Terminata la Stagione dei Ragazzi, Tempo Moderno accoglie una delle
Compagnie più seguite ed acclamate delle scorse Stagioni, nonché
vincitrice della 1^ edizione del Premio "Città di Vigevano" lo scorso
anno, con un immortale capolavoro del teatro italiano:
Sabato 23 marzo 2013_03_23 alle ore 21.00.
Filodrammatica Gallaratese di Gallarate (VA)
Eduardo De Filippo
FILUMENA MARTURANO
commedia in 3 atti- tel.: 348 1127776 - email: info@teatroilmosaico.it
La prevendita, senza sovrapprezzo, si effettua il sabato prima dello spettacolo dalle 17.30 alle 18.30.
Per altre informazioni sulla stagione: www.gliantinati.it/stagione.php.
Prossimo spettacolo : 6 e 13 aprile 2013 - ore 21.00 7 aprile 2013 - ore 16.00
Uni3 di Vigevano (PV) I MORTI NON PAGANO LE TASSE di Nicola Manzari
Dal 1996, la Filodrammatica Gallaratese porta in scena il teatro napoletano, rappresentando con puro spirito partenopeo testi che spaziano dai classici di De Filippo ad autori cosiddetti minori quali Fayad, De Santis, Canzano, Di Maio, ottnendo premi e riconoscimenti dovunque si esibisce.
E’ il dramma, non nuovo, della prostituta che diventa con il matrimonio una donna onesta e rispettabile. A complicare la storia c’è la realtà di tre figli ormai adulti e cresciuti segretamente, uno di essi è venuto alla luce dall’incontro con un ricco signore che per tanti anni l’ha tenuta accanto a sé; come amante, come serva e come sorvegliante dei propri affari, questo legame è l’arma di cui lei si serve per arrivare allo scopo; quello di dare un cognome “rispettabile” ai propri figli.
La donna si finge moribonda per farsi sposare, in extremis, da un amante restio e libertino. Filomena, celebrate le nozze, schizza subito in piedi vispa come un fringuello, ma il dramma di questa donna è ben lontano dal ridursi allo schema burlesco, perché la sua origine è nella figura di una madre partenopea, capace di capovolgere il suo modello tragico. Ella pretenderà una casa il cui calore non sia quello asfittico dei corpi accalcati, ma di una famiglia diversa da quella che ha avuto lei, non solo perché era povera ma perché non era una famiglia.
Questa donna s’è adattata sempre, nella sua travagliata esistenza ai cambiamenti di ambiente: “dal basso”, alla “casa di tolleranza”, all’appartamento a “San Potito”, fino all’approdo in “casa Soriano”.
Ma anche qui continua a fare la “serva” e la prostituta (di uno solo, anziché di tanti) …….
Scritta da Eduardo per la sorella Titina, che lamentava come il vero successo della ribalta fosse sempre riservato al protagonista maschile, al primo attore, e mai alla donna, e portata in scena per la prima volta al teatro Politeama di Napoli nel 1946, ”Filumena Marturano” ancora oggi è la sua commedia maggiormente rappresentata all’estero.
Racconta Eduardo:
- L’idea di Filumena Marturano mi nacque alla lettura di una notizia; una donna a Napoli, che conviveva con un uomo senza esserne la moglie, era riuscita a farsi sposare soltanto fingendosi moribonda. Questo era il fatterello piccante, ma minuscolo; da esso trassi la vicenda ben più vasta e patetica di Filumena, la più cara delle mie creature.-
Filumena, ex prostituta, si finge moribonda per farsi sposare dal suo amante, Domenico Soriano. Scoperta la beffa l’uomo vuole l’annullamento del matrimonio perché, sostiene, essergli stato estorto con l’inganno. A quel punto la donna rivela d’avere tre figli e che uno dei tre è figlio proprio di Domenico Soriano.
Inizialmente l’uomo è furioso ed insiste nella richiesta d’annullamento e nel voler sapere quale sia suo figlio, ma Filumena, testarda, acconsente alla prima richiesta ed oppone un energico rifiuto alla seconda. Infine il conflitto si scioglierà e la donna riuscirà a farsi sposare con una cerimonia ufficiale e ad ottenere il riconoscimento dei tre figli.
Nel teatro eduardiano Filumena è l’unica protagonista femminile, ed unisce sia caratteristiche storicamente considerate maschili sia femminili, e cioè senso della realtà, ostinazione, perseveranza e determinazione che, come una novella don Chisciotte, la pongono contro tutto e tutti per affermare un sogno che da lungo tempo insegue: la famiglia.
Con un netto rifiuto della disgregazione familiare, in modo ossessivo, eroico e drammatico, attraverso l’orgoglioso amore di madre, ricerca ed impone quel bisogno di unità che non ha conosciuto nell’infanzia e non ha ritrovato nella sua vita da adulta, in un confronto continuo tra passato reale e doloroso e presente ideale, volendo a tutti i costi essere riconosciuta come moglie e come madre da Domenico Soriano, dai figli e dal mondo.
Medea al rovescio, non sacrifica i suoi figli, ma lotta per assicurare loro stabilità e dignità:
Hann’ ‘a sapé chi è ‘a mamma…Nun s’hann’ ‘a mettere scuorno vicino all’ at’uommene…’a famiglia…’a casa…’a famiglia.-
Filumena è ignorante, analfabeta, parla solo il dialetto, ma è egualmente capace d’affermare il suo principio e di difendersi dalle disquisizioni e dai cavilli della legge, opponendo esclusivamente la forza del sentimento.
Ben esprimendo in ciò il punto di vista dell’autore, si rivela la depositaria dei valori più autentici, quelli familiari e del riscatto della persona, entrambi rivendicati attraverso il tema della maternità, di qui la necessità di uscire dall’inganno e dalla simulazione, confidando prima al marito e poi ai figli di essere la loro madre. Ma il bisogno di riscatto e cambiamento, l’ ostinazione a volere una metamorfosi positiva, pur se attraverso l’inganno, Vulevo fa’ ‘na truffa!Me vulevo arrubbà nu’ cugnome, inizialmente si scontrano con il rifiuto dell’uomo a cambiare, con l’immobilismo che lo lega al suo passato di uomo ricco, egoista e viveur.
In scena Filumena cerca continuamente di spiegarsi con le ragioni del cuore, ed invece Domenico si diverte ad umiliarla tentando d’imporle la legge scritta, quella vergata sulla carta, contro cui la donna oppone la sua legge personale, non sancita e non testimoniata da documenti, solo dai sentimenti e da una data, scritta su un angolo di banconota, che le permetterebbe di rivelare all’uomo, senza ombra di dubbio, chi sia suo figlio, però la donna non vuole un padre per uno solo dei suoi figli, vuole un padre per tutti e tre i figli, in concordia ed unione, per questo non scioglierà mai l’enigma.
E sarà proprio la rivendicazione femminile ad affermarsi, il bisogno di famiglia diversa e vera che ha sempre desiderato per sé e che ha voluto con determinazione per i suoi figli.
Nel finale del terzo atto la donna, che non ha mai versato una lacrima, che ha sempre avuto gli occhi asciutti perché, dice, Sai quanno se chiagne? Quanno se cunosce ‘o bbene e nun se po’ avé! Ma Filumena Marturano bene nun ne cunosce , si scioglierà in lacrime alla presenza del marito, ora comprensivo, esclamando in tono quasi liberatorio:
Dummì,sto chiagnenno…Quant’è bello a chiàgnere! -
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