Domenica 11 settembre
2016, ore 20.00
Milano - Teatro alla
Scala
Concerto
straordinario
in
collaborazione con Teatro alla Scala
S.Rachmaninov
Vocalise op. 34 n. 14
Concerto
per pianoforte e orchestra n. 2 in Do min. op. 18
D.Šostakovič
Sinfonia
n. 5 in Re min. op. 47
Orchestra
Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Pianoforte Luca
Buratto
Direttore Zhang Xian
Biglietti
da 14.00 a 85.00 euro; per informazioni e prenotazioni: 02.83389401/2/3 www.laverdi.org - www.vivaticket.it
Domenica 11 settembre
2016, ore 20.00, laVerdi torna al Teatro alla
Scala di Milano con il tradizionale concerto straordinario
di inizio autunno, giunto alla sua XI edizione.
Sul
podio del Piermarini, il direttore musicale Zhang Xian guiderà l’Orchestra
Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi in un programma all’insegna della Grande
Madre Russia. Sergej Rachmaninov in apertura con Vocalise in versione orchestrale, seguito dal Concerto per
pianoforte e orchestra n. 2, affidato al conclamato talento del milanese Luca Buratto, che debuttò con laVerdi
all’Auditorium di Milano nell’ottobre 2011, in occasione del concerto per il
centenario del Liceo Berchet. La serata si completa con la Sinfonia n. 5 di Dmitrij Šostakovič, opera che fa stabilmente parte del repertorio
dell’Orchestra.
Introduzione
alla serata della Signora Zhang Xian:
“Ho ascoltato per la prima volta una
esecuzione di Luca Buratto alcuni anni fa, nel corso della Van Cliburn International
Piano Competition a Fort Worth, Texas, in qualità di membro della giuria.
Rimasi subito impressionata dalla sua immediatezza esecutiva, specialmente
nell’interpretazione di Bach. Per questo attendo con impazienza la nostra prima
collaborazione, nel Concerto n. 2 di Rachmaninov, alla Scala con laVerdi.
“Per quanto riguarda ‘Vocalise’,
l’altro brano di Rachmaninov eseguito dall’Orchestra Verdi, si tratta di una
canzone senza parole, originariamente scritta per voce alta, da interpretarsi
con un’unica vocale per l’intero brano. Nel tempo, è stata arrangiata in
svariate combinazioni: per coro, violino, flauto, clarinetto e altro ancora. Mi
piace particolarmente questa versione orchestrale, nella quale la prima sezione
dei violini si esprime come una voce solista che guida l’intera orchestra nella
canzone. Non a caso, il suo raffinato lirismo richiama l’espressività del
Secondo concerto per pianoforte dell’autore, in una sorta di delicata miniatura”.
Ed
ora la parola al solista, Luca Burattto:
“Poter affrontare e
suonare i concerti di Rachmaninov, è sempre una grande motivazione per me.
Anche nell’affrontare il secondo, cosi come era accaduto per il terzo 3 anni
fa, la sfida è stata quella di partire da una serie di domande inevitabili che
si sono poste non appena ho avuto modo di affrontare la partitura, domande che,
a mio avviso, possono trovare risposta solamente nel testo che Rachmaninov ci
ha lasciato. Il problema, spesso, con i grandi pezzi del repertorio, è il
raffronto con la tradizione interpretativa, e ciò che viene preso per buono per
tradizione. Con il secondo di Rachmaninov, a maggior ragione, la sfida diventa
ancora più complessa. Oltre ai grandi interpreti, infatti, abbiamo la stessa
esecuzione di Rachmaninov, che in alcuni momenti sembra andare in disaccordo
con ciò che lui stesso ha scritto! Il mio rapporto con la sua musica è sempre
volto alla semplicità, in un certo senso. A mio modo di vedere, specie con il
secondo concerto, si tende a voler complicare ciò che in realtà potrebbe essere
detto in maniera semplice, e attraverso questa semplicità cercare di
ricostruire quel mondo nostalgico, carico, intenso sia della musica di
Rachmaninov, ma in particolarmente in questo concerto, scritto in un momento di
profonda crisi, e sorta di chiave di volta nella carriera compositiva
dell’autore. Il ruolo dell’interprete deve essere sempre rivolto, a mio modo di
vedere, alla restituzione di una certa purezza e rispetto del lascito del
compositore, e Rachmaninov, in questo senso, è uno degli autori che più mi
stimolano proprio per il fatto di essere stato fatto oggetto di tradizioni,
malcostumi (se mi è lecito!) persino dai più grandi interpreti del pianoforte.
Quante volte mi sono chiesto perché la prima riga di questo concerto venisse
eseguita alla metà del tempo delle successive, apparentemente senza nessuna
ragione? É questo forse il caso più emblematico. Per me quindi, il Secondo
concerto è una musica che ho imparato a conoscere come se fosse nuova, cercando
di restituirla ad una semplicità e ad una cantabilità che a mio avviso
funzionano particolarmente per Rachmaninov. Sono molto contento, inoltre, di
poter debuttare alla Scala con un concerto così impegnativo, e con l’Orchestra
Verdi, che in qualche modo mi ha visto crescere in questi ultimi anni, e con
cui ho sempre avuto una fantastica collaborazione in passato. Sono molto fiero,
come milanese, di debuttare nel teatro dei milanesi per eccellenza, con
l’orchestra Verdi, un’orchestra che avrà sempre una memoria speciale per me, i
miei primi debutti con concerti importanti (Prokofiev, Rachmaninov), la fiducia
di portare sul palco concerti impegnativi che ho sempre sentito verso di me,
anche quando le vittorie in contesti internazionali erano ancora lontane a
venire. Sono molto grato per questa fantastica opportunità, che spero di
onorare al meglio.”
Programma
La locandina si apre con una rarità come Vocalise,
composto da Rachmaninov nel 1912 e dedicato a una cantante amica. L’originale è
per voce di soprano e pianoforte: sono semplici vocali che l’interprete sceglie
a proprio piacere. La natura stessa del pezzo ne suggerì all’autore e a tanti
altri musicisti la trascrizione per ogni sorta di strumento melodico e di
insiemi strumentali.
Nei primi anni del Novecento, Rachmaninov
esce della crisi creativa che ha attraversato in gioventù. Affina la sua arte
di compositore e di concertista, trionfando con il Secondo concerto per
pianoforte, preludio al celeberrimo Terzo e ai suoi capolavori sinfonici.
Lavori nei quali si avverte bene il colorismo musicale appreso dai maestri
russi, ma insieme gli echi impressionisti della Parigi di Debussy e Ravel.
La Quinta sinfonia segnò il “ritorno” di
Šostakovič dopo le dure critiche ricevute nel 1936 per l’acceso sperimentalismo
della sua opera teatrale Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk.
Ritorno autocritico, ma che sotto la scintillante apparenza cela una piena
continuità di linguaggio e di espressione.
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