro 36.00/16.00; Info e prenotazioni: Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, largo Mahler; orari apertura: mar/dom, ore 10.00/ 19.00. Tel. 02.83389401/2/3, www.laverdi.org www.vivaticket.it.
Conferenza introduttiva
Venerdì 12 aprile ore 18.00 - Ingresso libero
Auditorium di Milano Fondazione Cariplo - Largo Mahler – foyer primo piano
Programma
Johannes Brahms Sinfonia n. 1 in Do minore op. 68
Nel 1876 Johannes Brahms era già famoso ovunque, ma aveva superato la quarantina senza essersi ancora cimentato nel genere strumentale più illustre, quello della sinfonia. Chi si avventurava a scrivere una Sinfonia nella seconda metà dell'Ottocento sapeva bene che la riuscita si giocava sull'originalità con cui i movimenti erano predisposti e collegati fra loro; per colpire un pubblico smaliziato dalla fortuna del poema sinfonico e del dramma musicale wagneriano, una certa dose di "progressismo" e intellettualismo ci voleva anche per uno come Brahms, in apparenza fedele ai canoni classici della musica pura. Prima di quella che doveva essere la sua Prima Sinfonia, Brahms aveva scritto per orchestra solo le Variazioni sul tema di Haydn op. 56 (1874), oltre a due Serenate op. 11 e op. 12 per organici più ridotti. Abbozzata già intorno al 1855, la composizione della monumentale Prima sinfonia procedette tra infinite esitazioni: solo nel 1862 venne scritto il primo tempo (ma senza introduzione), mentre l'attuale fisionomia del lavoro risale agli anni Settanta, in particolare alle estati dal 74 al '76 che Brahms trascorse nell'isolamento del Mar Baltico, a Sassnitz, sull'isola di Rügen, in un contesto naturale del tutto congeniale. I dubbi sopravvissero anche alla prima trionfale esecuzione del 4 novembre 1876 a Karlsruhe, e la partitura venne ancora corretta prima della pubblicazione. Capolavoro ostico, difficile, non del tutto amabile per ammissione dell'autore, la Sinfonia si riallaccia direttamente a Beethoven, come notarono senza esitazioni il critico Eduard Hanslick (già nel 1876) e il celebre direttore Hans von Bülow, salutandola come la «Decima», ideale continuazione del catalogo beethoveniano. Al Beethoven eroico del primo decennio del secolo rimandano con piena coscienza storica la densità contrappuntistica, il pathos ad alto volo, la serietà etica alla base dell'opera, evidenti innanzitutto nei movimenti estremi straordinariamente dilatati, che concedono solo una manciata di minuti all'idillio del terzo tempo. Il problema sinfonico viene affrontato con circospezione, preparando sistematicamente i futuri sviluppi di un discorso rigorosamente consequenziale. Ma quando finalmente la Prima Sinfonia fu varata, il successo che essa conseguì non deluse le aspettative dei seguaci di Brahms. La Prima Sinfonia di Brahms, che porta il numero d'opera 68, è formulata nella tonalità principale di do minore e presenta la classica articolazione in quattro movimenti. Il primo movimento consta di una introduzione (Un poco sostenuto) nelle cui trentasette battute è già contenuta la sostanza tematica dell'intero Allegro che segue. Il primo tema è di carattere volontario e vigoroso, il secondo è melodico e cantabile, il terzo basa il suo interesse principalmente su elementi ritmici. Il secondo movimento (Andante sostenuto), in mi maggiore, ha il taglio di un Lied tripartito con una coda. Dei due temi principali di questo movimento il primo è solenne, a tratti quasi religioso, il secondo lirico e leggiadro. Il terzo movimento (Un poco allegretto e grazioso) ha la forma dello scherzo con trio. Mentre la parte principale è in la bemolle maggiore (il clarinetto le conferisce una dolce atmosfera pastorale), il Trio è in si maggiore ed ha carattere fantastico. Il Finale (Allegro non troppo ma con brio) è preceduto da due episodi lenti (Adagio - più andante). Ognuna di queste parti è in sé bipartita: nei loro rapporti dialettici caratterizzati dal passaggio dall'iniziale do minore al do maggiore finale si riassume lo stesso, fondamentale assunto affettivo del lavoro che riflette l'idea dialettica delle sinfonie beethoveniane che lo stesso Brahms supererà nelle sue successive opere consimili: superamento e riscatto dei motivi drammatici dell'esistenza umana. Qualche critico come Hans von Bülow, Addioritttura" Abbiamo finalmente una Decima Sinfonia identificazione tra la Prima di Brahms e una ideale Ultima Sinfonia di Beethoven. E oggi, a distanza di più di un secolo, l'originalità dell'apporto di Brahms al sinfonismo ottocentesco appare evidente: sempre di meno essa appare come una "pseudodecima" beethoveniana, e sempre più come la Prima dei quattro autentici capolavori con i quali Brahms ha arricchito in modo più sostanziale la letteratura sinfonica dell'Ottocento, prima che Mahler la portasse fuori dal suo, ancora classico, equilibrio.
Johannes Brahms Sinfonia n. 2 in Re maggiore op. 73
Mentre la composizione dei suoi precedenti lavori sinfonici su vasta scala era stata tormentata e piena di esitazioni e di ripensamenti e aveva richiesto periodi lunghissimi (dieci anni per il Primo Concerto per pianoforte, quasi vent'anni per la Prima Sinfonia), Brahms scrisse la sua Seconda Sinfonia quasi di getto, nell'estate del 1877, durante i sempre proficui periodi di vacanze trascorsi a Pörtschach, in Carinzia. La sinfonia fu terminata alla fine di settembre a Lichtental, nei pressi di Baden-Baden, dove Brahms si era recato per il compleanno di Clara Schumann, che in una lettera al celebre direttore d'orchestra Levi descrisse il suo amico compositore “in ottima forma ed entusiasta del suo soggiorno estivo”.
Qui, davanti a un ristretto gruppo di amici fidati, Brahms ne esegui insieme con Ignaz Brüll una riduzione per pianoforte a quattro mani; il 30 dicembre 1877 e a poco più di un anno dalla presentazione al pubblico della Prima, la seconda Sinfonia venne presentata al pubblico dei Filarmonici di Vienna sotto la direzione del grande Hans Richter, ottenendo grande successo, tanto che Richter fu costretto a concedere il bis del terzo movimento.
La felice situazione spirituale del compositore e la spontaneità e rapidità della composizione sembrano riflettersi nel carattere della Sinfonia. Il pubblico e la critica contemporanei tentarono di definire in vari modi questo carattere, così evidente ma allo stesso tempo inafferrabile: alcuni, per il suo spirito eminentemente melodico e "cantante" la definirono "l'ultima sinfonia di Schubert", aggiornando così la denominazione di "decima sinfonia" (di Beethoven) creata da Bülow per la sua Prima Sinfonia; altri la giudicarono "mozartiana" per la trasparenza della sua orchestrazione; i viennesi vollero credere che fosse ispirata alla grazia e al fascino della loro città e la soprannominarono "sinfonia viennese"; altri ancora la chiamarono "pastorale". L'autore stesso una volta la definì «una suite di valzer», un'altra volta Brahms ne parlò come di «una piccola sinfonia gaia e innocente». Ma forse lo spirito di questa sinfonia viene rivelato, più che da tutte queste definizioni, da un consiglio dell'autore agli orchestrali viennesi: “Per un mese prima non suonate altro che Berlioz, Liszt e Wagner: soltanto così capirete la sua tenera gaiezza”.
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