ALESSANDRO BARICCO togliere i finanziamenti a SPETTACOLI & CULTURA

"In questi tempi di crisi non si può più pensare che tutta la cultura sia finanziata con i fondi statali. L'intervento pubblico ha prodotto stagnazione. Basta soldi pubblici al teatro meglio puntare su scuola e Tv" ALESSANDRO BARICCO

in ROSSO = evidenzio frasi di Baricco
in BLU = vedi i miei commenti

Sotto la lente della crisi economica, piccole crepe diventano enormi, nella ceramica di tante vite individuali, ma anche nel muro di pietra del nostro convivere civile.
Una che si sta spalancando, non sanguinosa ma solenne, è quella che riguarda le sovvenzioni pubbliche alla cultura.
Il fiume di denaro che si riversa in teatri, musei, festival, rassegne, convegni, fondazioni e associazioni.

Io prenderei ad esempio il nucleo fondamentale della nostra società: LA FAMIGLIA
piccole crepe diventano enormi
In un momento di crisi ogni famiglia deve fare i conti con le entrate e le uscite.
 
1) se le entrate sono SOLO lo stipendio che arriva da un lavoro dipendente non ci sono molte possibilità di intervento sulle entrate, forse chiedere l'aumento??
Ma se c'è crisi è più facile perdere il proprio lavoro che vedere un aumento dello stipendio.
 
2) se le entrate sono le PENSIONI, idem come per lo stipendio salvo un minimo di adeguamento annuale che già esiste e che lo stato potrebbe ritoccare aumentandolo.
In questo caso però con una percentuale inversa rispetto al massimale dell'importo erogato. Chi più prende meno aumenta!!
 
3) se le entrate derivano da una attività, magari basta ritoccare i prezzi e magari si continua comunque a vendere e le entrate se non aumentano almeno sopportano meglio la crisi.
 
QUINDI OCCORRE OPERARE TAGLI SULLE USCITE, PERFETTO
 

sovvenzioni pubbliche alla cultura
1) governo dopo governo alla cultura si fanno dei tagli
2) ci sono i grandi enti di IMPORTANZA NAZIONALE che DEVONO essere sempre salvati, SCALA, ARENA DI VERONA???
3) lo STATO eroga a loro cifre enormi quando sono gli unici che hanno un incasso garantino
4) perchè non si finanziona con gli incassi e riduco le loro spese
 

fiume di denaro che si riversa in teatri, musei, festival, rassegne, convegni, fondazioni e associazioni
1) vedi sopra
2) il problema è quali sono i soggetti che ricevono i SOLDONI e chi ha deciso, con quale capacità critica di DARGLIELI
3) il problema è stato e sarà che saranno ancora dati TROPPI SOLDI a chi siautopagherà uno stipendio di 62.000 Euro/Anno più appartamento, più spese pagate, luce, uffici gratuti dal Comune e quanto altro per produrre tre/quattro eventi
mentre
se i soli,  dico SOLI, 62.000 Euro se fossero stati stanziati come UNICO investimento culturale della città avrebbero potuto produrre anni di avvenimenti formativi in campo culturale di grande valore anche se di costo minimale rispetto a quanto buttato al vento senza lasciare ai posteri che un ENORME BUCO FINANZIARIO. (il caso è reale e può essere docuementato)

 
Dato che il fiume si sta estinguendo, ci si interroga. Si protesta. Si dibatte. Un commissariamento qui, un'indagine per malversazione là, si collezionano sintomi di un'agonia che potrebbe anche essere lunghissima, ma che questa volta non lo sarà. Sotto la lente della crisi economica, prenderà tutto fuoco, molto più velocemente di quanto si creda.

In situazioni come queste, nei film americani puoi solo fare due cose: o scappi o pensi molto velocemente. Scappare è inelegante. Ecco il momento di pensare molto velocemente. Lo devono fare tutti quelli cui sta a cuore la tensione culturale del nostro Paese, e tutti quelli che quella situazione la conoscono da vicino, per averci lavorato, a qualsiasi livello. Io rispondo alla descrizione, quindi eccomi qui. In realtà mi ci vorrebbe un libro per dire tutto ciò che penso dell'intreccio fra denaro pubblico e cultura, ma pensare velocemente vuol dire anche pensare l'essenziale, ed è ciò che cercherò di fare qui.

Se cerco di capire cosa, tempo fa, ci abbia portato a usare il denaro pubblico per sostenere la vita culturale di un Paese, mi vengono in mente due buone ragioni.
Prima: allargare il privilegio della crescita culturale, rendendo accessibili i luoghi e i riti della cultura alla maggior parte della comunità.
Seconda: difendere dall'inerzia del mercato alcuni gesti, o repertori, che probabilmente non avrebbero avuto la forza di sopravvivere alla logica del profitto, e che tuttavia ci sembravano irrinunciabili per tramandare un certo grado di civiltà.

A queste due ragioni ne aggiungerei una terza, più generale, più sofisticata, ma altrettanto importante: la necessità che hanno le democrazie di motivare i cittadini ad assumersi la responsabilità della democrazia: il bisogno di avere cittadini informati, minimamente colti, dotati di principi morali saldi, e di riferimenti culturali forti.
 
[ma è vero che si eroga alla cultura per creare cittadini coli ed informati?? Visto che si spendono soldi per oscenità in luogo pubblico, cacca in giardino, effusioni sotto le lenzuola e quanto altro di più come ne LA CASA DEL GRANDE FRATELLO e simili ISOLE dei FAMOSI (prima o dopo) mi sembra che si spenda per formare dei DEFICIENTI più che acculturare i miseri sprovveduti]
 
Nel difendere la statura culturale del cittadino, le democrazie salvano se stesse, come già sapevano i greci del quinto secolo, e come hanno perfettamente capito le giovani e fragili democrazie europee all'indomani della stagione dei totalitarismi e delle guerre mondiali. [come dice Baricco le democrazie !! non qualcosaltro]
Adesso la domanda dovrebbe essere: questi tre obbiettivi, valgono ancora?
Abbiamo voglia di chiederci, con tutta l'onestà possibile, se sono ancora obbiettivi attuali? Io ne ho voglia. E darei questa risposta: probabilmente sono ancora giusti, legittimi, ma andrebbero ricollocati nel paesaggio che ci circonda. Vanno aggiornati alla luce di ciò che è successo da quando li abbiamo concepiti. Provo a spiegare.

Prendiamo il primo obbiettivo: estendere il privilegio della cultura, rendere accessibili i luoghi dell'intelligenza e del sapere. Ora, ecco una cosa che è successa negli ultimi quindici anni nell'ambito dei consumi culturali: una reale esplosione dei confini, un'estensione dei privilegi, e un generale incremento dell'accessibilità. L'espressione che meglio ha registrato questa rivoluzione è americana: the age of mass intelligence, l'epoca dell'intelligenza di massa.

Oggi non avrebbe più senso pensare alla cultura come al privilegio circoscritto di un'élite abbiente: è diventata un campo aperto in cui fanno massicce scorribande fasce sociali che da sempre erano state tenute fuori dalla porta. Quel che è importante è capire perché questo è successo. Grazie al paziente lavoro dei soldi pubblici? No, o almeno molto di rado, e sempre a traino di altre cose già successe. La cassaforte dei privilegi culturali è stata scassinata da una serie di cause incrociate: Internet, globalizzazione, nuove tecnologie, maggior ricchezza collettiva, aumento del tempo libero, aggressività delle imprese private in cerca di un'espansione dei mercati. Tutte cose accadute nel campo aperto del mercato, senza alcuna protezione specifica di carattere pubblico.

Se andiamo a vedere i settori in cui lo spalancamento è stato più clamoroso, vengono in mente i libri, la musica leggera, la produzione audiovisiva: sono ambiti in cui il denaro pubblico è quasi assente. Al contrario, dove l'intervento pubblico è massiccio, l'esplosione appare molto più contratta, lenta, se non assente:
pensate all'opera lirica,
alla musica classica,
al teatro,
se non sono stagnanti, poco ci manca. Non è il caso di fare deduzioni troppo meccaniche, ma l'indizio è chiaro: se si tratta di eliminare barriere e smantellare privilegi, nel 2009, è meglio lasciar fare al mercato e non disturbare. Questo non significa dimenticare che la battaglia contro il privilegio culturale è ancora lontana dall'essere vinta: sappiamo bene che esistono ancora grandi caselle del Paese in cui il consumo culturale è al lumicino. Ma i confini si sono spostati. Chi oggi non accede alla vita culturale abita spazi bianchi della società che sono raggiungibili attraverso due soli canali: scuola e televisione.
Quando si parla di fondi pubblici per la cultura, non si parla di scuola e di televisione.
Sono soldi che spendiamo altrove. Apparentemente dove non servono più.
Se una lotta contro l'emarginazione culturale è sacrosanta, noi la stiamo combattendo su un campo in cui la battaglia è già finita.

Secondo obbiettivo: la difesa di gesti e repertori preziosi che, per gli alti costi o il relativo appeal, non reggerebbero all'impatto con una spietata logica di mercato. Per capirci: salvare le regie teatrali da milioni di euro, La figlia del reggimento di Donizetti, il corpo di ballo della Scala, la musica di Stockhausen, i convegni sulla poesia dialettale, e così via. Qui la faccenda è delicata. Il principio, in sé, è condivisibile. Ma, nel tempo, l'ingenuità che gli è sottesa ha raggiunto livelli di evidenza quasi offensivi.

Il punto è: solo col candore e l'ottimismo degli anni Sessanta si poteva davvero credere che la politica, l'intelligenza e il sapere della politica, potessero decretare cos'era da salvare e cosa no. Se uno pensa alla filiera di intelligenze e saperi che porta dal ministro competente giù fino al singolo direttore artistico, passando per i vari assessori, siamo proprio sicuri di avere davanti agli occhi una rete di impressionante lucidità intellettuale, capace di capire, meglio di altri, lo spirito del tempo e le dinamiche dell'intelligenza collettiva?
Con tutto il rispetto, la risposta è no.
Potrebbero fare di meglio i privati, il mercato? Probabilmente no, ma sono convinto che non avrebbero neanche potuto fare di peggio.

Mi resta la certezza che l'accanimento terapeutico su spettacoli agonizzanti, e ancor di più la posizione monopolistica in cui il denaro pubblico si mette per difenderli, abbiano creato guasti imprevisti di cui bisognerebbe ormai prendere atto.
Non riesco a non pensare, ad esempio, che l'insistita difesa della musica contemporanea abbia generato una situazione artificiale da cui pubblico e compositori, in Italia, non si sono più rimessi: chi scrive musica non sa più esattamente cosa sta facendo e per chi, e il pubblico è in confusione, tanto da non capire neanche più Allevi da che parte sta (io lo so, ma col cavolo che ve lo dico).

Oppure: vogliamo parlare dell'appassionata difesa del teatro di regia, diventato praticamente l'unico teatro riconosciuto in Italia?
Adesso possiamo dire con tranquillità che ci ha regalato tanti indimenticabili spettacoli, ma anche che ha decimato le file dei drammaturghi e complicato la vita degli attori: il risultato è che nel nostro paese non esiste quasi più quel fare rotondo e naturale che mettendo semplicemente in linea uno che scrive, uno che recita, uno che mette in scena e uno che ha soldi da investire, produce il teatro come lo conoscono i paesi anglosassoni: un gesto naturale, che si incrocia facilmente con letteratura e cinema, e che entra nella normale quotidianità della gente.

Come vedete, i principi sarebbero anche buoni, ma gli effetti collaterali sono incontrollati. Aggiungo che la vera rovina si è raggiunta quando la difesa di qualcosa ha portato a una posizione monopolistica. Quando un mecenate, non importa se pubblico o privato, è l'unico soggetto operativo in un determinato mercato, e in più non è costretto a fare di conto, mettendo in preventivo di perdere denaro, l'effetto che genera intorno è la desertificazione. Opera, teatro, musica classica, festival culturali, premi, formazione professionale: tutti ambiti che il denaro pubblico presidia più o meno integralmente. Margini di manovra per i privati: minimi.
Siamo sicuri che è quello che vogliamo?
Siamo sicuri che sia questo il sistema giusto per non farci derubare dell'eredità culturale che abbiamo ricevuto e che vogliamo passare ai nostri figli?

Terzo obbiettivo: nella crescita culturale dei cittadini le democrazie fondano la loro stabilità. Giusto.
Ma ho un esempietto che può far riflettere, fatalmente riservato agli elettori di centrosinistra. Berlusconi. Circola la convinzione che quell'uomo, con tre televisioni, più altre tre a traino o episodicamente controllate, abbia dissestato la caratura morale e la statura culturale di questo Paese dalle fondamenta: col risultato di generare, quasi come un effetto meccanico, una certa inadeguatezza collettiva alle regole impegnative della democrazia. Nel modo più chiaro e sintetico ho visto enunciata questa idea da Nanni Moretti, nel suo lavoro e nelle sue parole. Non è una posizione che mi convince (a me Berlusconi sembra più una conseguenza che una causa) ma so che è largamente condivisa, e quindi la possiamo prendere per buona.
E chiederci: come mai la grandiosa diga culturale che avevamo immaginato di issare con i soldi dei contribuenti (cioè i nostri) ha ceduto per così poco?

Bastava mettere su tre canali televisivi per aggirare la grandiosa cerchia di mura a cui avevamo lavorato?
Evidentemente sì. E i torrioni che abbiamo difeso, i concerti di lieder, le raffinate messe in scena di Cechov, la Figlia del reggimento, le mostre sull'arte toscana del quattrocento, i musei di arte contemporanea, le fiere del libro? Dov'erano, quando servivano? Possibile che non abbiano visto passare il Grande Fratello? Sì, possibile. E allora siamo costretti a dedurre che la battaglia era giusta, ma la linea di difesa sbagliata. O friabile. O marcia. O corrotta. Ma più probabilmente: l'avevamo solo alzata nel luogo sbagliato.
[Com'era bella la RAI quando era in bianco e nero con teatro in prima serata ogni venerdì sera, con ragazzi che andavano con i genitori in latteria, dove c'era la TiVù per vederli pagando solo una bibita, visto che la TiVù in casa non c'era e che il teatro costava]
Riassunto. L'idea di avvitare viti nel legno per rendere il tavolo più robusto è buona: ma il fatto è che avvitiamo a martellate, o con forbicine da unghie. Avvitiamo col pelapatate. Fra un po' avviteremo con le dita, quando finiranno i soldi.

Cosa fare, allora? Tenere saldi gli obbiettivi e cambiare strategia, è ovvio. A me sembrerebbe logico, ad esempio, fare due, semplici mosse, che qui sintetizzo, per l'ulcera di tanti.

1. Spostate quei soldi, per favore, nella scuola e nella televisione.
Il Paese reale è lì, ed è lì la battaglia che dovremmo combattere con quei soldi. Perché mai lasciamo scappare mandrie intere dal recinto, senza battere ciglio, per poi dannarci a inseguire i fuggitivi, uno ad uno, tempo dopo, a colpi di teatri, musei, festival, fiere e eventi, dissanguandoci in un lavoro assurdo? Che senso ha salvare l'Opera e produrre studenti che ne sanno più di chimica che di Verdi?
 
Cosa vuol dire pagare stagioni di concerti per un Paese in cui non si studia la storia della musica neanche quando si studia il romanticismo?
 
Perché fare tanto i fighetti programmando teatro sublime, quando in televisione già trasmettere Benigni pare un atto di eroismo?
Con che faccia sovvenzionare festival di storia, medicina, filosofia, etnomusicologia, quando il sapere, in televisione - dove sarebbe per tutti - esisterà solo fino a quando gli Angela faranno figli? Chiudete i Teatri Stabili e aprite un teatro in ogni scuola. Azzerate i convegni e pensate a costruire una nuova generazione di insegnanti preparati e ben pagati. Liberatevi delle Fondazioni e delle Case che promuovono la lettura, e mettete una trasmissione decente sui libri in prima serata.
Abbandonate i cartelloni di musica da camera e con i soldi risparmiati permettiamoci una sera alla settimana di tivù che se ne frega dell'Auditel.
[ su questo devo dire che il mio avvicinamento alla musica da camera è avvenuto con i vari concerti proposti in città mentre oggi tutti si sono disabiutati ad ascoltarla. Quando propongo uno strumento solo mi si chiede --- ma non si può fare venire qualcun'altro in più - Ughi vale meno di un trio, ed un trio meno di un quartetto, una orchestra da camera meno di una sinfonica, più sono più valgono per cui finaziamo solo TE DEUM di Berlioz o SINFONIA DEI MILLE di Mahler]
Lo dico in un altro modo: smettetela di pensare che sia un obbiettivo del denaro pubblico produrre un'offerta di spettacoli, eventi, festival: non lo è più. Il mercato sarebbe oggi abbastanza maturo e dinamico da fare tranquillamente da solo. Quei soldi servono a una cosa fondamentale, una cosa che il mercato non sa e non vuole fare:
formare un pubblico consapevole, colto, moderno.
E farlo là dove il pubblico è ancora tutto, senza discriminazioni di ceto e di biografia personale: a scuola, innanzitutto, e poi davanti alla televisione.
La funzione pubblica deve tornare alla sua vocazione originaria: alfabetizzare. C'è da realizzare una seconda alfabetizzazione del paese, che metta in grado tutti di leggere e scrivere il moderno. Solo questo può generare uguaglianza e trasmettere valori morali e intellettuali. Tutto il resto, è un falso scopo.

2. Lasciare che negli enormi spazi aperti creati da questa sorta di ritirata strategica si vadano a piazzare i privati.
Questo è un punto delicato, perché passa attraverso la distruzione di un tabù: la cultura come business. Uno ha in mente subito il cattivo che arriva e distrugge tutto. Ma, ad esempio, la cosa non ci fa paura nel mondo dei libri o dell'informazione: avete mai sentito la mancanza di una casa editrice o di un quotidiano statale, o regionale, o comunale? Per restare ai libri: vi sembrano banditi Mondadori, Feltrinelli, Rizzoli, Adelphi, per non parlare dei piccoli e medi editori? Vi sembrano pirati i librai? È gente che fa cultura e fa business. Il mondo dei libri è quello che ci consegnano loro. Non sarà un paradiso, ma l'inferno è un'altra cosa. E allora perché il teatro no? Provate a immaginare che nella vostra città ci siano quattro cartelloni teatrali, fatti da Mondadori, De Agostini, Benetton e vostro cugino. È davvero così terrorizzante? Sentireste la lancinante mancanza di un Teatro Stabile finanziato dai vostri soldi?

Quel che bisognerebbe fare è creare i presupposti per una vera impresa privata nell'ambito della cultura.
 
Crederci e, col denaro pubblico, dare una mano, senza moralismi fuori luogo. Se si hanno timori sulla qualità del prodotto finale o sull'accessibilità economica dei servizi, intervenire a supportare nel modo più spudorato. Lo dico in modo brutale: abituiamoci a dare i nostri soldi a qualcuno che li userà per produrre cultura e profitti.
 
Basta con l'ipocrisia delle associazioni o delle fondazioni, che non possono produrre utili: come se non fossero utili gli stipendi, e i favori, e le regalie, e l'autopromozione personale, e i piccoli poteri derivati.
 
Abituiamoci ad accettare imprese vere e proprie che producono cultura e profitti economici, e usiamo le risorse pubbliche per metterle in condizione di tenere prezzi bassi e di generare qualità. Dimentichiamoci di fargli pagare tasse, apriamogli l'accesso al patrimonio immobiliare delle città, alleggeriamo il prezzo del lavoro, costringiamo le banche a politiche di prestito veloci e superagevolate.

Il mondo della cultura e dello spettacolo, nel nostro Paese, è tenuto in piedi ogni giorno da migliaia di persone, a tutti i livelli, che fanno quel lavoro con passione e capacità [e molte volte sono costretti a pagare di tasca propria per produrre momenti artistici di grande qualità che altrimenti nessuno, dico nessuno caccerebbe 50 Euro per finanziarli]
Diamogli la possibilità di lavorare in un campo aperto, sintonizzato coi consumi reali, alleggerito dalle pastoie politiche, e rivitalizzato da un vero confronto col mercato.
Sono grandi ormai, chiudiamo questo asilo infantile.
Sembra un problema tecnico, ma è invece soprattutto una rivoluzione mentale. I freni sono ideologici, non pratici.
Sembra un'utopia, ma l'utopia è nella nostra testa: non c'è posto in cui sia più facile farla diventare realtà.
 

 
il testo di base è stato tratto da http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/spettacoli_e_cultura/spettacolo-baricco/spettacolo-baricco/spettacolo-baricco.html sperando che siano esattamente le parole di Baricco.
 
 

2009 03 10 Concerto pianistico di Gabriele Prodi

Martedì, 10 marzo 2009 - ore 20.30
Auditorium della Vecchia Filanda - Cambiago, Milano
CMT - Centro Musicale Territoriale del Comune di Cambiago
 
Concerto pianistico di Gabriele Prodi

Programma
FRANZ JOSEPH HAYDN - Sonata in fa magg. Hob XVI: 23
FELIX MENDELSSOHN - Andante cantabile e Presto agitato in si magg.
MUSSORGSKIJ - Quadri di una esposizione


GABRIELE PRODI, pianoforte
Ha cominciato in giovanissima età lo studio del pianoforte con il M° Sergio Torri, diplomandosi presso il Conservatorio di Musica di Trento nel 1986 con il massimo dei voti e la lode. Successivamente ha seguito il corso triennale di perfezionamento tenuto dal M° Konstantin Bogino del Trio Čajkowskij, presso la Fondazione Musicale "S. Cecilia" di Portogruaro (VE). Privilegiando sempre il repertorio cameristico, ha tenuto concerti nell'ambito di importanti rassegne musicali in Italia (Festival Pianistico di Brescia e Bergamo, Festival Mozart di Rovereto, Estate Musicale di Lanciano, Estate Musicale di Portogruaro, etc.), e all'estero in Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania, Spagna, Portogallo, Belgio e Grecia.
Classificatosi tra i vincitori del concorso nazionale per titoli ed esami per l'insegnamento di Pianoforte Complementare nei Conservatori di Musica, è stato chiamato in ruolo nel 1998. Dall'anno accademico 2004/05 insegna presso il Conservatorio di Musica "L. Marenzio" di Brescia.
Dal 2003 vive a Gessate, assieme alla moglie Daniela ed ai figli Francesco (9 anni), Anna (6 anni) e Gianluca (14 mesi), a cui dedica con tutto il cuore questa serata.
 
Centro Musicale Territoriale del Comune di Cambiago
Organizzazione: Musicisti Associati - Via John Fitzgerald Kennedy, 15 - 20040 CAMBIAGO (Milano)
www.musicadarte.com - Tel. 348 71 50 380  - Email: direzione@musicadarte.com - Partita IVA: 13223530158

2009 03 14 Offerta musicale Ricordando Luigi Rossi

Sabato 14 marzo 2009 - ore 21,15
Offerta musicale Ricordando Luigi Rossi
10 marzo 1979 -10 marzo 2009
"... e siamo ancora qui con te"
musiche di
Bach, Des Prez, Mozart, Perosi
Coro I cantori sampietrini
direttore Giovanni Scomparin
con la straordinaria partecipazione di
Coro stella alpina di Rho
direttore
GlANNI BORGHETTI
organista Maria Massimini
Chiesa Parrocchiale San Pietro
via Gorizia, 29 - Rho

2009 03 22 Oggi suono anch'io ore 11 Teatro Dal Verme

I Piccoli Pomeriggi Musicali
CONCERTO DI PRIMAVERA
Domenica 22 marzo 2009 alle ore 11.00 presso il Teatro Dal Verme (via San Giovanni Sul Muro, 2 – Milano) si terrà il Concerto di Primavera dell'Orchestra I Piccoli Pomeriggi Musicali.
 
Orchestra I Piccoli Pomeriggi Musicali
Direttore -  Daniele Parziani
Percussioni: Marco Contini, Gabriele Di Giacomo, Diego Verzeroli
Musiche di: Vivaldi, Boccherini, Purcell, Morelli, Gay
Biglietti Adulti Euro 5,00; Bambini Euro 3,00
Informazioni per il Pubblico:
Fondazione I Pomeriggi Musicali: Tel 02 87905
http://www.ipomeriggi.it  http://www.dalverme.org

Il Concerto di Primavera propone un'assoluta novità: una prima esecuzione di un brano composto da Walter Morelli per tre giovanissimi percussionisti solisti e orchestra.
Partecipando al Concerto sarà possibile accedere gratuitamente all'iniziativa Oggi suono anch'io !
Laboratorio Musicale allestito all'interno del Teatro dove i piccoli spettatori potranno vedere, toccare e provare a suonare vari strumenti a percussione che saranno illustrati dai giovani esecutori dell'orchestra.
Il Laboratorio si terrà dalle ore 10.00 alle 10.50 e saranno ammessi bambini di tutte le età.
 
Daniele Parziani
Ha studiato al Conservatorio G. Verdi di Milano con Daniele Gay e Fulvio Luciani, diplomandosi con il massimo dei voti. Ha suonato come solista e in diverse formazioni cameristiche per la Società dei Concerti di Milano, gli Amici del Loggione del Teatro alla Scala, Rai Radio Tre, Ravello Festival, la Guildhall School of Music di Londra, il Castello Schlöss Albeck in Austria, la Musik Saal di Düsseldorf, lo Stadt Casino di Basilea, il Palazzo dei Congressi di Madrid, il Palau della Musica Catalana di Barcellona e in diverse altre sale e teatri in Italia e all'estero.
È risultato vincitore di Rassegne e Concorsi (fra cui Vittorio Veneto e Postacchini), nonche' di una borsa di studio di seimila dollari offerta dall'Universita' di Boulder, Colorado-USA.
Amante del Tango, Daniele Parziani è primo violino del Quintetto Mirage, formazione che nasce in collaborazione con il bandoneonista Gilberto Pereyra. Ha inoltre suonato con il gruppo Tangoseis in Italia e all'estero, avendo avuto cosi' l'occasione di lavorare con la voce favorita dal Maestro Astor Piazzolla: quella di Milva.
Daniele Parziani si dedica all'attività dell'insegnamento della musica e del violino da diversi anni, lavorando con allievi di ogni età in diverse Scuole Musicali durante l'anno e in Corsi Estivi di Musica.
E' il Direttore dell'Orchestra de "I Piccoli Pomeriggi Musicali". 

2009 03 13 - Ginkgo Rassegne Speriamo che sia femmina

Rassegna cinematografica: tributo alle donne
GINKGO RASSEGNE 2009 "DONNE ALLA RIBALTA"

Presso la sala Consiliare di Villa Imbaldi
venerdì 13 marzo 2009 ore 21:00

SPERIAMO CHE SIA FEMMINA
Regia di Mario Monicelli (Commedia, Italia, 1986)
Interpreti:
Liv Ullmann, Catherine Deneuve, Giuliana De Sio, Stefania Sandrelli,
Lucrezia Lante Della Rovere, Athina Cenci,
Philippe Noiret, Bernard Blier, Giuliano Gemma, Paolo Hendel, Ron

INGRESSO LIBERO
 

2009 03 09 In nome della donna di Erri de Luca al Teatro Fraschini

Lunedì 9 marzo  2009 alle ore 21 si festeggia la donna  con lo spettacolo Nel nome della donna, progetto del Teatro Officina di Milano, ispirato a Nel nome della madre di Erri de Luca. Lo spettacolo, diretto da Massimo De Vita, è inserito nella rassegna Altri Percorsi della Stagione teatrale del Fraschini.
 
 
Lunedì 9 marzo 2009, ore 21.00
Teatro Officina
NEL NOME DELLA DONNA
Brani ispirati al testo di Erri de Luca
"Nel nome della madre" e testimonianze di madri straniere
regia Massimo de Vita
con Irene Quartana, Sacha Oliviero
paesaggi sonori  Emanuele "Manolo" Cedrone
scenografia Gianluca Martinelli e Carla Cipolla
fotografie Donatella De Vito (Casa della Carità)
durata 1 ora senza intervallo

Lo spettacolo  Nel nome della donna nasce da un progetto del Teatro Officina, della Casa della Carità e della Provincia di Milano con la volontà di raccogliere la voce totalmente inascoltata delle donne straniere, migranti e madri, spesso clandestine, che abitano mestamente le nostre città. Con queste interviste si assottiglia un buio pesante e profondo, lentamente emergono volti e storie che finalmente conquistano una luce troppo al lungo negata.
Attraverso la mediazione della ripresa filmata, sono finalmente emerse le storie (tre interviste ad una donna peruviana, una nigeriana, una Rom), verità che riportano l'attenzione anche su un altro tema fondamentale per la nostra società contemporanea: la solidarietà che nasce tra italiani e stranieri e stravolge un'immagine stereotipata dell'Italia.
Queste  testimonianze si alternano alle parole di Erri de Luca, tratte dal libro In nome della madre. La figura di Maria,  giovane madre che incarna anche il simbolo della clandestinità,  per nulla reticente, ma consapevole e fiera nel mostrare la gravidanza in tutta la sua dolcezza, parla di quel mistero in cui la vita si schiude.  Si trova però a fronteggiare una dimensione sociale che le è ostile: dovrà convincere Giuseppe, futuro sposo,  e sua madre; dovrà affrontare un viaggio verso una città che le negherà accoglienza. Un percorso narrativo e poetico  condotto con delicata allegria che contagia lo spettatore. Con spontaneità ed in solitudine verrà dato alla luce il figlio: il parto si trasforma così per la donna in un viaggio d'estasi, una partenza segnata dal piacere e dal contatto corporeo tra madre e figlio.
Il Teatro Officina di Milano è una  piccola e preziosa sala milanese che si è sempre distinta, fin dagli esordi nel 1973, per la forte matrice interculturale e di spiritualità laica. Anima da più di trent'anni di questo spazio culturale è Massimo De Vita, attore e regista, che ha condiviso l'arte con le eccellenze del nostro teatro, a partire da Giorgio Strehler e Paolo Grassi fino a Dario Fo e Franca Rame (con cui nel 1968 ha fondato la cooperativa Nuova Scena).  Costante è il lavoro del Teatro Officina  nei quartieri più disagiati della città,  anche a carattere  antropologico, alla riscoperta della tradizione e a favore dello scambio tra culture differenti:  raccoglie  testimonianze che restituisce alle comunità attraverso eventi che coinvolge i cittadini non come semplici spettatori ma come veri e propri co-autori.
PREZZI E MODALITA' DI ACQUISTO
Per i biglietti: Biglietteria del Teatro Fraschini (orari 11-13/17-19) tel. 0382/371214
acquisto on-line www.teatrofraschini.it
Costi: da  euro  14,00 a euro 6,00 FONDAZIONE TEATRO FRASCHINI fraschini@comune.pv.it  
 
 

Gli Amici del Teatro presentano Il sindaco del Rione Sanità nell'incontro del 17 marzo

AMICI DEL TEATRO CAGNONI
APPUNTAMENTI MESE DI MARZO 2009

MARTEDI' 17 MARZO 2009
Il sindaco del Rione Sanità
Relatrice la prof.ssa Mariuccia Passadore
Sala del Consiglio della Cariparma e Piacenza
Piazza Ducale – ore 21.00
Tutti i soci sono invitati ad intervenire ed estendere l'invito ad altri amanti del teatro.
Nel corso della serata sarà possibile iscriversi all'Associazione e, per chi non avesse ancora provveduto, rinnovare la quota associativa.

2009 03 10 Violini e viola del Quartetto Emerson con Ralph Kirshbaum al violoncello

I concerti della stagione 2008-09
144° Stagione Società del Quartetto di Milano
martedì 10 marzo, ore 20.30
sala Verdi del Conservatorio
Violini e viola del Quartetto Emerson con Ralph Kirshbaum al violoncello
PROGRAMMA:
B.Martinu - 3 Madrigali per violino e viola
B.Bartok - 6 Duetti dai "44 Duos per 2 violini" Sz 98
A.Dvorak - Terzetto per 2 violini e viola in do maggiore op. 74
W.A.Mozart - Divertimento per violino, viola e violoncello in mi bemolle maggiore KV 563

Quartetto Emerson
Eugene Drucker violino
Philip Setzer violino
Lawrence Dutton viola
con la partecipazione straordinaria di
Ralph Kirshbaum violoncello


Per gravi motivi di salute David Finckel, il violoncellista del Quartetto Emerson, deve rinunciare alla tournée europea del gruppo. Per mantenere l'impegno preso con la nostra Società gli altri membri del celebre quartetto americano hanno chiesto la collaborazione straordinaria del violoncellista Ralph Kirshbaum.
Il nuovo programma non si misura con il tradizionale repertorio quartettistico dell'Emerson ma mantiene in maniera esemplare lo spirito della storica formazione, da sempre saldamente radicata nella tradizione ma allo stesso tempo aperta a presentare l'incredibile varietà stilistica e di organici della musica.
Con la partecipazione di Ralph Kirshbaum verrà eseguito uno dei grandi capolavori di Mozart, il Divertimento per violino, viola e violoncello in mi bemolle maggiore KV 563.

Il programma di sala del concerto, in versione pdf, è disponibile sul sito dal venerdì pomeriggio precedente il concerto.
Biglietti: intero € 35, ridotto € 25 - Giovani (fino a 30 anni) € 5
Società del Quartetto di Milano
Palazzo Durini - Via Durini, 24 - 20122 Milano - Tel. 02 76005500 - Fax 02 76014281
www.quartettomilano.it  - info@quartettomilano.it

Femminile come Arte 10° anniversario

Femminile come Arte 10° anniversario

 Palazzo Sanseverino
sale dello STUDIO B dell' Ing. Buscaglia
Inaugurazione  8 marzo 2009 alle ore 17.0


Esporranno :
Albani Giuse
Dell'Erba Laura
Gioetto Carla
Hannan Kathy
Iannello Giuse
Rolando Grazia
Salè Tiziana
Siviero Giovanna
Rita Viarenghi

La mostra sarà aperta nei giorni 7 – 8 – 14 – 15 Marzo 2009
dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30

In concomitanza con la festa della donna, il gruppo artistico "Femminile come Arte" festeggia il 10° anniversario di nascita nella splendida cornice dello storico Palazzo Sanseverino, ospiti nelle sale dello STUDIO B dell' Ing. Buscaglia. Come ogni anno le artiste faranno coincidere l'inaugurazione con la festa della donna, per dare il giusto  risalto e importanza che la figura femminile e la stessa festa hanno ormai perso nel corso degli anni. L'inaugurazione si terrà quindi il giorno 8 Marzo alle ore 17.00 con lettura di poesie, rigorosamente femminili, a cura di  Raffaella Buscaglia con accompagnamento musicale.

Cenni storici sul Palazzo Sanseverino

Palazzo Sanseverino rappresenta il secondo complesso della città di Vigevano per importanza e valore storico, dopo il sistema Castello Sforzesco – Piazza Ducale.
Edificato alla fine del XV° secolo come residenza del capitano Gian Galeazzo Sanseverino, comandante della guarnigione sforzesca e genero di Ludovico il Moro, la struttura dopo pochi anni è stata trasformata dallo stesso in fortezza attraverso la costruzione di fossati, mura e quattro torri. La Rocca Nuova – così il popolo la chiamò, in contrapposizione con la già esistente Rocca Vecchia, edificata nella metà del 1300 – fu ulteriormente fortificata dal Marchese Alfonso D'Avalos; nel 1645, con l'arrivo degli spagnoli, la fortezza venne demolita e si salvò solo parte del nucleo centrale, Palazzo Sanseverino appunto, che dal 1655 al 1810 fu destinato a monastero di clausura per l'ordine religioso delle Clarisse, intitolato a Santa Chiara. Successivamente il palazzo passò a diverse proprietà private: pur avendo subito, in tempi recenti, notevoli rimaneggiamenti, Palazzo Sanseverino conserva dal punto di vista planimetrico caratteristiche
 formali evidenti e unitarie.

2009 03 06 Arnoldo Foà al Teatro Balbo di Canelli

Stagione teatrale-musicale 2008 - 2009
Direzione artistica: M° Sebastian Roggero
VIII appuntamento
Teatro Balbo, Via dei Partigiani CANELLI

Venerdì 6 marzo 2009 alle ore 21,15

Arnoldo Foà in
OMAGGIO A LEOPARDI E CHOPIN
Poesie di Giacomo Leopardi e musiche di Frederich Chopin
Con
Arnoldo Foà - voce recitante
Giorgio Costa – pianoforte
 
Arnoldo Foà ed il pianista Giorgio Costa; poesia e musica, uno straordinario omaggio al romanticismo europeo titolato: "Omaggio a Leopardi e Chopin". Lo spettacolo ha già fatto il giro delle più importanti città d'Italia, da Torino e Milano a Roma e poi Parigi, in ottanta centri della penisola e all'estero, si è ripetuto il plauso a questa iniziativa. A Courmayeur tra il pubblico pensoso e plaudente c'era anche l'ex Presidente Ciampi.
Una fusione fra l'arte musicale e l'arte poetica di due geni irriducibili, quali il nostro Giacomo Leopardi e il pianista compositore polacco Frederich Chopin. L'esibizione applauditissima ha visto Foà e Costa protagonisti di un dialogo tra poesia e musica , un botta e risposta tra le parole delle poesie di Leopardi e le note delle sinfonie di Mozart , due artisti che ebbero molto in comune morirono entrambi giovanissimi (Mozart a 35 anni e Leopardi a 39!) dopo una vita vissuta intensamente costellata da tanti momenti di sofferenza ma da altrettanti di speranza. Una serata che gli
organizzatori, dichiarano sin d'ora indimenticabile, piena di equilibrio e armonia
Biglietti: intero euro 14, ridotto (sotto i 25 anni e sopra i 60) euro 10. Info su www.tempovivo.it  o al telefono 0141/590064.
Prevendite dei biglietti all'agenzia viaggi "Il Gigante" di Canelli, in viale Risorgimento 19, tel: 0141/832524 o direttamente la sera dello spettacolo .
L'ora d'inizio degli spettacoli è fissata alle 21.15. Seguirà il dopo teatro. Info su: www.tempovivo.it