2015_12_05 Teatro Coccia in scena il Pirandello del Berretto

Sabato 5 dicembre 2015_12_05 ore 21.00 – Turno A
Domenica 6 dicembre 2015_12_06 ore 16.00 – Turno B
Teatro Coccia, Novara – Stagione 2015/2016
Luigi Pirandello
IL BERRETTO A SONAGLI
Adattamento e regia di Valter Malosti
Personaggi e interpreti:
Beatrice Fiorica, moglie del Cavaliere - ROBERTA CARONIA
Saracena, rigattiera - PAOLA PACE
Fana vecchia serva della famiglia di Beatrice - CRISTINA ARNONE
Fifì Labella, fratello di Beatrice - VITO DI BELLA
Assunta Labella, madre di Beatrice - PAOLA PAOLA
Ciampa, scrivano del Cavaliere - VALTER MALTOSTI
Nina Ciampa, moglie dello scrivano ed amante del Cavaliere - ROBERTA CRIVELLI
Il delegato Spanò - PAOLO GIANGRASSO

Suono G.u.p. Alcaro - Luci Francesco dell’Elba
Cura del movimento Alessio Maria Romano - Scene Nicolas Bovey
Assistente alla regia Elena Serra
Produzione Teatro di Dionisio

Un allestimento di grande prestigio sotto l'aspetto visivo con abiti molto belli, vedi la madre di Beatrice, e scene chiuse da quinte scure traslucide, uno specchio con cornice dorata sul fondo ed al centro con pochi mobili posti sulla scacchiera, quasi che tutta l'azione sia uno scontro tra una "regina" ed un "re" che si affrontano muovendo le loro pedine o i loro alfieri, o come il delegato Spanò che si muove quasi come se fosse il cavallo degli scacchi.
Tutti i personaggi sono resi con naturalezza e partecipazione, con una particolare segnalazione per la giovane Roberta Caronia nel ruolo principale della signora Beatrice.
Unico particolare ostico l'uso del dialetto siciliano scelto in vece dell'italiano cui di solito siamo abituati ad ascoltarlo. [mm]

Malosti affronta per la prima volta Pirandello confrontandosi con uno dei testi più popolari del grande drammaturgo siciliano e con uno dei personaggi più amati e controversi, cercando di strapparlo allo stereotipo e alle convenzioni e tentando di restituirgli la sua forza eversiva originaria, che vive in massima parte nella violenza beffarda della lingua, una sorta di musica espressionista e tragicomica, e nei “corpi in rivolta” posti al centro della scena che è anche labirinto, una feroce macchina/trappola. 
Nel teatro di Pirandello la macchina risponde in modo significativo a una funzione coercitiva per le ragioni dell’umano, quali che siano; esse devono piegarsi come davanti a una prova attraverso cui i protagonisti sono obbligati a passare, come davanti all’artificio di una legge che gestisce, organizza e comanda l’affettività di ciascuno, giustificando così la composizione del “pupo” evocata da Ciampa. In breve, la macchina produce la sua verità e impone ai protagonisti di sottomettervisi.
Ma come intuisce Jean Paul Manganaro: “quanto alla verità, quella autentica, si è persa, dispersa, infranta, da un soggetto all’altro, da un individuo all’altro. Si è fatta verità di ciascuno, inconfessabile, inafferrabile: così frantumata, riflette tutte le schizofrenie dell’individuo e della società. Per la prima volta sulla scena, Pirandello affronta uno dei motivi drammaturgicamente più importanti, quello dell’angoscia dell’uomo che appare con la crisi della coscienza europea. Tutto quanto succede, non è più un problema di credibilità dell’avvenimento – al punto che sapere se Ciampa uccide o meno, se diventa pazzo o no, sono domande che non attendono risposta, poiché l’atto resta, qui, sospeso come un “non voler giudicare” dell’autore: ci sono solo fatti, apparenti e ambigui, ai quali si tratta di dare una forma, ora la più opportuna, ora la più indecente.”
Questo spettacolo si inserisce nel solco delle rivisitazioni “d’autore” di Malosti, come era accaduto con il felice lavoro tratto da La scuola delle mogli di Molière, che aveva girato con successo di pubblico e di critica, e per tre stagioni successive, nei principali teatri italiani. Anzi ne vuole essere idealmente il seguito dal punto di vista poetico, andando a formare una sorta di dittico (e in prospettiva ci sarebbe un Otello per completare una vera e propria trilogia).
Dice il regista: “Colgo nella pièce un carattere visionario come in Molière, e un andamento da farsa nera. 
Ciampa è per me un buffone tragico, come il Nietsche di Ecce homo e l’Arnolphe de La scuola delle mogli. In Pirandello, più che una risposta, la pazzia, con i suoi artifici, con la sua messa in scena nel Berretto a sonagli, è una posizione umoristica, l’astuzia feroce di Ciampa consiste nel mimare per la signora Fiorìca l’esempio dell’abisso della follia, unica soluzione del debole, in modo che lei alla fine vi precipiti. “
La scheda contiene estratti dal saggio di JEAN– PAUL MANGANARO, LE MACCHINE DELLA VERITÀ

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