LaVERDI
Un’Orchestra
per Expo, un’Orchestra per tutti
140
concerti in 12 luoghi diversi di Milano per i 6 mesi dell’Esposizione
universale
Sei mesi a suon di musica.
Per Expo 2015,
dall’1 maggio all’1 novembre
la Fondazione di largo Mahler mette in campo 140 concerti in 12
luoghi diversi della città - a
cominciare naturalmente dall’Auditorium di Milano Fondazione
Cariplo - affiancando agli appuntamenti della stagione ufficiale 3
inedite rassegne e una
serie di prime esecuzioni assolute.
Veniamo al dettaglio,
innanzitutto con le rassegne espressamente progettate per Expo. La
prima è Around the World:
14 concerti dedicati ad altrettanti Paesi partecipanti
all’Esposizione universale, in programma all’Auditorium di Milano
dal 13 giugno al 24 ottobre (direttore Francesco
Maria Colombo).
Altre due rassegne
originali troveranno invece spazio fuori dall’Auditorium: Nutrire
lo Spirito la prima, con 11
concerti (9 dei quali a ingresso libero) in alcune tra le più
significative chiese storiche della città (dal 5 maggio, nella
appena restaurata chiesa di San Gottardo in Corte al Palazzo Reale,
con l’esecuzione della Messa
di Gloria di Mascagni,
alla chiusura del 31 ottobre, con l’esecuzione del Requiem
di Verdi
nella chiesa di Sant’Angelo); San
Gottardo in Corte la seconda,
con 26 appuntamenti musicali (dal 10 maggio all’1 novembre,
ambientati nell’omonima chiesa alle spalle dell’Arcivescovado -
ingresso a 15 euro che include anche la visita al Grande Museo del
Duomo).
Un altro spazio
culturale della città torna ad essere disponibile
per i milanesi e gli ospiti
dell’Expo: il M.A.C.
(Musica, Arte, Cultura) di
piazza Tito Lucrezio Caro, dove, a partire dal 3 maggio, saranno
protagonisti i concerti della Stagione
cameristica de laVerdi.
A questa prima serie di
eventi, si aggiungono i 26 programmi (per 59 concerti) della Stagione
sinfonica, con
la prima
esecuzione assoluta de
The
Expo Variations,
24 variazioni sinfoniche di
Nicola Campogrande su
altrettanti temi di inni nazionali di Paesi partecipanti all’Expo;
3 programmi della Stagione di
musica barocca, 3 della rassegna
Crescendo in Musica,
2 della rassegna Made in Italy,
infine 1 concerto Discovery.
Non è tutto. laVerdi per
Expo mette in scena anche 11 Concerti
straordinari, tra i quali: il
Concerto per l’Europa,
in collaborazione con il Parlamento
europeo e la Commissione
europea (9 maggio, Auditorium di
Milano, con Orchestra Sinfonica e
Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi
che eseguiranno la Nona
sinfonia di Beethoven,
direttore Junichi Hirokami);
Apokàlipsis,
oratorio di Marcello Panni
dall’Apocalisse
di Giovanni, su un progetto del Cardinale Gianfranco
Ravasi (12 maggio, chiesa di San
Marco); il tradizionale Concerto
al Teatro alla Scala (13
settembre, direttore Jader
Bignamini);
infine 2 prime esecuzioni
assolute:
Una di vino commedia,
divertimento buffo di Luis
Bacalov, su testi di Giancarlo
Cignozzi e Franca
Vannucci (6 giugno, Auditorium
di Milano); Sull’acqua
(Sotto
di noi il diluvio),
melologo di Fabio Vacchi,
su testo di Michele Serra
per la voce di Lella Costa
(3 ottobre, Auditorium di Milano).
“Nella progettazione
della Stagione per Expo de laVerdi – spiega
il direttore generale della Fondazione Luigi
Corbani - ci ha guidato
innanzitutto la visione dell'attività culturale come servizio
pubblico. Noi abbiamo affrontato l’Expo guardando al suo
svolgimento ma anche al ‘giorno dopo’, considerando l’Esposizione
universale come un'opportunità e una sfida al tempo stesso: per
fare sistema, per fare squadra e quindi sviluppare collaborazioni e
intese per presentare al meglio ai visitatori, italiani e stranieri,
la dimensione culturale di Milano, di cui laVerdi è parte
essenziale.
“In questo senso
abbiamo realizzato collaborazioni con il Parlamento europeo, con la
Commissione europea, con i Consolati dei Paesi presenti all’Expo.
Una sfida per ripensare anche la programmazione della nostra
attività, guardando ai cambiamenti sociali e comportamentali
causati da vari fenomeni economici, culturali e di costume in atto
ormai da tempo e destinati a proseguire.
“Tutto ciò ci impone
di pensare non solo al 2015 ma al futuro in termini nuovi, diventando
prioritario pensare che l’Expo ci spinge a guardare avanti, al tipo
di città e di servizi che vogliamo. Per questo, forti
dell’esperienza di tre anni di attività estive di successo,
abbiano deciso di proseguire su questa strada, progettando una
Stagione di 16 mesi ininterrotti dallo scorso settembre a dicembre
2015, sulla quale si innestano e affiancano le iniziative originali
appositamente studiate per Expo”.
Martedì 12 Maggio 2015_05_12 , chiesa di San Marco Milano
Apokàlipsisoratorio di Marcello Panni dall’Apocalisse di Giovanni, su un progetto del Cardinale Gianfranco Ravasi
Oratorio di Marcello Panni in due parti e sette quadri, con un prologo e un epilogo, tratto dall’Apocalisse di Giovanni, su progetto del Cardinale Gianfranco Ravasi, per due voci recitanti, coro misto e coro di bambini, orchestra di strumenti a fiato e percussioni.
PERSONAGGI e INTERPRETI
Giovanni: Elio
De Capitani
La
Sposa Celeste: Chiara
Muti
I
Quattro Viventi: 4
voci recitanti dal coro
I
24 Anziani: coro
misto a 4 voci
Gli
Angeli: coro
di voci bianche
Direttore d
‘orchestra: Marcello
Panni
Commento:
S. E. Cardinal Gianfranco Ravasi
Orchestra
Sinfonica, Coro e Coro Voci bianche de laVerdi
Presentazione di
Marcello Panni
Il testo dell’oratorio è
un estratto di brani dal libro dell’Apocalisse di
San Giovanni, l’ultimo e il più misterioso dei libri della Bibbia;
la scelta dei versetti è stata fatta secondo le indicazioni di uno
dei massimi commentatori delle Sacre Scritture, S.E. il Cardinale
Gianfranco Ravasi.
Dalle sue indicazioni ho
tratto un libretto per una moderna sacra rappresentazione con due
voci recitanti, un uomo e una donna, che recitano i versetti in
italiano, alternandosi e a volte sovrapponendosi alla musica. Il coro
invece intona la versione in latino, ma anche in francese, inglese,
tedesco, spagnolo, e nel finale in greco, lingua in cui probabilmente
si è diffusa l’Apocalisse nei
primi secoli del cristianesimo.
La visione di Giovanni è
tutta piena di riferimenti alla musica: suonano, e più volte, le 7
trombe e le arpe, si intonano cori angelici e di Anziani, che adorano
l’Agnello, per non tacere dei rumori naturali della tempesta, del
tuono, del divampare delle fiamme, del terremoto.
Come dare corpo a questa
gigantesca visione sonora? Come incarnare quegli strumenti, che tante
volte abbiamo visto negli affreschi del Beato Angelico e Signorelli?
Varie sono state le mie
scelte: simbolicamente ho adottato il numero sette come elemento
portante ritmico e strutturale della musica. Non sono forse sette le
note e sette i cieli, che ruotando attorno alla Terra producono
l’Armonie delle Sfere? Sette sono anche i quadri, come grandi
affreschi, che compongono l’oratorio, con un prologo e un epilogo,
in tutto 9 parti (altro numero magico, 3 alla seconda, cioè la
Trinità al quadrato!).
Ma la cosa più difficile
era scegliere lo stile armonico e melodico di un testo così
complesso. Rinunciando a un’Apocalisse tecnologica
con effetti elettronici e stile cinematografico (era la soluzione più
ovvia), ho scelto una lettura austera che evochi piuttosto un rito
sciamanico, una sacralità primitiva, una cerimonia antica e senza
tempo, con elementi di folklore e la cui ispirazione mi viene dalle
gigantesche tappezzerie medievali dell’Apocalisse di
Angers, che conosco e amo da molti anni, tessute per le grandi
solennità della sua cattedrale.
Ho scelto di prendere come
temi principali alcune melodie sciamaniche di origine aborigena del
Sud America, innestandole su una rievocazione di forme
contrappuntistiche medioevali (motetus,
conductus, organum)
e sulla solmizzazione gregoriana. L’armonia sarà aspra e
dissonante basata su incontri politonali di scale difettive, tipiche
della musica aborigena. Dovendo dare un riferimento musicale
immediato, citerei la Création du Monde e La
mort d’un Tyran di
Darius Milhaud o Laborintus
II del suo
allievo e mio maestro Luciano Berio.
Quarantacinque strumenti a
fiato, come un gigantesco organo a canne, a cui si aggiungono quattro
percussionisti (45 + 4 = 49 cioè il quadrato di 7) che evocheranno
ritmi e rumori, sacri e profani.
Il coro di 28 elementi (7x
4) è anch’esso suddiviso, secondo il testo, in 24 Anziani e
quattro Viventi (Aquila, Bue, Angelo e Leone) che costituiscono la
corte in adorazione dell’Agnello. Il coro sarà di volta in volta
processionale, danzante, eco dei recitanti, rumoreggiante e tuonante;
mentre la purezza delle voci bianche si inserirà nei momenti
angelici. Le due voci recitanti si divideranno il testo: quella
maschile nella parte più visionaria, quella femminile nella
sconfitta di Satana (primo finale) e nella discesa della Gerusalemme
Celeste (secondo finale). Prima di ognuna delle due parti, a guisa di
prefazione e intermezzo, S.E. Cardinal Ravasi, cui è dedicato il mio
lavoro, commenterà personalmente il contenuto simbolico del testo di
Giovanni.
La prima esecuzione
assoluta di Apokàlypsis
ha avuto luogo al Festival di Spoleto 2009, che l’ha commissionato,
nello scenario della piazza del Duomo.
Introduzione del
Cardinale Gianfranco Ravasi
Quando si apre il libro
dell’Apocalisse,
si prova un’attrazione e una vertigine.
È un testo
striato dal sangue della storia ma è anche un’opera di
contemplazione, immersa in un alone di luce dal quale alla fine
emerge una città perfetta e ideale in cui non si piange più, in cui
la morte non ha più residenza e su cui si accende una luminosità
trascendente.
L’Apocalisse è,
quindi, un testo proteso al futuro della speranza, più che un
oroscopo sul destino della storia umana, si presenta come una lettura
«del presente in funzione del futuro», come scriveva il famoso
teologo Karl Rahner.
Bene e male ormai si fronteggiano per
l’estremo duello, sostenuto da schiere avverse di angeli e demoni.
Alla Babilonia trionfante
del mondo attuale si attende che subenti la Gerusalemme nuova e
santa.
È sulla trama di queste
pagine che il Maestro Marcello Panni ha voluto tessere le sue armonie
musicali, esprimendo la sua reazione di artista di fronte a un
immenso orizzonte di simboli e di messaggi, così che
l’Apocalisse torni
ancora a parlare all’uomo del nostro tempo spesso distratto e senza
speranza.
Che cosa unisce un libro
così “esplosivo” come l’Apocalisse biblica
e un evento operoso e programmatico come l’Expo
2015 milanese?
Certo, si potrebbe dire che “nutrire il pianeta” e i suoi
abitanti non è solo una questione fisica perché «l’uomo non vive
di solo pane» ma anche di cultura, di spiritualità, di bellezza e
la lettura di un capolavoro letterario com’è appunto quest’ultimo
libro della Bibbia può esserne la conferma.
Ci sono, però, altre
ragioni che ne giustificano la connessione. Innanzitutto
l’Apocalisse ci
ammonisce sulla tragica devastazione che la prepotenza di Stati e di
strutture economiche, la guerra, la corruzione (Babilonia, la Bestia,
la Prostituta) possono perpetrare in questa “aiuola” mirabile,
come Dante definiva la Terra. Spesso, infatti, nelle pagine di questo
libro si descrivono l’inquinamento dei fiumi, l’inaridimento
delle sorgenti, la desertificazione dei terreni, gli squilibri
planetari, gli scontri bellici, le persecuzioni.
Inoltre – come si legge
nel cap. 6 – se è vero che sulla terra corrono i cavalieri della
guerra, della violenza, della morte, c’è anche il cavallo nero che
ha in sella un personaggio armato di una bilancia destinata a pesare
le ormai scarse risorse del pianeta, incarnando così la fame.
L’ingiustizia in tutte le sue forme sconvolge l’orizzonte in cui
l’umanità vive. L’imperialismo, rappresentato da Babilonia-Roma
di allora, celebra i suoi trionfi, creando un corteo di sudditi
timorosi e di vittime.
L’Apocalisse,
però, non è – come l’opinione comune crede – un puro e
semplice registro di catastrofi sul modello del film Apocalypse
now, che
pure si ispira a questo scritto neotestamentario. Anzi, la meta a cui
vuole condurre è offerta nelle sue due ultime pagine luminose, che
potrebbero essere assunte a modello esemplare per l’Expo stesso.
È la nascita di una nuova città, la Gerusalemme perfetta nella sua
struttura urbana, nella nobiltà dell’arte che la orna, nella
fecondità dei suoi terreni, capaci di produrre alberi che
fruttificano ogni mese e le cui foglie sono terapeutiche.
Un progetto, quindi, di
giustizia e di sviluppo a cui, secondo l’Apocalisse,
sono convocati tutti coloro che escludono corruzione, egoismo,
violenza e scelgono la via della verità, della bellezza e
dell’amore. Un appello, quindi, alla fiducia e a una vera
palingenesi politica, sociale, economica, culturale, etica e
spirituale.
Sabato 03 Ottobre 2015_10_03
Sull’acqua (Sotto di noi il diluvio)
melologo di Fabio Vacchi, su testo di Michele Serra per la voce di Lella Costa (3 ottobre, Auditorium di Milano).
Melologo
di
Fabio Vacchi
su
testo di Michele Serra per la voce di Lella Costa
Sotto
di noi il diluvio: l'acqua che illumina Milano di
Fabio Vacchi
L’acqua
ha una storia a Milano. E la storia di Milano è affidata all’acqua.
Michele Serra ne fa scorrere i ricordi. Amabili e sorprendenti come i
quartieri popolari dove la sera ci si riuniva per raccontare storie
di gente industriosa, d’imprenditori e di operai, talvolta
contrapposti da ingiustizie e soprusi ai danni dei più deboli,
talvolta meno distanti d’oggi per la fresca eredità dei Verri, dei
Beccaria, dei Manzoni.
Acqua
che scende da montagne nelle quali si è formato il marmo del Duomo,
le stesse dove i partigiani hanno lottato e fondato la Repubblica
dell’Ossola. Falde che producevano, raccoglievano, fertilizzavano,
e inquinavano. Acqua che puliva e sporcava, acqua che puzzava. Che
divideva i ricchi dai poveri nel modo d’usarla e di spartire i
quartieri, qualche volta ricordandola comunanza sulla stessa barca di
un'esistenza precaria.
Milano
ha coperto i navigli, le sue storie e le sue fabbriche, tutta presa
dalla moda e dagli affari. Ma l’acqua non si è fatta zittire,
ribolle e risale, affiora e prorompe nelle metropolitane e nelle
cantine. Fatta di suoni, appartiene a una forza primitiva che ci sta
mettendo con le spalle al muro. O ascoltiamo la musica dell'uomo e
dell’ambiente, o comprendiamo di dover convivere con gli altri
animali, rispettandoli, sulla terra che tutti abitiamo, o la natura
morirà trascinandoci con lei nel nulla, nel vuoto, e prima ancora
nell'orrore.
L'acqua
su cui ondeggia inconsapevole Milano, di tanto in tanto dimentica,
più spesso conscia della sua storia d’accoglienza, può diventare
fonte d'energia pulita e rinnovabile, di speranza e di futuro per una
città attiva, dove "non si sta mai con le mani in mano".
Aprendosi agli altri nell’unico modo possibile, chiedendo a chi
porta linfa nuova di osservare le regole della convivenza. Con
amorevole fermezza. Con un'ospitalità propositiva che sappia tanto
porre condizioni quanto tendere una mano. Benvenuti cittadini del
mondo, benvenuti a imparare e a insegnare. A chiedere e a dare, a
pretendere diritti e a rispettare doveri.
Oppure
quest'acqua può imputridire e travolgerci. Ribellandosi alla sordità
di chi non l'ascolta. Come non ascolta le ragioni di coloro che a
Milano arrivano per incentivare un’impresa illuminata e florida o
senza nient’altro che un fardello sul cuore e sulle spalle da cui
ricominciare per non morire.
Una
partitura nata sulle parole di Michele Serra, destinata alla voce di
Lella Costa e ricolma di corporeità. Quella su cui poggia da sempre
la mia scrittura, che mi ha reso scomodo ed eversivo sia agli occhi
dei cultori di uno sperimentalismo ostico, solipsistico e supponente,
astratto e fine a se stesso, sia ai seguaci della semplicità
compiacente, dell'immediatezza gratificante ma incapace di
depositarsi nella memoria profonda: musica che passa in entrambi i
casi senza trasformare, senza emozionare le idee attraverso il corpo.
Un corpo che oggi le neuroscienze ci dicono avere ragioni proprie, in
grado di guidare con la chimica la nostra possibilità di provare
gioia o disgusto e di provarlo insieme agli altri. Questa musica,
nata dall'acqua di Milano sull'eco interiore di Michele Serra e sulle
intonazioni di Lella Costa, è una musica che crede nel corpo, nel
cibo sano e sostenibile che lo nutre, e nell’acqua che lo abbevera.
Dalle
viscere della terra l’acqua deve scorrere di nuovo in superficie,
non solo nei navigli, e ben venga la rivalutazione dei due corsi
sopravvissuti alla cementificazione. Se fosse un inizio. Se fosse una
sorgente di pensiero. L’acqua che scorre sotto i sonni di milanesi
e migranti dovrebbe accendere, insieme alla nostra fantasia, le sale
operatorie, le piste ciclabili, le scuole, le industrie, la Scala,
l’Auditorium, Brera, i palazzi del centro, le periferie, i
grattacieli, i parchi. Immergiamoci nell’acqua e nei suoni, perché
ciò che non è solido può avvolgerci, sferzarci, coccolarci,
divertirci, purificarci. Darci energia.
Raccontiamo
storie con le parole e con i suoni. Diffidiamo di chi pensa che
raccontare sia inutile o superato. Nell’arte e nella vita.
Ascoltiamo la storia dell’acqua di Milano. E lavoriamo perché ci
illumini.
Around
the World
laVerdi
esegue le musiche dei Paesi di Expo 2015
Direttore
Francesco Maria Colombo
Vedi dettaglio ....
Fondazione Orchestra
Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi
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