Venerdì 6 dicembre 2013_12_06 - ore 20.30 - Turno A
Domenica 8 dicembre 2013_12_08 - ore 16.00 - Turno B
Teatro C.Coccia - Novara
"NORMA"
Tragedia lirica in due atti
Musica di Vincenzo Bellini
Libretto di Felice Romani, tratto dalla tragedia “Norma ou l’infanticide” di A. Soumet
Prima rappresentazione
Milano, Teatro alla Scala, 26 dicembre 1831
Personaggi e interpreti:
Norma, druidessa, figlia di Oroveso (Soprano) ALESSANDRA REZZA
Pollione, proconsole di Roma nelle Gallie (Tenore) ROBERTO ARONICA
Adalgisa, giovane ministra del tempio d’Irminsul (Mezzosoprano) VERONICA SIMEONI
Oroveso, capo dei Druidi (Basso) LUCA TITTOTO
Clotilde, confidente di Norma (Mezzosoprano) ALESSANDRA MASINI
Flavio, amico di Pollione (Tenore) GIACOMO PATTI
due fanciulli, figli di Norma e Pollione
Druidi, bardi, eubagi, sacerdotesse, guerrieri e soldati galli
Cavalieri, dame, paggi, alabardieri
Orchestra Filarmonica del Piemonte
Coro Schola Cantorum San Gregorio Magno
Direzione d'Orchestra Matteo Beltrami
Regia Alberto Fassini, ripresa da Vittorio Borrelli
Maestro del coro Mauro Rolfi
Scene e costumi William Orlandi
Allestimento Teatro Regio di Torino
Produzione Fondazione Teatro Coccia
Fondazione TEATRO COCCIA
Via f.lli Rosselli, 47 28100 - Novara (NO)
Tel. +39.0321.233200 Fax +39.0321.233250 Biglietteria +39.0321.233201
Note
Di pochi mesi posteriore a Sonnambula, Norma rappresenta la più interessante espressione del genio belliniano: straordinaria nella potenza lirica e nell'acutezza dell'introspezione caratteriale dei personaggi, soprattutto di Norma, la cui personalità viene delineata con particolare efficacia nelle situazioni di drammaticità e in quelle di tristezza e di abbandono.
La calma spirituale di "casta diva", pervasa di un'intensa religiosità, viene a contrastare con l'angoscia e la disperazione della grande scena iniziale del secondo atto e con il furore tremendo e vendicativo del terzetto che chiude il primo atto, in cui il carattere fiero e coraggioso di Norma trova la sua totale esplicazione. Ma il momento di più vibrante intensità è sicuramente il finale del secondo atto: lo strazio di Norma ("Qual cor tradisti"), la sua prostrazione, la sua disperata implorazione ("Deh! Non volerli vittime") sono momenti in cui la melodia, la vocalità intensa e straziante realizza un quadro vibrante di emozioni tra i più significativi di tutto il melodramma.
(da "L'opera e le sue storie" di Mario Pasi e Guido Cavallera; ed. Curci, Milano 1991)
Atto I La vicenda si svolge nelle Gallie, all’epoca dell’invasione Romana
Nella foresta sacra dei Druidi il gran sacerdote Oroveso annuncia l’arrivo di Norma, la sacerdotessa sua figlia, che compirà il sacro rito in omaggio alla divinità lunare.
Intanto Pollione, segreto amante di Norma da cui ha avuto due figli, incontra l’amico Flavio e gli confida di essersi innamorato di un’altra sacerdotessa (Adalgisa) e di voler con lei fuggire alla volta di Roma, temendo l’ira e la vendetta di Norma.
I guerrieri Galli esortano Norma ed Oroveso a dare l’ordine di sterminare gli oppressori romani, ma Norma, quale interprete della volontà divina, asserisce che l’ora della rivolta non le è ancora stata comunicata dagli dèi. Intona quindi una preghiera alla luna, al termine della quale congeda l’assemblea dei Galli, che si allontana invocando il giorno della vendetta.
Nella sacra foresta rimane solo Adalgisa, subito raggiunta da Pollione che la invita ad abbandonare le sue divinità e a seguirlo a Roma; la fanciulla, alfin convinta, promette di fuggire con lui l’indomani.
Nella sua abitazione, Norma confida a Clotilde d’aver appreso che Pollione è richiamato in patria: teme che il proconsole abbia intenzione d’abbandonarla e le affida i due figli per poter rimaner da sola ma la raggiunge Adalgisa che, ignorando la relazione tra Norma e Pollione, le confida il suo colpevole amore senza rivelare l’identità dell’amato; narra il primo incontro e Norma commossa, al ricordo del suo idillio con Pollione, scioglie Adalgisa dai suoi voti e la congeda, invitandola a vivere liberamente con l’amato.
All’arrivo inatteso del proconsole, Norma comprende che è proprio lui l’uomo amato dalla fanciulla ed in preda al furore, la mette in guardia contro l’infedeltà del romano.
Adalgisa, sconvolta dalle rivelazioni, rimprovera Pollione di averla ingannata e rifiuta di seguirlo.
I Druidi, intanto, richiamano Norma alla celebrazione dei sacri riti; Pollione si allontana, furente, e Adalgisa informa Norma che intende rinunciare al proprio amore.
Atto II Nella abitazione di Norma
Norma decide di vendicarsi uccidendo i due bambini avuti da Pollione; ma quando entra, nottetempo, nella stanza in cui dormono brandendo un pugnale, il sentimento materno prevale. Fa chiamare Adalgisa e le affida i figli , pregandola di condurli all’accampamento romano: lei ha deciso di morire.
Adalgisa, disperata, tenta di dissuaderla, e promette di intercedere in suo favore presso il proconsole romano, al quale ella ha definitivamente rinunciato; commossa, Norma l’abbraccia e le assicura la sua eterna amicizia.
Nella foresta intanto, Oroveso annuncia ai guerrieri galli la prossima partenza di Pollione, che verrà sostituito da un proconsole ancor più temibile; ma invita tutti ad attendere con pazienza l’ora dell’insurrezione dato che Norma non ha ancora dato il responso.
Norma spera ancora che Pollione possa tornare al suo amore, ma Clotilde la dissuade, rivelandole che il proconsole è deciso a rapire Adalgisa e a condurla a Roma.
Sconvolta e desiderosa di vendetta, Norma chiama a raccolta i guerrieri galli, annunciando loro che è giunta l’ora di ribellarsi a Roma. Poco dopo Pollione, sorpreso nel sacro recinto delle vergini, viene arrestato e condotto al tempio; Norma vorrebbe ucciderlo ma poi, mossa a pietà, allontana tutti col pretesto d’interrogare il prigioniero, per scoprire l’identità della sacerdotessa sua complice.
Rimasti soli, Norma lo supplica di tornare al suo amore ma Pollione rifiuta, poi, di fronte alla minaccia di uccidere i due figli e mandare al rogo Adalgisa, accetta le condizioni impostegli. Rientrano i guerrieri e i sacerdoti e Norma annuncia loro d’aver scoperto il nome della donna spergiura e traditrice: tra lo stupore e la costernazione generale accusa se stessa del misfatto, e ordina che venga eretto il rogo sul quale andrà a morire.
Prega Oroveso di prendersi cura dei figli (“Deh, non volerli vittime”) e si avvia verso il rogo, mentre Pollione, straziato dal rimorso e resosi conto d’amare ancora quella donna generosa e sublime, decide di seguirla unendosi al suo tragico destino.
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