Domenica 21 Agosto 2016_08_21 – ore 18.00
Auditorium di Milano – largo Mahler
laVerdi Estate 2016
A Tribute to Jon Lord
Emerson, Lake & Palmer
Voce - Alessandro Formenti
Hammond e Synt - Ivan Merlini
Chitarra elettrica - Graziano Demurtas
Basso - Tony del Coco
Batteria - Tobia Scarpolini
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Direttore Giovanni Marziliano
La trilogia ferragostana de laVerdi si conclude domenica 21 agosto (ore 18.00), all'Auditorium di Milano, ed è un finale col botto. L'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, per l’occasione diretta da Giovanni Marziliano, è impegnata in un programma particolarmente significativo per amanti del rock e non solo. La specialissima locandina prevede infatti Pictures at an Exhibition, capolavoro di Modest Musorgskij reinterpretato in chiave progressive rock dal gruppo britannico Emerson, Lake & Palmer (versione per gruppo rock e orchestra di Ivan Merlini, 2016, in prima esecuzione), seguita dal Concerto per gruppo e Orchestra di Jon Lord (1969, versione revisionata da Paul Mann, 2012). Ad accompagnare laVerdi, sul palco di largo Mahler, la rock band capitanata da Ivan Merlini (hammond e synth), con Graziano Demurtas (chitarra), Alessandro Formenti (voce), Tony del Coco (basso), Tobia Scarpolini (batteria).
(Biglietti euro 25,00/10,00; info e prenotazioni: Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, largo Mahler, orari apertura: mar – dom ore 14.30 – 19.00, tel. 02.83389401/2/3; on line: www.laverdi.org o www.vivaticket.it ).
Musorsgskij – Emerson, Lake & Palmer Pictures at an Exhibition di Ivan Merlini
I Quadri di un'esposizione di Modest Musorgskij, nati come composizione per pianoforte (1874), sono entrati stabilmente nel repertorio dei pianisti; Ravel ne realizzò un'orchestrazione nel 1922, versione eseguita oggi da tutte le orchestre del mondo.
Nel 1971 la band britannica progressive rock Emerson Lake & Palmer pubblicò il suo terzo album (live) reinterpretando i Quadri di Musorgskij in chiave prog: questa esecuzione storica del 1970 fu appunto pubblicata in forma di album non solo per la qualità esecutiva ma anche per l'eccellente registrazione. Questa celebre versione di quadri degli E.L.P. è divenuta un caposaldo del rock anni '70.
Non esiste nessuna versione stampata in partitura poichè buona parte di molti brani era improvvisata da Emerson (e quindi mai trascritta).
Nel 2013 con l'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi abbiamo eseguito il Concerto per Gruppo e Orchestra di Jon Lord (1969) composto per i Deep Purple: la decisione di riproporlo in programmazione richiedeva di abbinare un'altra "novità" sul genere rock-sinfonico. Già in passato avevo intrapreso un progetto di trascrizione in partitura dei Quadri degli E.L.P., per questo motivo pensai di proporne un'orchestrazione (mai realizzata in passato) su misura per laVerdi.
Da musicista conosco bene ogni elemento dell'orchestra e le peculiarità tecniche e timbriche di ciascuno dei colleghi, ciò che mi ha dato coraggio nell'intraprendere un lavoro durato otto mesi, durante i quali ho trascritto completamente la struttura dei brani e quindi costruito intere sezioni d'orchestra, attingendo sia dalla versione pianistica di Musorgskij sia dall'album E.L.P. Alcune orchestrazioni sono state invece pensate ex novo, poichè fanno riferimento a brani per soli due strumenti (The Sage).
L'obiettivo principale che mi ha guidato nel lavoro di orchestrazione è stato il desiderio di svincolare l'organo dal ruolo di protagonista assoluto – ma protagonista vero è il virtuosismo di Emerson - redistribuendo alcune parti di organo all'orchestra e in alcuni casi alla chitarra elettrica. L'inserimento della chitarra in questa versione è da attribuire al tipo di approccio nei confronti della partitura: la mia non vuole essere una semplice versione con orchestra ma una reinterpretazione del capolavoro di Musorgskij in grado di sfruttare tutte le timbriche disponibili nell'organico orchestrale.
La svolta sonora che ho approntato in The Old Castle nel sostituire la parte solistica con la chitarra (in origine affidata al Moog) è l'evidente esempio della ricerca di una chiave di lettura che indaga la possibilità di mantenere la medesima linea melodica affidandola ad un diverso strumento/timbro.
L'inevitabile obbligo di restare fedele ad alcune parti originali mi ha fatto scegliere di mantenere tale la linea d'organo nelle Variazioni Blues, unico momento di assoluta predominanza virtuosistica dello strumento, anche se accompagnato da un'orchestrazione a organico completo (chitarra elettrica compresa).
L'organo rimane altresì protagonista nei tre quadri Baba Yaga, nel quali sono forti i richiami alla parte pianistica originale, così come nella Grande porta di Kiev in cui Emerson resta fedele (per quanto possibile con un organo) alla parte.
Il taglio a tratti "medioevale" di The Sage (voce e chitarra) mi ha spinto a realizzare una versione nuova del brano con una strumentazione che comprende archi e una selezione ristretta di fiati (1 flauto 1 oboe 1 fagotto e 1 clarinetto), cosa che mi ha permesso di ricreare l'effetto a "cori", alternando parti di sola chitarra acustica all'ensemble orchestrale.
Ho cercato di mantenere inalterate, invece, le sezioni di Moog, di pura improvvisazione prog, ma adattandole ad uno schema compatibile con l'orchestra e il gruppo rock, pur cercando di restare fedele alla tecnica di Emerson.
Il progetto, nato nel 2015 come un omaggio al rock anni '70 degli E.L.P., vista la tragica scomparsa del leader Keyth Emerson avvenuta il 10 marzo 2016, assume la forma di tributo alla sua carriera di pianista organista compositore.
Oltre a questo importante ricordo, la mia personale dedica va all'Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano con la quale collaboro in qualità di violoncellista dal 2008.
Jon Lord Concerto for Group and Orchestra (revisione Paul Mann) di Ivan Merlini
“Quando due mondi si incontrano”. Con questo slogan i manifesti pubblicitari annunciavano nel 1969 il concerto che i Deep Purple, giovane e promettente rock band, avrebbero tenuto alla Royal Albert Hall di Londra insieme alla blasonata Royal Philarmonic Orchestra. Direttore sarebbe stato il compositore sinfonico Malcom Arnold.
L’iniziativa era stata proposta da John Lord, organista di formazione classica e membro fondatore dei Deep Purple, il cui sogno era di comporre una sinfonia rock. L’idea aveva riscosso l’entusiasmo del suo produttore Ben Nisbet, che mostrò una bozza della partitura appunto all’autorevole Arnold. L’annuncio destò non poche perplessità, ma negli anni a venire quell’incrocio avrebbe ispirato molte altre rock band per nuove sperimentazioni musicali.
La struttura del Concerto for Group and Orchestra rispecchia pienamente quella tradizionale classica, con la scansione in tre movimenti, alternati secondo lo schema “tempo veloce – tempo lento - tempo veloce”, e con la contrapposizione di strumenti singoli (o piccoli insiemi strumentali) all’orchestra. Orchestra e Band dialogano senza sovrapporsi, dando l’idea di una sorta di “concerto grosso” contemporaneo. Il primo movimento si apre con una lenta introduzione affidata al clarinetto, seguito dai corni e dall’insieme orchestrale; dopo poche battute entra
la band con la chitarra elettrica in primo piano, che per due volte si produce in lunghe parti solistiche. Nel secondo movimento fiati, flauti e corni tornano protagonisti, sostenuti dai contrabbassi e poi dai violini. Compaiono quindi l’organo e la batteria, che preannunciano la parte propriamente rock, con un intervento cantato dal sapore country/blues. Il terzo movimento, introdotto da una successione di accordi altisonanti degli ottoni, è caratterizzato dal dialogo con i corni, le percussioni, il sonoro ostinato degli archi, fino in a un ampolloso crescendo su cui la composizione si chiude bruscamente.
Testimone oculare Emerson, Lake & Palmer, ovvero: innamorarsi della musica classica di Roberto Boccafogli
Il 29 novembre 2005 Keith Emerson iniziò all’Auditorium Santa Chiara di Trento un tour in Italia con la sua Keith Emerson Band. Prima del concerto venne intervistato da Roberto Boccafogli (giornalista non di musica, però cultore del progressive rock), al quale abbiamo chiesto una testimonianza.
Parlare degli Emerson Lake & Palmer senza essere un esperto di musica, limita per forza di cose a un profilo legato alla passione e all’esperienza diretta, personale. In questo senso, essere stato un pre-adolescente quando la magìa del trio inglese arrivò in Italia, a inizio anni ’70, probabilmente aiuta. Erano gli anni dell’esplosione del rock progressive, e questo già dava vita a un fenomeno dal massimo potere deflagrante sulla scena musicale dell’Italia di allora. La discesa in campo di ELP, messi insieme da una potente volontà commerciale dopo avere in un certo modo annientato i rispettivi gruppi musicali di provenienza, prese presto una sua personalissima quota di volo. E spalancò le porte a un’esperienza che per molti dei loro appassionati, compreso chi scrive, significò anche qualcosa di più grande: la scoperta della musica classica.
Keith Emerson, Greg Lake e Carl Palmer avevano affinato la loro tecnica strumentale in gruppi (rispettivamente: i Nice, i King Crimson e gli Atomic Rooster) con limitati punti in comune. Una volta uniti, si trovarono a condividere un’energia esplorativa fuori dall’ordinario e la forza di un’industria discografica che da loro esigeva qualcosa di diverso, per spiccare nel già affollato mondo del rock progressive. Gli ELP arrivarono così al loro terzo album (allora si chiamavano così) dopo avere dato fondo al loro repertorio. Per completare la prima fatica, titolata con il loro stesso nome, avevano dovuto escogitare la versione sintetizzata – con il nascente moog, la prima tastiera gestita da circuiti elettronici - di una ballata che uno di loro ricordava dalla propria pubertà: Lucky Man, destinato a diventare un grandissimo fenomeno di mercato. Seguì il secondo album: Tarkus, dal significato visionario e mitologico, presto un grande successo fino a issarsi in vetta alle classifiche discografiche internazionali. Ma per la terza fatica, scomodarono addirittura un colosso della Classica ottocentesca: Modest Musorgskij.
Certamente non la maggior parte degli appassionati di rock progressivo di quel 1971 sapeva del compositore russo e della sua suite per pianoforte Quadri di un’esposizione, composta nel 1874, pubblicata postuma e caratterizzata da una ricchezza ritmica e da un’originalità che invoglieranno Maurice Ravel e scriverne una grandissima versione orchestrata. Ma la scarsa cultura classica non inficiò l’innamoramento immediato per l’album che ELP incisero dal vivo in concerto il 26 marzo 1971: una fantastica e travolgente rielaborazione in chiave rock di quattro dei dieci brani dall'omonima composizione pianistica di Musorgskij. Alle parti firmate dall'autore, i tre aggiunsero composizioni originali, spesso in forma di variazione sul tema e quasi sempre arricchite da eccezionali escursioni di Keith Emerson alle tastiere elettroniche. A concludere il tutto, una commovente composizione vocale sui toni di un ispirato Greg Lake e il gran finale di Nutrocker: indimenticabile rielaborazione rock'n'roll della celebre marcia tratta dallo Schiaccianoci di Cajkovskij e basata su un infinito e velocissimo virtuosismo di Carl Palmer alle percussioni.
Ecco: se un appassionato di rock progressive dotato di modestissima cultura musicale può sintetizzare sul tema ELP, questo non può restare immune dall’emozione di avere minimamente assaporato, tramite loro, le meraviglie infinite della Classica. Seguiranno altri album di massimo successo (Trilogy, Brain Salad Surgery, Works...) e in ognuno si ritroveranno echi simili, inframmezzati a escursioni nei più vari repertori musicali e spesso con accenti nazionalistici inglesi mai dissimulati. Emozioni forti, ma non paragonabili a quelli mutuate dal capolavoro di Musorgskij. Emozioni che oggi, a pochi mesi dalla tragica e prematura morte di Keith Emerson, assumono uno spessore ancora più indimenticabile.
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