2015_12_13 Josquin, Bach e una prima assoluta alla Chiesa di San Fedele a Milano con Il Canto di Orfeo

Domenica 13 dicembre 2015_12_13 alle ore 17
nella Chiesa di San Fedele a Milano.
Organizzazione Il Canto di Orfeo

Josquin, Bach e una prima assoluta
Chiesa di San Fedele domenica 13 dicembre 2015 ore 17.00
In collaborazione con Goethe Institut
Con il contributo di Fondazione Cariplo
Musiche di Josquin Desprez, J.S. Bach e Matteo Giuliani (vincitore del Premio San Fedele)
Il Canto di Orfeo
Gianluca Capuano, direzione
INGRESSO LIBERO
Informazioni: Biglietteria Auditorium lun-ven 10/12.30 - 14/18 
tel.02 86352231 -  www.centrosanfedele.net
PROGRAMMA

Josquin Desprez (1450-1521)
Missa Pange lingua
Kyrie, Christe, Kyrie
Gloria
Credo
Sanctus, Benedictus
Agnus Dei

Gregoriano Salve Regina

Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Nun komm der Heiden Heiland, BWV 599, corale per organo, dall´Orgelbüchlein
Inno ambrosiano Veni, Redemptor gentium

Matteo Giuliani (1984)
Ostendis, per otto voci miste
(prima assoluta, opera commissionata dalla Fondazione Culturale San Fedele)
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
- Nun komm der Heiden Heiland, BWV 659, corale per organo, dai 18 corali di Lipsia
- Komm, Jesu, komm BWV 229, mottetto per doppio coro
- Nun komm der Heiden Heiland, BWV 661, corale per organo, dai 18 corali di Lipsia
- Der Geist hilft unsrer Schwachheit auf BWV 226, mottetto per doppio coro

Un’occasione per ascoltare bella musica e scambiarsi un saluto prima delle feste natalizie, in attesa della ripresa della rassegna Vespri Musicali in San Maurizio a partire da aprile 2016.

NOTE DEGLI ORGANIZZATORI

SINTESI
In conclusione del Premio San Fedele per giovani artisti, la Fondazione Culturale San Fedele presenta due appuntamenti con le opere dei vincitori del Premio dei rispettivi settori arti-visive e musica. Da una parte, la mostra Conflitti con opere di Laura Bisotti, Vittorio Mortarotti, Giulia Zappa, Michele Parisi e Pietro Masturzo, verrà inaugurata nella Galleria San Fedele il venerdì 11 dicembre, alle ore 18.30. Dal lato musicale, il concerto di chiusura avrà luogo domenica 13 dicembre nella Chiesa di San Fedele alle ore 17.00, con la partecipazione del gruppo vocale Il Canto di Orfeo diretto da Gianluca Capuano.
Per l’occasione, verrà proposto un programma singolare, nel tempo liturgico dell’Avvento, tempo di rinnovata attesa del Signore nella sua duplice venuta, quella umile e povera del Natale, l’Incarnazione del Signore, e la venuta gloriosa alla fine dei tempi, la Parusia. Il centro del programma è il mistero di Cristo, declinato in due momenti musicali, il primo con una Missa di Josquin, e l’altro con due mottetti di J.S. Bach, i cui testi evocano alcuni aspetti dell’Avvento, preceduti da una nuova opera di Matteo Giuliani, vincitore del Premio San Fedele 2015. All’inizio, la Missa Pange lingua di Josquin des Prez colpisce per l’afflato della melodia che osa le svolte più inattese, per l’audacia dell'utilizzo del cantus firmus, per l’ammirevole abilità di alternare a effetti di masse complesse alcuni episodi a due voci che rilanciano l’ascolto. La Messa è la celebrazione del mistero pasquale di Cristo che procede dal suo comando nell’Ultima Cena: fate questo in memoria di me. Dal Trecento fino ai nostri giorni, numerosi compositori hanno voluto partecipare, con la loro musica, alla celebrazione del sacrificio di Cristo. La seconda parte è caratterizzata dall’accorata e struggente invocazione della venuta di Cristo nel mottetto Komm, Jesu komm e dall’implorazione dello Spirito Santo, parafrasando San Paolo (Rm 8,26), nel mottetto Der Geist hilft. La nuova opera vocale di Matteo Giuliani introdurrà i due mottetti con il testo dell’inno ambrosiano per l’Avvento Veni Redemptor Gentium, alla base anche della cantata di Bach Nun komm, der Heiden Heiland BWV 61.

SVILUPPI
Josquin
La Missa Pange lingua è un’opera tarda di Josquin, forse l’ultima intonazione di messa dell’autore, edita postuma nel 1539. Nelle opere precedenti, verso la metà della vita, a Josquin piaceva spesso mettere alla prova la propria capacità d’invenzione imponendosi problemi tecnici difficili da risolvere, ma in seguito s’orientò verso una concezione del comporre meno rigida, arrivando a perfezionare un genere di musica più libero. Nel caso della Missa Pange lingua, generalmente riconosciuta come uno dei suoi capolavori, tale libertà assume la forma di una fantasia su un cantus planus. Nella Messa si può pienamente ammirare la maestria dell’artista franco-fiammingo nel tessere la trama delle voci: parecchi suoi contemporanei avevano bisogno di cinque o sei voci per ottenere il tipo di sonorità che egli invece può raggiungere con quattro.
Col prender per l’intonazione della Pange lingua una melodia in cantus planus, Josquin s’assegnava una maggior libertà d’azione e più opportunità di sviluppo che non nelle messe anteriori, come per esempio la Missa La sol fa re mi. Comunque, egli decide d’allargare questa sua autonomia scrivendo delle linee vocali talmente ampie, che talora è impossibile dire se la melodia che s’ascolta è frutto d’una parafrasi o no.
E’, ad ogni modo, con questa composizione che Josquin rende definitivamente di primaria importanza l’arte dell’imitazione, colla quale tutte le voci debbono esser trattate da eguali. Questa tecnica avrà profonde ripercussioni sulla musica rinascimentale successiva di tutt’Europa.
L’origine del canto liturgico del Pange lingua è associata al Corpus Domini (è l’inno della festa). Nell’intonazione di Josquin lo si può sentire chiaramente cantato dal superius (soprano) nell’ultimo Agnus Dei, dove alla fine emerge in forma riconoscibile. Altrove tende ad essere ancora la parte del superius quella che fa i riferimenti più manifesti alla melodia gregoriana, ad esempio nel Kyrie, all’inizio del Gloria e nell’‘Et incarnatus est’. Per il resto, appaiono e scompaiono dei frammenti, sia facenti parte di melodie più lunghe, del tutto nuove, sia abbreviati in una delle unità ritmiche caratteristicamente terse tipiche di Josquin. In questo modo egli consegue quella varietà d’espressione che ha portato questa sua messa ad essere oggetto d’una generale ammirazione.

Matteo Giuliani
Ostendis per ottetto vocale, 2015, prima esecuzione assoluta.
Opera commissionata dalla Fondazione Culturale San Fedele al vincitore del Premio San Fedele per giovani compositori 2015. Scritta per il tempo dell'Avvento ambrosiano, l'opera impiega l'inno di sant'Ambrogio Veni, redemptor gentium.
Scrive il compositore: "Anche attraverso immagini molto concrete e fisiche, l’Inno Ambrosiano esprime la duplice natura (sia umana, sia divina) del Salvatore proponendosi come fondamentale brano d’Avvento, periodo in cui, non casualmente, si terrà la prima esecuzione di Ostendis (per ottetto vocale), che sfrutta proprio parte dell’Inno Ambrosiano come riferimento testuale. 
Fa piacere sottolineare come proprio domenica 13 dicembre (data della prima esecuzione del brano) coincida con il World Choral Day, che, per quest’anno, propone come tema guida il concetto di integrazione, quanto mai attuale e così ben connesso con il senso più intimo del Veni, redemptor gentium.
Il corrispondente testo musicale gregoriano (poi utilizzato, in una successiva versione mutuata da Lutero, anche in Nun Komm Der Heiden Heiland di J. S. Bach) è la vera struttura profonda di Ostendis. Essa si esprime (tra l’altro) sia come struttura armonica (derivata dunque dalla trasformazione sincronica della diacronicità gregoriana) della prima sezione del brano – in cui lo svelamento della melodia costitutiva è metafora dell’incarnazione terrena del Salvatore – sia, successivamente, in una vera e propria citazione della stessa".

J.S. Bach
Il mottetto è la forma più antica della musica polifonica europea. La sua storia inizia nel XII secolo e si sviluppa senza interruzione fino ai nostri giorni, pur con i mutamenti dovuti alle diverse epoche e alle varie scuole, come ad esempio quella fiamminga di Guillaume Dufay e quella rinascimentale di Orlando di Lasso, di Palestrina e di Andrea e Giovanni Gabrieli. Nel mottetto il contrappunto delle voci gioca un ruolo fondamentale per consentire al compositore una sempre più completa aderenza al testo poetico. Nel Settecento il mottetto era un elemento fisso dei servizi religiosi e veniva eseguito dopo il preludio d'organo introduttivo, mentre la cantata, che era il pezzo musicale più importante, veniva inserita tra la lettura del Vangelo e la predica. In quel periodo le voci erano esclusivamente bianche maschili, sostenute da un basso continuo formato dall'organo e dagli archi bassi, come la viola da gamba e il violone. Per questa sua specifica caratterizzazione l'esecuzione dei mottetti era riservata a sopranisti, contraltisti, tenori e bassi di particolare qualità e timbro vocale. Lo stesso Bach mostrò interesse verso il genere "mottetto"e ne scrisse molti di notevole valore espressivo e non destinati necessariamente alla funzione religiosa. Infatti i mottetti bachiani furono composti per eventi speciali, secondo quanto risulta agli studiosi della produzione del musicista di Eisenach.

Komm, Jesu, komm BWV 229 mottetto concertante a doppio coro
Il testo, del 1684, è di Paul Thymich (1656 - 1694). Vengono utilizzate due strofe di un’aria preesistente. La prima strofa soltanto viene elaborata e suddivisa in quattro sezioni. La composizione si conclude con un’Aria, nella forma del corale armonizzato. 
Il testo del Mottetto è appropriato ad un servizio funebre. Si apre con la triplice invocazione Komm. Il testo, che sottolinea il rifiuto delle cose mondane e il desiderio di quelle spirituali, è declamato in breve alternando i due cori. Notevole è l'aderenza della musica alla parola.

Appunti espressivo-compositivi.
- La figura suspirans binaria, presente nella prima frase alla parola JESU, che richiede un’esecuzione legata con appoggio sulla prima e diminuendo leggero della seconda, conferisce efficace espressività alla parola al vocativo, sottolineando l’idea di supplica.
- Particolare forza ha la parola müde (stanco) riferita al corpo mortale: la comparsa del La bemolle, il prolungamento dei valori e le legature, sono da considerare elementi che esprimono l’idea di stanchezza e l’anelito di pace. Nella frase successiva, dove infatti compare la parola Friede (Pace), possiamo verificare un analogo procedimento ottenuto anch’esso con valori lunghi e legature.
Der saure Weg (l’aspro sentiero) aspro come l’intervallo di settima che è impiegato in questa parola, esprime la difficoltà del sentiero della vita da percorrere.
- Al ritorno delle parole Komm, Komm, il discorso si fa più animato con imitazioni in stile fugato. Il tempo 6/8 contrapposto alla gravità del 3/2 precedente, conferisce alla sezione un carattere di danza, un’idea di impaziente desiderio di lasciare il mondo verso il raggiungimento dell’unica Via, Verità e Vita.
- La Parola Ergeben mich ( donarmi) viene lungamente evidenziata con un abbondante episodio melismatico sulla sillaba centrale (idea di abbandono, donazione di sé incondizionata).
- Anche la parola Leben (vita) è trattata con una vivificante progressione discendente, in cui l’inciso di semicrome si ripete tre volte, numero di Dio. Interessante la parola Leben presente alla parte dei contralti: quattro note aggravate in catabasi discendente (la vera Vita eterna che si manifesta). Affidata ad una parte intermedia, potremmo intenderla come un’idea di incarnazione: Gesù che scende, che viene a noi.
- Il Mottetto si conclude gioiosamente e serenamente nel semplice ed espressivo movimento corale sopra l’ultima strofa: si presenterà al suo Creatore.
- Il corale per tradizione e per la sua sacralità, ma soprattutto perché già conosciuto dalla congregazione, non veniva arricchito con figure retoriche, tuttavia in quest’Aria conclusiva del Mottetto Komm, Jesu, komm, Bach rivolge particolarmente l’attenzione alla parola bleibt (rimane) espressa con un valore lungo, che esprime un’idea di immobilità, e alla parola Weg (via) con un’abbondante fioritura di crome, principalmente affidate al soprano, che si dirigono verso la cadenza finale, con regolare aemiòlia, che contiene la parola Leben (Vita).
"Egli rimane sempre la vera Via verso la Vita."
Il dualismo del doppio coro iniziale si fonde all'unisono nel corale finale.
Non c'è più distinzione : Cristo (Dio incarnato) viene a noi e si fa simile agli uomini prendendo su di sè le loro sofferenze e rendendoli simili a Lui.

Der Geist hilft unsrer Schwachheit auf BWV 226 (1729) Mottetto in si bemolle maggiore per due cori
Su testo di Martin Lutero, di questo mottetto si conosce la data precisa perché una nota, sulla copertina che racchiude le parti autografe, informa che l'opera fu eseguita nella Chiesa Universitaria di San Paolo il 24 ottobre del 1729 durante l'ufficio funebre del Rettore Ernst I. Nei mottetti bachiani non ci sono arie, duetti e parti strumentali obbligate; d'altra parte è presente la forma dell'aria con il da capo, che è la più italianizzante fra quelle entrate nei generi sacri e profani della musica tedesca e di altri paesi. L'elemento fondamentale e coagulante del mottetto di Bach è la melodia di corale in una struttura polifonica di ampia articolazione e arricchita da episodi fugati o da vere e proprie fughe. Il mottetto comporta tre parti e ha il Corale in ultimo posto. 

1.    Der Geist hilft unsrer Schwachheit auf
2.    Der aber die Hersen forschet, der weiss
3.    Du heilige Brunst, süsser Trost

TESTO
Der Geist hilft unsrer Schwachheit auf,
denn wir wissen nicht, was wir beten sollen,
wie sich's gebühret; sondern der Geist selbst
vertritt uns aufs beste mit unaussprechlichem
Seufzen.
Der aber die Herzen forschet, der weiss,
was des Geistes Sinn sei,
denn er vertritt die Heiligen nach dem,
das Gott gefället.

(Lo spirito viene in aiuto alla nostra debolezza,
perché noi non sappiamo cosa dobbiamo chiedere
nelle nostre preghiere; ma lo Spirito stesso
intercede al meglio per noi con ineffabile
sospiro (Rm 8,26).
Ma colui che sa scrutare nei cuori, sa
qual'è il pensiero dello Spirito,
poiché intercede per i Santi, secondo
il volere di Dio).

Du heilige Brunst, süsser Trost,
nun hilf uns frölich und getrost
in dein'm Dienst veständig bleiben,
Die Trübsal uns nicht abtreiben.
O Herr, durch dein Kraft uns bereit
und stärk des Fleisches Blödigkeit,
dass wir hier ritterlich ringen,
durch Tod und Leben zu dir dringen,
Halleluja, halleluja.   

(O santo fervore, dolce conforto,
aiutaci ora a restare con gioia e fiducia
sempre, costantemente al tuo servizio,
per non deflettere per la tristezza.
O Signore, con la forza tua preparaci
e rinvigorisci la debolezza della nostra carne,
affinché si possa su questa terra validamente lottare,
per raggiungere te attraverso la morte e la vita.
Alleluia, alleluia).




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