2010_01_23 La serva padrona alla Verdi

CRESCENDO IN MUSICA
sabato 23 gennaio 2010 ore 15.30
Auditorium di Milano Fondazione Cariplo
RIDERE IN MUSICA
Domenico Cimarosa
Il maestro di cappella
Giovanni Battista Pergolesi
La serva padrona
Umberto, il padrone - Lorenzo Malagola
Serpina, la serva - Vittoria Giacobazzi
Vespone, il servo / Maestro di cappella - Giorgio Borghes
Regia Carlo Massari e Claudio Borgianni
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Direttore Giovanni Marziliano

Un nuovo appuntamento della rassegna Crescendo in Musica con una divertente messa in scena de Il maestro di cappella di Domenico Cimarosa e La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi.
Succede spesso di vedere gli occhi spalancati di un ragazzino mentre esprime la sua seria e personale indignazione: «Questa non può essere un’opera! Questa musica è divertente, fa ridere!» Si tratta della reazione istintiva di qualsiasi giovane ascoltatore di fronte a un’opera buffa, abituato ad accostare il canto lirico alla fronte corrugata dell’intenditore.
Questo nuovo allestimento nasce dalla voglia di attualizzare i codici classici dell’opera e di creare un parallelismo con la società moderna attraverso le arie e recitativi di Pergolesi e Cimarosa, cantate e suonate dal vivo da abili professionisti.

Ridere in musica con Cimarosa e Pergolesi
Sabato 23 gennaio alle ore 15.30 all’Auditorium di Milano un nuovo appuntamento della rassegna Crescendo in Musica con una divertente messa in scena de Il maestro di cappella di Domenico Cimarosa e La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi.
Succede spesso di vedere gli occhi spalancati di un ragazzino mentre esprime la sua seria e personale indignazione: «Questa non può essere un’opera! Questa musica è divertente, fa ridere!» Si tratta della reazione istintiva di qualsiasi giovane ascoltatore di fronte a un’opera buffa, abituato ad accostare il canto lirico alla fronte corrugata dell’intenditore. Questo nuovo allestimento nasce dalla voglia di attualizzare i codici classici dell’opera e di creare un parallelismo con la società moderna attraverso le arie e recitativi di Pergolesi e Cimarosa, cantate e suonate dal vivo da abili professionisti.
Il maestro di cappella è uno dei più celebri lavori di Domenico Cimarosa. Non sappiamo definire con precisione quando questa scena per basso-baritono e orchestra sia stata composta, ma gli studiosi ci dicono che potrebbe essere stata scritta tra il 1786 e il 1793. Sicuramente il brano, grazie all’argomento comico e alla bellezza della musica, incontra subito il gusto del pubblico: basti pensare che, già nel 1810, viene pubblicato a Lipsia. L’argomento è molto semplice: un maestro di cappella (ovvero un musicista di corte, al servizio di un sovrano) sta facendo le prove con la propria orchestra; dichiara al pubblico di voler eseguire un’aria composta da lui stesso in «stil sublime», ispirandosi ai capolavori del passato ideati dagli antichi maestri «che sapevano tanto», come Scarlatti. Quando la prova inizia, il risultato è disastroso: gli orchestrali non hanno studiato, e ogni strumento entra al momento sbagliato, stonando, fuori tempo, e costringendo il maestro a canticchiare personalmente ogni parte per facilitare il compito agli strumentisti. Una volta che le cose si sono un po’ sistemate e che il maestro di cappella ha placato la sua collera, tutti gli orchestrali si esibiscono in un lungo brano esclusivamente strumentale.
Sarà molto divertente seguire Il maestro di cappella, che è in definitiva la caricatura di un “tipo” umano realmente esistito nel passato, e che può somigliare per molti aspetti al moderno direttore d’orchestra. Oltre alla comicità il pezzo ci permetterà di imparare divertendoci, perché, di volta in volta, verranno chiamati in causa i singoli strumenti, di cui potremo così riconoscere i timbri. A differenza della Guida di Britten, Il maestro di cappella non è stato scritto appositamente per istruire un pubblico giovane, ma dal suo ascolto si potranno comunque trarre molti insegnamenti interessanti.
Questa nuova messa in scena della Serva padrona di Pergolesi, è pensata proprio per spazzar via le ragnatele dai teatri e per diffondere questo stupore al maggior numero possibile di adulti e ragazzi.
Eppure è sufficiente tornare indietro di cinquant’anni per accorgersi di questa inspiegabile metamorfosi culturale. Lo spettacolo più vitale e dissacrante degli ultimi due secoli è diventato un passatempo per i circoli intellettuali, per quei “nobili” che proprio dall’opera buffa venivano ridicolizzati. Con un po’ di fantasia, è possibile immaginare le reazioni del pubblico dell’Opéra di Parigi, una sera come tante nell’anno 1752. È probabile che siano state molto simili a quelle dei ragazzi di oggi. La serva padrona di Pergolesi è appena andata in scena, aprendo la sala all’aria fresca della vita reale.
Le esilaranti peripezie dell’uomo qualunque conquistano il palcoscenico e allontanano dei ed eroi, ritenuti fino ad allora gli unici ad avere il diritto di recitar cantando. Non è nient’altro che un intermezzo, una parentesi rilassante di circa mezz’ora all’interno di uno spettacolo ben più elevato. Non merita neppure un pannello dipinto come scenografia: sono sufficienti due cantanti, una sedia, un mimo. Tuttavia queste poche cose bastano a cambiare la serata agli spettatori. Forse, tutt’a un tratto si sentono liberi di sedersi meno composti, di allungare le gambe, di sciogliersi i polsini.
La storia è semplicissima, oltraggiosamente banale per gli splendidi drappeggi di velluto che rivestono il teatro. Sul palco, una intraprendente e sveglissima cameriera, Serpina, coltiva lo scandaloso desiderio di sposare il ricco e svampito signorotto cui presta servizio. Per ottenere il suo scopo, la sfrontata servetta finge di accettare la proposta di matrimonio di un immaginario comandante dell’esercito, infiammando di gelosia il suo ingenuo padrone. Nel momento in cui il ricco Uberto si arrende infine alla passione per la sua cameriera si consuma il vero miracolo.
La crudele satira si trasforma in commovente storia d’amore, lo spettatore che rideva sguaiatamente corre adesso il rischio di commuoversi fino alle lacrime.

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