2013_04_18 Pirandello al Coccia con un testo grottesco e paradossale


Giovedì 18 aprile 2013_04_18 ore 21.00 – Turno A
Venerdì 19 aprile 2013_04_19 ore 21.00 – Turno B
Teatro Coccia di Novara
Luigi Pirandello
L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTÙ
con
Enzo Vetrano, Ester Cucinotti, Giovanni Moschella, Stefano Randisi,
Antonio Lo Presti,Margherita Smedile, Giuliano Brunazzi, Luca Fiorino
Luci Maurizio Viani
Scenografia Marc’Antonio Brandolini
Costumi Ursula Patzak
Regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi
Produzione Teatro degli Incamminati / Diablogues
“…Esilarante, eh, lo so! Esilarantissimo. Lo so. La vista chiara, aperta, delle passioni – e siano anche le più tristi, le più angosciose – ha il potere, lo so, di promuovere le risa di tutti!…” 
L’uomo, la bestia e la virtù – atto I – scena VII 

Il nostro lavoro su Pirandello, cominciato con uno studio sulle Novelle e portato avanti con Il berretto a sonagli, giunge adesso alla prova di un testo molto particolare – L’uomo, la bestia e la virtù - quasi un unicum della produzione pirandelliana.
Mai come in questo testo infatti la drammaturgia del grande Maestro incontra e si esprime col linguaggio del grottesco e genera una favola allegorica, o meglio un apologo, come lui stesso ha voluto definirlo.
La situazione che ci racconta è di quelle, care al nostro Autore, al limite del possibile eppure credibilissime, paradossale risvolto di quella società claustrofobica e piena di convenzioni che Pirandello ha saputo scardinare pezzo dopo pezzo coi suoi affondi letterari e teatrali.
Nasce da una novella, Richiamo all’obbligo, e si sviluppa incarnandosi in personaggi/animali immaginati e descritti come maschere grottesche. Paolino, rispettabile professore privato, è l’uomo della vicenda: trasparente, come lo definisce l’Autore, ma con una doppia vita; è infatti l’amante della signora Perella, la virtù in persona, moglie trascurata e infelice del Capitano di marina Francesco Perella, la bestia.
La tresca fra il professore e la signora potrebbe continuare a lungo e senza intoppi, dato che l’indegno Capitano - violento e irascibile, da anni lontano dal letto della moglie e con una seconda famiglia in un altro porto - è sempre per mare, e torna a casa raramente e malvolentieri.
Ma un incidente – un’inattesa quanto inopportuna gravidanza della signora Perella - minaccia di sconvolgere quest’ordine e costringe il professore a cercare una soluzione ad ogni costo: nell’unica notte che il Capitano trascorrerà a casa, tra un porto e l’altro, dovrà assolutamente ottemperare agli obblighi coniugali, e rendere così apparentemente legittimo il frutto dell’amore proibito.
Comincia una febbrile corsa contro il tempo, per far sì che gli istinti sessuali della bestia vengano risvegliati al momento opportuno, e in questa cieca frenesia il professore calpesta e travolge pudore, dignità e sentimenti: pretende pozioni afrodisiache, compra la complicità del petulante figlio della coppia e spinge la casta signora Perella a mettere in mostra i tesori di grazia e bellezza del suo corpo, così gelosamente e santamente custoditi. E così l’uomo, per difendere la virtù e farsene paladino contro le offese coniugali della bestia, è costretto fatalmente e paradossalmente a negare la propria umanità.
Affollano la scena domestiche scorbutiche, vicini invadenti e studenti bistrattati, personaggi descritti, anche loro, con consolanti aspetti bestiali.
Nella nostra lettura lo spettacolo è tutto come contenuto, fin dall’inizio, in un grande armadio che sta sul fondo della scena. A poco a poco le ante di questo armadio fanno saltar fuori le voci, i gesti e le azioni dei personaggi, come da un arsenale delle apparizioni in cui le evocazioni prendono corpo per assecondare e servire la narrazione: paure, desideri, passioni diventano visibili; gli ingressi dei personaggi si mescolano a incarnazioni visionarie; le musiche, gli oggetti, lo stesso armadio sul fondo prendono vita autonoma, partecipano al racconto della vicenda e assumono funzione di coro.
Il grottesco si esaspera in momenti di forte comicità o si stempera nella poesia, si addentra nel dramma e poi se ne libera con slittamenti surreali, consentendoci di utilizzare registri recitativi a noi congeniali. Eppure, come sempre nel nostro modo di andare in scena, rimanendo credibili, e tornando ad ascoltare le parole del grande Maestro, che chiedeva ai suoi attori di agire sempre per mosse d’animo, innescando una perfetta circolarità tra personaggio e interprete. [note degli autori Enzo Vetrano e Stefano Randisi]

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